Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26258 del 07/01/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 26258 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
D’ACUNTO UMBERTO N. IL 17.11.1974
Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI MILANO in data 8 novembre 2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, sentite le
conclusioni del PG in persona del dott. Aldo Policastro che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.

2.

3.

Con l’impugnata sentenza resa in data 8 novembre 2013 la Corte d’Appello di Milano
confermava la sentenza del Tribunale di Vigevano in data 8 febbraio 2011 appellata
da D’Acunto Umberto.
Quest’ultimo era stato tratto a giudizio e condannato alla pena ritenuta di giustizia
per rispondere di due episodi di furto aggravato e tentato furto aggravato commessi
in data 25 e 27 agosto 2007 in danno di Agus Luana e Gallaro Veronica.
Avverso tale decisione ricorre a mezzo del difensore di fiducia il D’Acunto,
deducendo la violazione e falsa applicazione di legge in ordine alla ritenuta
circostanza aggravante dell’uso del mezzo fraudolento, alla mancata applicazione
dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., all’aumento di pena inflitto per la
continuazione, senza considerare la pena per il reato tentato, nonché la manifesta
illogicità della motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato. Va premesso in fatto che gli episodi si sono verificati con le
stesse modalità. L’imputato si è infatti avvicinato in entrambi i casi alle parti offese al
momento in cui le stesse, dipendenti del centro commerciale “Il Ducale” di Vigevano,
al termine dell’attività lavorativa, salite sulle proprie autovetture, si accorgevano di
non riuscire ad avviarne il motore. Il D’Acunto allora si avvicinava loro offrendosi di
aiutarle ed invitandole a posizionarsi innanzi al cofano dell’autovettura, mentre egli,
entrato nell’abitacolo dell’auto avrebbe compiuto altre manovre per tentare di

Data Udienza: 07/01/2015

Così deciso nella camera di consiglio del 7 gennaio 2015
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

avviare il motore.
Quanto all’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento la sentenza impugnata ha
ritenuto la sussistenza dell’ipotesi di cui all’art. 625 n. 2 cod. pen. per aver l’imputato
non solo approfittato della temporanea distrazione della vittima, ma di averla
chiaramente preordinata e provocata al fine di rendere più agevole la sottrazione dei
beni. E’ evidente non trattarsi solo di un banale e ordinario comportamento che non
vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a tutela del bene, ma (come
precisato dalle SS.UU. nella sentenza
n. 40354 del 2013 citata dallo stesso
ricorrente), di una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa dotata di
marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza,
idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le
misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità. Né può
validamente sostenersi che non vi sia la minima prova che il malfunzionamento delle
vetture delle vittime sia riconducibile ad un fatto del D’Acunto, stante il ripetersi
dell’episodio con le stesse modalità a distanza di due giorni e la particolarità nella
“scelta” delle vittime che certamente rende evidente che non trattavasi di guasti
improvvisi e casuali. In ordine invece alla mancata concessione della invocata
attenuante la Corte territoriale ha sottolineato come l’entità del danno cagionato sia
integrata non soltanto dall’ammontare della somma custodita nel portafoglio, ma
anche dal valore della documentazione personale ivi custodita avente un valore che
trascende, a causa della potenziale illecita utilizzazione della stessa, quello della
materialità cartacea. Sul punto il ricorrente nulla osserva se non che il D’Acunto
cercasse solamente contanti e non avrebbe fatto uso dei documenti personali della
persona offesa, considerazione meramente ipotetica ed inidonea a scalfire la
motivazione della sentenza impugnata. Il motivo concernente l’errata applicazione
nel calcolo della pena per il reato continuato è inammissibile in quanto proposto per
la prima volta in questa sede ed in ogni caso manifestamente infondato essendo
evidente che i giudici di merito, al di là dell’erronea indicazione del relativo capo di
imputazione, hanno ritenuto reato più grave il furto consumato come è agevole
peraltro dedurre dal seguente periodo della impugnata sentenza: corretta appare la
qualificazione giuridica del fatto contestato al capo 1) della rubrica dovendosi ritenere
provato che l’imputato, sottraendo il portafogli della donna dall’autovettura e
dileguandosi con il predetto bene, abbia acquisito una piena ed autonoma signoria
sulla cosa, definitivamente uscita dalla sfera di disponibilità della derubata.
Priva di rilevanza in quanto estranea all’iter argomentativo della Corte la circostanza
che nella sentenza impugnata il periodo di cui al terzo capoverso di pag. 3 sia
rimasto inconcluso (Trattandosi quindi di furto aggravato ex art. 625 n. 2 cod. pen. è
da escludere che il…), trattandosi di evidente refuso informatico che non incide sul
complesso compendio motivazionale.
4. Il ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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