Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26245 del 27/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 26245 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRAZZETTA GIUSEPPE N. IL 18/11/1966
avverso la sentenza n. 4511/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
18/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ‘Hare o ff ■sk cek..
che ha concluso per
A-A-A

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/02/2015

FATTO E DIRITTO
Con sentenza 18.4.2013 , la corte di appello di Firenze ,in parziale riforma della sentenza 2.2.2012
del tribunale di Livorno, ha assolto FRAZZETTA GIUSEPPE dal reato di bancarotta documentale
perché il fatto non sussiste e ha rideterminato nella misura di 3 anni di reclusione la pena inflitta per
il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, commesso quale titolare della impresa edile
“Costruzioni e Restauri di Frazzetta Giuseppe”, dichiarata fallita i125.10.2007.
La corte ha confermato nel reato l’impugnata sentenza.
Nell’interesse dell’imputato è stato presentato ricorso per vizio di motivazione, in quanto
la responsabilità per la distrazione di attrezzature aziendali del valore di E 51.000 e
della somma di E 35.000, ricevuti a titolo di caparra da un cliente, è stata affermata
senza tener conto della dimostrazione dell’impiego di beni nell’ambito aziendale,
la corte non ha tenuto conto dello stato di necessità in cui ha agito il Frazzetta, in
quanto vittima di fatti di estorsione, il cui accertamento è in corso;
sono state negate le circostanze generiche in ragione dei precedenti penali , senza
tener conto dello stato depressivo cagionato dalle estorsioni subite.
Il ricorso è manifestamente infondato, in quanto le argomentazioni in esso contenute in
relazione alla ricostruzione e alla valutazione logico-giuridica del fatto di bancarotta
patrimoniale, da un lato, mancano di specificità (per genericità e indeterminatezza, nonché per
reiterazione di censure già formulate nei confronti della decisione del giudice di primo grado,
determinando un irrituale regredire dello svolgimento del processo) ; dall’altro, contengono
argomenti che propongono una serie di critiche fattuali e valutative, sprovviste di persuasivi
dati storici alternativi ,che siano idonei a infrangere la lineare razionalità della decisione
impugnata, nella quale il giudice di appello ha già rilevato che
a. nell’anno precedente al fallimento, l’imputato Frazzetta Giuseppe ha
venduto al figlio Salvatore tutti i beni strumentali dell’impresa, senza che il
relativo corrispettivo sia stato rinvenuto dal curatore nei conti correnti del
fallito;
b. a Frazzetta Salvatore sono stati ceduti , nello stesso periodo di tempo,
alcuni contratti di appalto stipulati dall’imprenditore
fallito ed è
documentalmente provato che per uno di essi l’imputato ha incassato un
acconto di € 35.000;
c. manca la prova della destinazione di tale somma ad attività dell’impresa,
essendo state considerate dai giudici di merito — con valutazione razionale
e quindi insindacabile- non convincenti le dichiarazioni di alcuni
dipendenti di essere stati pagati, sia per mancata indicazione della data del
pagamento delle retribuzioni , sia per assenza della dimostrazione che tale
pagamento sia avvenuto con la suindicata somma ;
d. manca anche la prova che tale somma sia stata investita per l’allestimento
di un cantiere relativo al lavoro edile da eseguire, tenuto conto della
razionale valutazione sulla non credibilità del teste della difesa;
e. manca la prova sulla sussistenza dell’esimente dello stato di necessità : non
sono stati accertati i fatti di estorsione indicati dal ricorrente, né risulta che
le somme di cui all’imputazione si colleghino direttamente a condotte
estorsive in danno dell’imprenditore;
f. le attenuanti generiche sono state negate
sia per l’ insindacabile
valutazione della capacità a delinquere dell’imputato, correttamente
desunta, ex art.133 co. 2 n. 2 c.p. , dai numerosi precedenti penali (per
appropriazione indebita, omessa dichiarazione d’imposta, omesso

versamento di ritenute previdenziali); sia per la mancata dimostrazione
della sussistenza dei fatti estorsivi.
La manifesta infondatezza dei motivi conduce alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000 in favore
della Cassa delle Ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Roma, 27.2. 2015

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