Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2627 del 21/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 2627 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) ALBERGHINA VINCENZO N. IL 15/09/1963
avverso l’ordinanza n. 778/2012 TRIB. LIBERTAs di CATANIA, del
11/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
SANTALUCIA;
\.
4e4te/sentite le conclusioni del PG Dott.
)

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 21/11/2012

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Catania ha confermato l’ordinanza del 18 maggio 2012 con
cui il giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale ha applicato a Vincenzo Alberghina la
misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Dai risultati delle intercettazioni ambientali e dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di
giustizia è emerso che Vincenzo Alberghina prese parte, nel secondo semestre del 2008, ad
un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, e ciò nel

fratello Marcello, a Graziano Nocita e Giuseppe Pastore. Vari servizi di appostamento, con
video-riprese, consentirono di accertare l’attività di fornitore di sostanza stupefacente di
Marcello Alberghina e Graziano Nocita, che si avvalevano come basi logistiche di due villette
site nel comune di Augusta. Il ricorrente, nel corso di una conversazione con i genitori, si
mostrò a conoscenza del fatto che il fratello e Graziano Nocita si erano accorti della presenza di
una telecamera, posta dalla polizia giudiziaria, nei pressi di una delle villette, e che avevano
provveduto a distruggerla; e del fatto che la polizia giudiziaria aveva rinvenuto delle armi nel
pressi dell’abitazione del fratello. Nel corso di detta conversazione, il ricorrente si disse
preoccupato per la possibilità che altra telecamera, più potente, fosse stata posizionata sui
luoghi, magari a maggiore distanza dall’abitazione, e si interrogò sulle ragioni per le quali,
nonostante il rinvenimento di armi, il fratello non fosse stato arrestato. Da altre conversazioni
intercettate è emerso che Vincenzo Alberghina, venuto a conoscenza che uno dei corrieri
incaricato del trasporto della sostanza stupefacente nell’ambito dell’attività organizzata dal
fratello Marcello e da Graziano Nocita, si premurò di individuare altri corrieri e parlò del
sequestro della sostanza stupefacente, in danno del corriere arrestato, come di roba anche
sua. Disse poi che il suo gruppo si era già attivato per provvedere alle esigenze economiche
della moglie del corriere arrestato. In altra conversazione intercettata, Vincenzo Alberghina, in
concomitanza con altro viaggio compiuto dal fratello Marcello e da Graziano Nocita per
approvvigionamento di sostanza stupefacente, fece presente al suo interlocutore, che gli
chiedeva una fornitura di sostanza stupefacente, che lo avrebbe potuto rifornire
adeguatamente una volta che fossero tornati da Milano “quelli”, intendendo per tali il fratello
Marcello e il Nocita. A questo materiale intercettavo si aggiunge quello derivante dalle
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Giuseppe Mangiameli e Salvatore Scrofani, i quali
hanno riferito che Vincenzo Alberghina era coinvolto nel commercio di sostanze stupefacenti,
anche unitamente al fratello Marcello. Non è poi d’ostacolo alla configurazione del ruolo
associativo di Vincenzo Alberghina il fatto che questi abbia potuto rifornirsi anche presso
ulteriori canali di approvvigionamento o che abbia coltivano in maniera autonoma ulteriori
attività nel settore del traffico di stupefacenti.
Quanto alle esigenze cautelar’, il Tribunale del riesame ha messo in evidenza l’estrema
gravità del fatto, avuto riguardo alle modalità professionali di gestione degli illeciti traffici, alle
elevate quantità di sostanza trattate, alla periodicità e regolarità degli approvvigionamenti, alle
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comprensorio dei Comuni di Augusta, Lentini, Carlentini, Sortino e Sicuracusa, unitamente al

significative quote di mercato controllate, tutti elementi che dimostrano una spiccata e
professionale attitudine a delinquere e una significativa pericolosità per l’ordine pubblico, e che
rendono necessaria l’adozione della misura carceraria.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to P.
Forestiere, Vincenzo Alberghina, deducendo:
violazione di legge e difetto di motivazione. Il Tribunale del riesame ha
fondato la decisione su interpretazioni meramente soggettive dei

prospettato dalla difesa circa la probabilità, dato che il ricorrente è già
stato condannato per fatti coincidenti con quelli di cui all’addebito
cautelare, di incorrere in un caso di contestazione a catena o, al più,
di continuazione. Non ha inoltre considerato altro rilievo difensivo,
ossia che i contatti del ricorrente con i presunti associati, in particolare
con il fratello Marcello Alberghina, sono giustificati dai legami familiari
e non già da una partecipazione al presunto sodalizio criminale
finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti. Si deve poi unicamente
al legame familiare il fatto che il ricorrente, conversando con i
genitori, abbia mostrato di essere a conoscenza di due episodi relativi
al fratello Marcello, ossia l’avvenuta distruzione di una telecamera
installata nei pressi della di lui abitazione e il trafugamento di armi,
avvenuto sempre nelle vicinanze della di lui abitazione. Dalle
dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia e di altri soggetti, che
sono acquisite in atti, si ricavano elementi per poter affermare che il
ricorrente si occupò di traffici illeciti di sostanze stupefacenti in
completa autonomia rispetto al fratello Marcello e alle persone a
quest’ultimo riconducibili. Si rileva allora che risulta: l’assenza di
ripartizione dei proventi criminosi del ricorrente con il fratello;
l’assenza di mezzi finanziari comuni; l’inesistenza di uso comune di
locali e/o strumenti necessari per le operazioni delittuose: l’assenza di
una preordinata e stabile distribuzione dei compiti tra i partecipanti.
Quanto al giudizio circa le esigenze cautelari, il Tribunale del riesame
non ha fornito adeguata motivazione in ordine la mancata sostituzione
della custodia carceraria con quella, meno afflittiva, degli arresti
domiciliari, dato che il pericolo di inquinamento probatorio è
scongiurato dalla particolare tipologia degli elementi indiziari raccolti
(risultati intercettativi e dichiarazioni di collaboratori di giustizia) e il
pericolo di reiterazione criminosa non è agganciato ad alcun fatto
specifico. Quanto all’attualità delle esigenze cautelari, il Tribunale del
riesame ha trascurato di considerare che il ricorrente è in atto
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colloqui captati. Non ha poi preso in considerazione quanto

detenuto con fine pena al 2016 e che i fatti ora addebitati si
riferiscono al 2008.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
È innanzitutto generico, e pertanto non meritevole di essere preso in considerazione, il
rilievo circa la possibilità che si possa essere di fronte ad un episodio di serie di continuazione
criminosa e di contestazione a catena.

indiziarla non consegnano, all’evidenza, alcuna carenza o manifesta illogicità nel ragionamento
indiziario. Il Tribunale ha adeguatamente e logicamente valutato le emergenze investigative,
giungendo alla plausibile considerazione, aderente ai dati informativi sì come illustrati nel loro
plausibile significato, che Vincenzo Alberghina abbia fornito stabile ed esse zinale contributo
all’associazione criminosa, dimostrandosi a conoscenza delle attività del gruppo ed in esse
coinvolto (fl. 10 dell’ordinanza impugnata). Il Tribunale ha sufficientemente spiegato le ragioni
per le quali il coinvolgimento di Vincenzo Alberghina non possa essere valutato soltanto in
riferimento ai legami familiari e le argomentazioni di ricorso non si misurano, con la necessaria
specificità, con quanto dal Tribunale affermato. Il fatto, poi, che Vincenza Alberghina possa
aver svolto attività di spaccio di sostanze stupefacenti in autonomia rispetto alle illecite attività
del fratello, e del di lui gruppo criminale, è stato sufficientemente considerato dal Tribunale
che, sul punto, ha correttamente osservato come esso non si ponga in termini di
incompatibilità logica con il dato della partecipazione associativa (fl. 10 dell’ordinanza
impugnata). Gli altri rilievi, circa l’assenza degli elementi strutturali della partecipazione
associativa, trovano già adeguata risposta nelle argomentazioni sviluppate dal Tribunale che,
correttamente, ha proceduto ad una valutazione coordinata di alcuni elementi (fl. 10
dell’ordinanza impugnata) da cui plausibilmente è dato desumere il coinvolgimento di Vincenzo
Alberghina in un’attività criminale sufficientemente e stabilmente organizzata, che ben può
dare sostanza ad un addebito cautelare di partecipazione associativa.
Adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere ed attualità delle esigenze
cautelari sono state adeguatamente giustificate con il richiamo e l’illustrazione dei caratteri di
particolare gravità del fatto addebitato, da cui è dato desumere – questo il giudizio
logicamente e congruamente giustificato – una spiccata e professionale attitudine a delinquere
ed una significativa pericolosità, espressioni queste che, oltre a giustificare l’adozione della
misura più gravosa, attestano, implicitamente ma inequivocamente, l’attualità delle esigenze
cautelari.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e
a una somma, che si reputa equa nella misura di C 1000,00, in favore della Cassa delle
ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella
determinazione della causa d’inammissibilità, secondo l’orientamento espresso dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.
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Le censure avanzate nei confronti dell’apparato giustificativo del giudizio di gravità

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
Roma, 11
01 – 29.0

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del procedimento e
al pagamento della somma di 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore
dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.

Così deciso il 21 novembre 2012.

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