Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26269 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 26269 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Chiaravallotti Giovanni n. il 23/8/1970
avverso la sentenza n. 812/2010 pronunciata dalla Corte d’appello di Milano il 9/4/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 7/5/2015 la relazione fatta dal Cons. dott.
Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile l’avv.to R. Lania del foro di Roma che ha concluso come da nota scritta depositata.

Data Udienza: 07/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 17/7/2009 il tribunale di Milano ha assolto
Giovanni Chiaravallotti dall’imputazione relativa ai reati di fuga e di omissione di
soccorso stradale (di cui all’art. 189, commi 6 e 7, c.d.s.), indicati come
commessi in Milano il 7/2/2008.
A sostegno dell’assoluzione pronunciata, il tribunale, dopo aver accertato
come l’imputato si fosse fermato a seguito dell’incidente stradale provocato,
evidenziava come non fossero stati acquisiti elementi probatori sufficienti al fine

effettivamente derivate dal sinistro in esame.
Sull’appello della parte civile, con sentenza in data 9/4/2013, la corte
d’appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato il
Chiaravallotti al risarcimento dei danni sofferti dalla parte civile, ritenendo
pienamente attendibili le dichiarazioni da quest’ultima rese in relazione
all’avvenuto investimento della stessa da parte dell’imputato, immediatamente
dopo il primo tamponamento, ad esito del quale le parti erano addivenute a un
acceso diverbio, successivamente stroncato dall’imputato che, risalito sul proprio
furgone, si era allontanato dopo aver colpito (provocandone lesioni) il ginocchio
della persona offesa.
Sul punto, la corte d’appello ha ritenuto pienamente attendibili le
dichiarazioni rese dalla persona offesa in relazione al ferimento al ginocchio e al
successivo allontanamento del Chiaravallotti, senza fornire le proprie generalità,
né accertarsi delle compromesse condizioni di salute della persona offesa.

2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputato, censurando la decisione della corte territoriale
per vizio di motivazione, avendo il giudice d’appello illogicamente trascurato
come l’imputato, a seguito del primo tamponamento (con il prospettato rischio di
possibili lesioni ai danni della parte civile costituita), si fosse effettivamente
fermato: circostanza neppure contestata dalla parte civile che, nei motivi di
appello, aveva piuttosto denunciato il comportamento dell’imputato in relazione
al successivo investimento subito per mano del Chiaravallotti.
Ciò posto, il ricorrente evidenzia come la corte territoriale non avesse in
nessun modo motivato la responsabilità dell’imputato in relazione al secondo
investimento (e all’allontanamento dal luogo del fatto), attesa l’incompatibilità
della lieve contusione sofferta dalla vittima con la rottura del gruppo ottico del
furgone del Chiaravallotti.

di attestare che le lesioni al ginocchio lamentate dalla persona offesa fossero

3. All’odierna udienza, la parte civile ha concluso come da nota scritta
contestualmente depositata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato.
Osserva il collegio come le motivazioni dettate dalla corte territoriale in
relazione alle occorrenze del sinistro stradale (con particolare riferimento

diverbio insorto con la stessa), alle conseguenze dello stesso e al complessivo
contegno dell’imputato, devono ritenersi complete ed esaurienti, immuni da vizi
di natura logica o giuridica, pienamente idonee a sottrarsi alle censure
argomentate dal ricorrente, nella specie per lo più inclini a prospettare
un’inammissibile rilettura in fatto delle risultanze probatorie acquisite, come tali
non sottoponibili al vaglio di questa corte di legittimità.
E invero, attraverso le doglianze avanzate con l’odierna impugnazione, il
Chiaravallotti ha circoscritto il proprio discorso critico sulla sentenza impugnata a
una discordante lettura delle risultanze istruttorie acquisite nel corso del giudizio,
in difformità rispetto alla complessiva ricostruzione operata dal giudice d’appello,
limitandosi a dedurre i soli elementi astrattamente idonei a supportare la propria
alternativa rappresentazione del fatto (peraltro, in modo solo parziale, selettivo e
non decisivo), senza farsi carico della complessiva riconfigurazione dell’intera
vicenda sottoposta a giudizio, sulla base di tutti gli elementi istruttori raccolti,
che, viceversa, la corte d’appello ha ricostruito con adeguata coerenza logica e
linearità argomentativa.
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della
giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la modificazione dell’art. 606 lett.
e) c.p.p., introdotta dalla legge n. 46/2006 consente la deduzione del vizio del
travisamento della prova là dove si contesti l’introduzione, nella motivazione, di
un’informazione che non esiste nel processo, ovvero si ometta la valutazione di
una prova decisiva ai fini della pronuncia. Il sindacato della corte di cassazione
resta tuttavia quello di sola legittimità, sì che continua a esulare dai poteri della
stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e più
adeguata valutazione delle risultanze processuali (v., ex multis, Cass., Sez. 2, n.
23419/2007, Rv. 236893).
Da ciò consegue che gli “altri atti del processo specificamente indicati nei
motivi di gravame” menzionati dal testo vigente dell’art. 606, comma primo, lett.
e), c.p.p., non possono che essere quelli concernenti

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fatti decisivi che, se

all’investimento della persona offesa operato dal Chiaravallotti a seguito del

convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio,
avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata,
rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza
della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite,
da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Cass., Sez. 4, n.
35683/2007, Rv. 237652).
In particolare, con riguardo alla valutazione e all’interpretazione delle
risultanze testimoniali e degli altri elementi di prova valorizzati dalla corte

giurisprudenza di legittimità, ai fini della correttezza e della logicità
della motivazione della sentenza, non occorre che il giudice di merito dia conto,
in essa, della valutazione di ogni deposizione assunta e di ogni prova, come di
altre possibili ricostruzioni dei fatti che possano condurre a eventuali soluzioni
diverse da quella adottata, egualmente fornite di coerenza logica, ma è
indispensabile che egli indichi le fonti di prova di cui ha tenuto conto ai fini del
suo convincimento, e quindi della decisione, ricostruendo il fatto in modo
plausibile con ragionamento logico e argomentato (cfr. Cass., Sez. 1, n.
1685/1998, Rv. 210560; Cass., Sez. 6, n. 11984/1997, Rv. 209490), sempre
che non emergano elementi obiettivi idonei a giustificare il ricorso di un
ragionevole dubbio sulla responsabilità dell’imputato, nella specie
adeguatamente e plausibilmente escluso.
Tale principio, in particolare, appare coerente con il circoscritto orizzonte
riservato all’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione,
dovendo il sindacato demandato alla corte di cassazione essere limitato – per
espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di
verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è
avvalso per sostanziare il suo convincimento. Esula, infatti, dai poteri della corte
di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali (v. Cass., Sez. Un., n. 6402/1997, Rv. 207944, e altre di conferma).
In altri termini, una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni
seguite dal giudice di merito, non è consentito alla corte di cassazione prendere
in considerazione, sub specie di vizio motivazionale, la diversa valutazione delle
risultanze processuali prospettata dal ricorrente sulla base del proprio differente
soggettivo punto di vista (Cass., Sez. 1, n. 6383/1997, Rv. 209787; Cass., Sez.
1, n. 1083/1998, Rv. 210019).

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d’appello, osserva il collegio come, secondo il costante orientamento della

Nella specie, la corte territoriale ha provveduto a chiarire in modo analitico
le ragioni della privilegiata considerazione ascritta alle dichiarazioni rese dalla
persona offesa, evidenziando come le stesse avessero trovato un obiettivo
riscontro nelle lesioni refertate a carico della persona offesa, nelle evidenze
fotografiche comparative del veicolo dell’imputato (con particolare riguardo alla
rottura del fanale anteriore sinistro compatibile con il colpo inferto alla persona
offesa: rottura insussistente prima del fatto e, viceversa, accertata in sede
d’indagine successivamente al medesimo), nonché nelle dichiarazioni rese

al contrario di quanto dichiarato in dibattimento, aveva ammesso di essersi
allontanato per primo dal luogo dell’incidente.
La stessa corte territoriale, ha evidenziato come l’estrema vicinanza del
furgone dell’imputato e della persona offesa, nel momento dell’investimento,
consentisse di affermare come il Chiaravalloti, alla guida del furgone, si fosse
ben accorto del sinistro provocato.
L’elaborazione argomentativa, così complessivamente compendiata dalla
corte territoriale – con la conseguente conferma della responsabilità
dell’imputato per entrambe le condotte, di fuga e di omissione soccorso stradale,
contestategli – deve ritenersi dotata di sufficiente coerenza logica e linearità
argornentativa, come tale pienamente idonea a sottrarsi alle censure in questa
sede sollevate dal ricorrente.

5. All’accertamento dell’infondatezza dei motivi d’impugnazione, segue il
rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, oltre al rimborso delle spese del procedimento in favore della parte
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P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché a rimborsare alla parte civile Ricci
Alessandra le spese sostenute per questo giudizio che liquida,
complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/5/2015.

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dall’imputato nell’immediatezza del fatto, in occasione del quale il Chiaravallotti,

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