Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26257 del 07/01/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 26257 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
ORLANDI FAUSTO N. IL 28.10.1972
Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI BRESCIA in data 7 gennaio 2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, sentite le
conclusioni del PG in persona del dott. Aldo Policastro che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso

RITENUTO IN FATTO
1.

2.

Con l’impugnata sentenza resa in data 7 gennaio 2014 la Corte d’Appello di Brescia,
in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Brescia in data 16 gennaio 2012
appellata da Orlandi Fausto, concessa a quest’ultimo la circostanza attenuante di cui
all’art. 62 n. 6 c.p., ritenuta prevalente unitamente alle già concesse attenuanti
generiche sull’aggravante contestata, riduceva la pena inflitta all’imputato a mesi
dieci e giorni venti di reclusione.
L’Orlandi era stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 589,
comma 2 cod. pen. perché, mentre si trovava alla guida dell’autocarro Fiat Ducato
129 Multijet targato DM846DN per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed
imperizia e, più precisamente, iniziando l’immissione dal lato sinistro della
carreggiata sulla SP 77, non controllando con sufficiente attenzione il traffico
proveniente sul tratto provinciale situato alla sua destra, non avvedendosi in
particolare del sopraggiungere di Orizio Oscar che era a bordo del motociclo YAMAHA
, urtando così con la parte posteriore del Ducato con il motociclo predetto che
entrava in rotazione antioraria e fuoriusciva sulla destra della carreggiata,
cagionando la morte di Orizio Oscar.
Avverso tale decisione ricorre a mezzo del difensore di fiducia l’Orlandi deducendo
violazione di legge in ordine alla affermazione di penale responsabilità e lamentando
la omessa riduzione della sanzione accessoria della sospensione della patente di
guida.

Data Udienza: 07/01/2015

3.

4.

Il ricorso è infondato. Entrambi i giudici di merito hanno rigettato la prospettazione
difensiva riproposta in questa sede secondo cui l’evento era esclusivamente
riconduicibilke ad una condotta colposa del motociclista.
Osserva il collegio come – diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente- la corte
territoriale, sulla scia delle considerazioni analiticamente illustrate nella sentenza di
primo grado (i cui passaggi vanno a saldarsi in un unico corpo argonnentativo con
quelli della sentenza d’appello (cfr. ex plurimis, Sez. 3, n. 44418 del 16 luglio 2013,
Rv 257595), abbia proceduto alla ricostruzione delle occorrenze del sinistro in
oggetto di giudizio sulla base di un discorso giustificativo logicamente coerente e del
tutto lineare sul piano argomentativo, avendo attestato l’avvenuto colpevole mancato
avvistamento della vittima, da parte dell’imputato, sulla base di un’adeguata
interpretazione degli elementi di prova acquisiti e da un’elaborazione delle
informazioni probatorie ottenute, condotta con sufficiente completezza ed
esaustività.
Con particolare riguardo alle osservazioni di indole tecnica dedotte con l’odierna
impugnazione (ed alle asserite incongruenze tecnico-scientifiche delle osservazioni
del giudice di merito, rispetto alle risultanze della consulenza tecnica di parte), rileva
la Corte come, attraverso le doglianze illustrate in relazione a tali punti, il ricorrente
si sia limitato a prospettare unicamente una diversa lettura delle risultanze acquisite
in difformità rispetto alla complessiva ricostruzione della corte territoriale, limitandosi
a dedurre i soli elementi astrattamente idonei a supportare la propria alternativa
rappresentazione del fatto, senza tuttavia farsi carico della complessiva
riconfigurazione del teatro e della dinamica del sinistro sulla base di tutti gli elementi
istruttori raccolti, che, viceversa, la Corte d’Appello ha ricostruito con adeguata
coerenza logica e linearità argomentativa. Quanto alla pretesa mancata (o
trascurata) valutazione delle divergenti considerazioni tecniche di parte, mette conto
di evidenziare come le stesse non possano in alcun modo ritenersi tali da dimostrare
in modo inconfutabile la fallacia delle conclusioni raggiunte in sentenza, essendosi
limitate a prospettare un’alternativa ricostruzione del fatto sulla base di ipotesi che
entrambi i giudici di merito hanno ritenuto recessive, sotto il profilo della attendibilità
e ragionevolezza logico scientifica, rispetto a quelle ritenute in sentenza. Ne
consegue che può ravvisarsi vizio di motivazione solo se le argomentazioni del
consulente di parte siano tali da dimostrare in modo inconfutabile (occorrenza non
verificatasi nel caso in esame), la fallacia delle conclusioni dei giudici di merito.
Nel caso di specie la sentenza impugnata ha sottolineato come la responsabilità
dell’imputato fosse confermata dalla pacifica violazione da parte dell’Orlandi del
dovere di dare la precedenza essendosi immesso su strada su cui viaggiava il
motociclista e dalle stesse dichiarazioni dell’imputato che ha ammesso di essere
ripartito, senza nuovamente riguardare verso la direzione da cui proveniva l’Orizio.
Si tratta di considerazioni nel loro complesso elaborate in termini di piena coerenza
logica ed adeguatezza argomentativa, come tali idonee a sottrarsi integralmente alle
censure in questa sede avanzate dal ricorrente.
Quanto alla omessa riduzione della sanzione accessoria, osserva la Corte: il giudice di
primo grado ha disposto la sospensione della patente di guida dell’imputato per la
durata di sei mesi, durata che peraltro si colloca verso il minimo previsto dall’art. 222
C.d.S. che prevede che detta sanzione possa essere disposta sino alla durata di
quattro anni. La Corte territoriale non ha preso in considerazione la richiesta di
riduzione in quanto concernente un capo della sentenza non investito dai motivi di
appello. Sul punto il ricorso è privo di specificità, in quanto pur riconoscendo trattarsi
di una sanzione amministrativa e non di una pena accessoria, il ricorrente si limita a
dedurre che “la riduzione della pena edittale poteva indurre la Corte d’Appello a
ridurre anche la sanzione accessoria
Il ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali..
Così deciso nella camera di consiglio del 7 gennaio 2015
IL PRESIDENTE

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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