Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26251 del 08/04/2015
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26251 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CUCE’ GIUSEPPE N. IL 16/08/1938
avverso il decreto n. 1/2004 CORTE APPELLO di MESSINA, del
02/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA
LAPALORCIA;
lette~le conclusioni del PG Dott. Pc. Cs A-LANcQ,c)à-k <9J-n ry.u.QpziLxJAAJ.0 Data Udienza: 08/04/2015 RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'Appello di Messina con provvedimento 2-4-2014 confermava il decreto
del Tribunale della stessa sede in data 8-10-2013 che aveva applicato a Giuseppe
CUCE' la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di PS per anni due con
obbligo di soggiorno nel comune di residenza.
2. La corte territoriale argomentava la pericolosità attuale del proposto dalla pendenza quale gli era ascritto di aver compiuto una serie di operazioni bancarie dirette al
riciclaggio di denaro di pertinenza del clan Brunetto, versando sui propri conti
assegni con girata di Francesco Sofia e della moglie di questi in favore dei quali
aveva emesso propri assegni per pari importo. Operazioni che, anche per il loro
ingente valore e per quanto non recenti, erano ritenute sintomatiche di un rapporto
fiduciario con la cosca protratto nel tempo, in assenza di elementi dai quali
desumere il recesso dalla predetta associazione, nonché di segni di ravvedimento e
di 'rottura totale e definitiva dei suoi rapporti malavitosi'.
3. Il ricorso, con ampi richiami a pronunce di legittimità peraltro risalenti, lamenta
violazione di legge in relazione al presupposto della pericolosità richiesto dall'art. 6
d.lgs.159/2011 nella specie ancorato soltanto alla sentenza di condanna, non
irrevocabile, per il concorso esterno di cui sopra relativo a fatti risalenti agli anni
2001/2003, senza tener conto dell'assenza di precedenti anche solo di polizia e della
frequentazione con esponenti della malavita, nonché del periodo di custodia
cautelare a seguito di ordinanza 10-1-2008.
4. Il PG presso questa corte, dr. A. Gialanella, con requisitoria scritta, ha chiesto
l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
5. Dopo aver sostenuto l'inapplicabilità al caso in esame del 1.1gs. 159/2011, in quanto
la proposta sarebbe stata avanzata in epoca certamente anteriore all'entrata in
vigore di esso, e dopo ampie citazioni giurisprudenziali in tema di permanente e
latente pericolosità sociale dell'indiziato di appartenenza ad associazione mafiosa, da
escludere solo in caso di prova positiva di recesso dal sodalizio, pericolosità da
estendersi anche al concorrente esterno in assenza di segnali di discontinuità nel
comportamento del proposto (1120/1997, Prisco e successive) e di elementi dai
quali possa fondatamente desumersi l'avvenuta interruzione del rapporto
(7616/2006, Catalano, 3413/2008, Giammanco: operatività sistematica con gli
associati), il PG ha evocato più recente giurisprudenza di legittimità (23641/2014,
Mondini) secondo la quale la presunzione di pericolosità dell'appartenente ad
associazione mafiosa è destinata ad attenuarsi laddove sia decorso un apprezzabile
lasso di tempo tra l'epoca dell'accertamento in sede penale e il momento della
formulazione del giudizio in sede di prevenzione, oppure vi sia stato un periodo di 2 a suo carico di un procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa, nel sottoposizione a regime detentivo che implica di per sé un trattamento volto alla
risocializzazione del soggetto (48408/2011, Taverniti), dovendosi in tali casi
abbandonare le logiche presuntive ed effettuare l'accertamento dell'attualità della
pericolosità del proposto, facendosi seguire alla constatazione della condotta
contraria alle regole di convivenza, la prognosi circa la probabilità del ripetersi di
condotte antisociali.
6. Il PG requirente ha quindi concluso che nella specie la corte territoriale non ha
tenuto in alcun conto l'apprezzabile decorso del tempo dal passato di devianza (anni investita di tale questione, e il periodo di detenzione frattanto intervenuto, a fronte
di indicatori di pericolosità tutti anteriori allo stato detentivo, situazione tale da
determinare l'inversione di ogni presunzione (Cass. 44151/2003) e da esigere
l'accertamento della persistenza della pericolosità sociale.
7. Con la conseguenza della violazione di legge sia per erronea interpretazione di un
principio di diritto sia per assenza di motivazione o motivazione apparente. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Il ricorso è infondato e va disatteso.
2. Nella specie il giudizio di pericolosità è stato fondato su elementi certi con ragionamento
immune da vizi che, dunque, si sottrae alla censura di violazione di legge.
3. E' stata infatti richiamata la condanna del Cucè, sia pure non ancora irrevocabile, per
concorso esterno nell'associazione di tipo mafioso facente capo a Paolo Brunetto,
operante in Catania e comuni limitrofi, ravvisato nel contributo per diversi anni al
riciclaggio di ingenti quantitativi di denaro sporco proveniente da esponenti identificati
del sodalizio, sintomatico di rapporto fiduciario, se non addirittura di cointeressenza,
con quel gruppo criminale.
4. A fronte di ciò la valutazione da parte della corte territoriale dell'infondatezza del motivo
di appello inerente all'assenza di motivazione sull'attualità della pericolosità sociale,
risulta adeguatamente supportata dall'accertato concorso esterno in associazione
mafiosa, in assenza di palesi elementi dimostrativi del venir meno dell'associazione o
del distacco da essa del ricorrente.
5. Il PG requirente ha motivato la propria richiesta di annullamento richiamando
giurisprudenza di questa corte, peraltro non univoca, che impone un particolare
accertamento della pericolosità al momento dell'applicazione della misura in caso di
soggetti detenuti soprattutto quando l'accertamento penale sia particolarmente distante
nel tempo.
6. La sentenza 23641/2014 (Mondini) che prende le distanze da ogni 'automatismo
correlato alla carica lesiva della fattispecie penale evocata', oggetto di lunga citazione 3 2002/2003, come da provvedimento impugnato), pur essendo stata specificamente nella requisitoria del PG, si riferisce peraltro ad un caso, totalmente diverso dal
presente, di appartenenza ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (che di
per sé esercita sui suoi aderenti una vis attractiva minore), sia pure collegata ad un
sodalizio di tipo mafioso, in cui il proposto aveva parzialmente ammesso i fatti ed aveva
espiato l'intera pena.
7. I tre indicatori fondamentali che, secondo tale decisione, devono presiedere, sempre in
presenza di un apprezzabile intervallo temporale tra condotta accertata in sede penale e
giudizio di pericolosità attuale, all'accertamento della pericolosità attuale e quindi ad 8. Infatti, quanto al 'livello di coinvolgimento dell'attuale proposto nelle pregresse attività
del gruppo criminoso', risulta valorizzato dai giudici di merito il prolungato ruolo del
Cucè a supporto dell'associazione mediante riciclaggio per il tramite dei propri conti
correnti del denaro sporco proveniente da alcuni esponenti di essa, ai quali era
restituito previo lavaggio'; quanto alla 'tendenza del gruppo di riferimento a mantenere
intatta la sua capacità operativa nonostante le mutevoli composizioni soggettive
correlate ad azioni repressive da parte dell'autorità giudiziaria', la corte territoriale ha
osservato che il sodalizio non risulta cessato, rilievo al quale il gravame nulla ha
opposto; quanto all'eventuale manifestazione da parte del proposto di comportamenti
denotanti l'abbandono delle logiche criminali in precedenza condivise, all'affermazione
negativa della corte territoriale nulla il ricorrente ha del pari opposto.
9. Né la decisione in scrutinio contrasta in alcun modo con la giurisprudenza costituzionale
(Corte Cost. 291/2013), pure evocata nella requisitoria del PG, la quale ha ritenuto
costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 12 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 nella parte in cui non
prevede che, nel caso in cui l'esecuzione di una misura di prevenzione
personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione per espiazione di pena della persona ad essa sottoposta, l'organo che ha
adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, anche d'ufficio, la persistenza della pericolosità sociale dell'interessato
nel momento dell'esecuzione della misura, poiché il Cucè è attualmente libero né è
stato allegato che il decreto sia stato emesso durante lo suo stato di detenzione.
10. Inoltre pronunce di questa corte non valutate nella requisitoria del PG confermano che il
giudizio dell'attualità della pericolosità deve essere particolarmente penetrante in casi
dai quali esula quello in esame.
11. Anche a voler quindi tralasciare il principio, peraltro ancora di recente condiviso, per il
quale, ai fini dell'applicazione di misure di prevenzione personali nei confronti di
appartenenti ad associazioni mafiose, quando risulta adeguatamente dimostrata detta
appartenenza, non è necessaria alcuna particolare motivazione del giudice in punto di
attuale pericolosità, che potrebbe essere esclusa solo nel caso di recesso
4 una prognosi immune da vizi, risultano comunque nella specie concretamente applicati. dall'associazione, del quale occorrerebbe acquisire positivamente la prova, non
bastando a tal fine eventuali riferimenti al tempo trascorso dall'adesione o alla concreta
partecipazione ad attività associative (Cass. 32353/2014), va comunque tenuto conto
che è stato affermato che in costanza di espiazione di pena conseguente a condanna
definitiva, la misura di prevenzione non può essere disposta se non sia acquisita la prova certa che la formazione di risocializzazione propria del trattamento penitenziario
non ha esercitato alcun effetto sul condannato, né ha eliminato la sua pericolosità
sociale (Sez. 6, n. 46292 del 09/10/2014 - dep. 10/11/2014, Cursaro, Rv. 261012). cautelare, la cui durata non risulta peraltro né dal decreto impugnato né dal ricorso, il
già raggiunto fine di rieducazione, cui è invece preordinata l'espiazione della pena,
mentre funzione tipica della custodia cautelare è la tutela della collettività.
13.E ancora, sempre ai fini dell'applicazione di misure di prevenzione nei confronti di
appartenenti ad associazioni di tipo mafioso, è stato di recente reiterato il principio per
il quale non è necessaria alcuna particolare motivazione in punto di attualità della
pericolosità, una volta che l'appartenenza risulti adeguatamente dimostrata -principio
esteso al concorso esterno (Cass. 20348/2014, 39205/2013)- e non sussistano
elementi dai quali ragionevolmente desumere che il legame sia venuto meno, anche se
la presunzione non è assoluta ed è destinata ad attenuarsi, necessitando, quando gli
elementi rivelatori dell'inserimento nell'organizzazione criminale siano lontani nel
tempo, di una puntuale motivazione sull'attualità della pericolosità, che tenga conto
della situazione concreta (Fattispecie nella quale è stato annullato per carenza di
motivazione il provvedimento impugnato che aveva ritenuto, sulla base di criteri
meramente presuntivi, la sussistenza della pericolosità sociale del condannato rimasto
in stato di detenzione per quindici anni) (Sez. 2, n. 39057 del 03/06/2014 - dep.
24/09/2014, Gambino, Rv. 260781).
14. Principio del quale il decreto impugnato risulta aver tenuto conto laddove ha valorizzato
la durata e la portata del contributo del proposto al riciclaggio di ingenti quantitativi di
denaro sporco proveniente dal sodalizio, sintomatico di rapporto fiduciario, se non
addirittura di cointeressenza, con quel gruppo criminale, e quindi la non temporaneità
dell'apporto fornito con conseguente presunzione di attualità della pericolosità, in
assenza di elementi dai quali potesse desumersi l'avvenuta interruzione del rapporto
(Cass. 39205/2013).
15.Tanto premesso, il decreto oggetto di ricorso appare conforme ai più condivisibili
principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità.
16.AI rigetto del ricorso segue il carico delle spese. P. Q. M. 5 12. Non è quindi ragionevolmente attribuibile alla sottoposizione del Cucé a custodia Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso 1'8-4-2015