Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26268 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 26268 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Cicutta Graziano n. il 10/4/1967
avverso la sentenza n. 1358/2012 pronunciata dalla Corte d’appello di
Trieste il 15/4/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 7/5/2015 la relazione fatta dal Cons. dott.
Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni, che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 07/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 26/4/2012, il tribunale di Udine, sezione distaccata di Cividale del Friuli, ha condannato Graziano Cicutta alla pena di due
mesi di reclusione ed euro 400,00 di multa in relazione al reato di furto in abitazione dallo stesso commesso in Tarcento, il 10/9/2010.
Il tribunale friulano, dopo aver attestato la responsabilità dell’imputato per il
reato allo stesso contestato, ha determinato la pena a suo carico dopo aver ritenuto equivalente, alla recidiva contestata, la circostanza attenuante di cui all’ar-

gione del riconoscimento di circostanze attenuanti generiche.
Con sentenza in data 15/4/2013, resa sull’appello dell’imputato e del procuratore generale distrettuale, la corte d’appello di Trieste, in parziale riforma della
sentenza di primo grado, rilevata l’erroneità del giudizio di bilanciamento delle
circostanze operato dal primo giudice (per aver ritenuto dapprima l’equivalenza
tra la recidiva contestata e la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p.,
salvo poi disporre la diminuzione della pena in ragione del riconoscimento di circostanze attenuanti generiche), ritenuta l’equivalenza tra tutte le circostanze attenuanti e la recidiva contestata, ha rideterminato la pena a carico dell’imputato,
stabilendola in quella di otto mesi di reclusione ed euro 206,00 di multa, confermando, nel resto, la decisione impugnata.

2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputato sulla base di due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte territoriale omesso di specificare le ragioni della
ritenuta sussistenza della recidiva contestata, non evidenziando se la commissione del nuovo reato costituisse effettivamente indice di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità del reo, e trascurando di valutare
l’esiguità del danno patrimoniale provocato.
Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione di legge in cui
sarebbe incorsa la corte territoriale nel condannare l’imputato al pagamento delle spese processuali, nonostante la decisione della corte territoriale avesse effettivamente rilevato l’erroneità del procedimento di determinazione della pena da
parte del primo giudice, come effettivamente denunciato dallo stesso imputato
appellante

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.

2

ticolo 62 n. 4 c.p., e dopo aver disposto l’ulteriore diminuzione della pena in ra-

Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, in
tema di bilanciamento di circostanze eterogenee, non incorre nel vizio di motivazione il giudice di appello che, nel formulare il giudizio di comparazione, dimostri
di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma
dell’art. 133 c.p. e gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto (Sez. 2, Sentenza n. 3610 del 15/01/2014, Rv.
260415).
In particolare, ai fini del giudizio di comparazione tra le circostanze atte-

dice consideri gli elementi enunciati nell’art. 133 c.p., essendo sottratta al sindacato di legittimità la motivazione se aderente ad elementi tratti dalle risultanze
processuali e logicamente corretti (Sez. 2, Sentenza n. 4969 del 12/01/2012,
Rv. 251809).
Nel caso di specie, la corte triestina ha espressamente sottolineato come le
tre precedenti condanne per furto (di cui due per furto in abitazione) subite dal
Cicutta non consentissero di escludere gli effetti della recidiva, dovendo le stesse
ritenersi tali da aver inciso nel tempo sulla capacità a delinquere dell’imputato, in
modo da accentuarne gli aspetti di colpevolezza e di maggiore pericolosità.
Si tratta di considerazioni dotate di piena congruenza logica e linearità argomentativa, coerenti ai parametri normativi indicati dall’art. 133 c.p., come tali
del tutto idonee a sottrarsi alle censure in fatto in questa sede sollevate dal ricorrente.
Del pari destituito di fondamento deve ritenersi il secondo motivo
d’impugnazione avanzato dal Cicutta, avendo la corte territoriale correttamente
ritenuto soccombente l’imputato appellante ad esito del giudizio di riforma della
sentenza di primo grado (con la conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali), tenuto conto che l’erroneità nella determinazione della pena in cui era incorso il primo giudice non era consistita nel mancato riconoscimento della prevalenza di tutte le circostanze attenuanti (come rivendicato
dall’imputato appellante, che ha concluso richiedendo la riduzione della pena inflitta dal giudice di primo grado), bensì nell’omessa onnicomprensività del giudizio di bilanciamento tra le circostanze (come viceversa rilevato dal procuratore
generale appellante) che, correttamente riformulato dalla corte d’appello, ha espresso esiti sanzionatori maggiormente afflittivi, per l’imputato, rispetto alla decisione originariamente assunta dal primo giudice.

4. Al riscontro dell’infondatezza dei motivi di doglianza avanzati dal ricorrente segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

3

nuanti e la recidiva reiterata di cui all’art. 99, co. 4, c.p., è sufficiente che il giu-

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/5/2015.

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