Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26234 del 03/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26234 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
CONDELLO FRANCESCO nato il 05/11/1982, avverso l’ordinanza del
08/08/2014 del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Giulio Romano che ha
concluso per il rigetto;
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza del 08/08/2014, il Tribunale del Riesame di
Reggio Calabria confermava il decreto con il quale, in data 27/06/2014,
il giudice per le indagini preliminari del medesimo tribunale aveva
ordinato il sequestro preventivo di una serie di beni (mobili ed immobili)
intestati a CONDELLO Francesco indagato per il reato di cui all’art. 12
quinquies L. 356/1992 e 7 L. 203/1991.

2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo che,

Data Udienza: 03/06/2015

nonostante egli fosse indagato per il solo reato di cui all’art. 12
quinquies legge cit., il tribunale, in modo incomprensibile, aveva fatto
riferimento all’art. 416 bis/7 cod. pen. e all’art. 240 cod. pen. senza
tuttavia spiegare quale fosse il nesso di pertinenzialità fra i beni
sequestrati ed il suddetto reato. Inoltre, il tribunale aveva fatto

stato in alcun modo valorizzato dal giudice per le indagini preliminari.
L’ordinanza era, poi, censurabile anche sotto il profilo del ritenuto
periculum in mora

laddove aveva affermato

«la possibilità di

reiterazione del reato ovvero la necessità di apprendere dei beni
suscettibili di confisca costituendo oggetto di attività illecite»: sul punto,
il ricorrente obietta che nessun nesso di pertinenzialità era ravvisabile
tra i beni sequestrati e le condotte delittuose contestate.
In ultimo, il ricorrente lamenta che, nonostante avesse depositato
una corposa memoria difensiva con la quale erano state fornite tutte le
spiegazioni necessarie al fine di giustificare la piena liceità dei beni di cui
era stato disposto il sequestro e la non riferibilità degli stessi alle
condotte delittuose oggetto di contestazione, il Tribunale l’aveva
completamente ignorato incorrendo, quindi, nel vizio di omessa o
apparente motivazione.

3. In punto di fatto, stando a quello che risulta dalla stessa
ordinanza impugnata (pag. 2), il ricorrente risulta indagato (in concorso
con altre persone) per il delitto di cui all’art. 12 quínquies/1 legge cit. e
art. 7 legge cit. per avere consapevolmente accettato l’intestazione e la
titolarità formale e la gestione della seguente realtà imprenditoriale:
«”Slot dello Stretto s.r.l.” – iscritta al numero REA: RC-167466, con
sede legale in Reggio Calabria.’ alla via De Nava nr, 122 – costituita, in
data 19 ottobre 2006, ed operante nel settore del noleggio e la
distribuzione di apparecchi

e

congegni di divertimento ed

intrattenimento nei pubblici esercizi – sale da gioco – circoli con
somministrazione – esercizi diversi»

al fine di «consentire ai danti causa

CONDELLO Domenico, LAMPADA Francesco e LAMPADA Giulio Giuseppe
di continuare di fatto, quali soci e gestori occulti della predetta realtà

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riferimento ad un presupposto fattuale (la sproporzione) che non era

imprenditoriale, ad

incamerare

gli utili rivenienti dall’attività

commerciale e dall’incremento di valore dell’azienda per effetto dei
reinvestimenti di parte dei predetti: condotte poste in essere al fine di
agevolare l’attività della ramificata organizzazione criminale di tipo
mafioso ed armata – per avere l’immediata disponibilità per il

esplodenti anche occultate o tenute in luogo di deposito – denominata
“ndrangheta’ ed in particolare della sua preminente articolazione
territoriale denominata cosca CONDELLO. originariamente radicata sul
territorio di Archi di Reggio Calabria – presente ed operante in
prevalenza sul territorio nazionale. in Reggio Calabria, dal 19 ottobre
2006, data di costituzione della società».
Quindi, il bene che, secondo l’ipotesi accusatoria, è stato
fittiziamente intestato al ricorrente è solo ed esclusivamente la «”Slot

dello Stretto s.r.l.” , come si desume non solo dal tenore testuale del
capo d’incolpazione ma anche dalla stessa data di consumazione del
reato che coincide con la data di costituzione della suddetta società.
Il secondo elemento fattuale che risulta dal suddetto capo
d’incolpazione, è che il ricorrente Condello Francesco è colui che (in
concorso con altre persone: Polimeni Giacinto e Polimeni Maria Grazia, e
Pizzimenti Paolo) si è prestato a diventare titolare fittizio della suddetta
società facente capo, però, a Condello Domenico, Lampada Francesco e
Lampada Giulio Giuseppe: quindi, correttamente, è stato indagato per il
suddetto reato in quanto, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte, risponde del delitto di cui all’art. 12 quinquies cit. non solo chi
attribuisca fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di beni o di
altre utilità, di cui rimanga effettivamente dominus, ma anche colui che,
mediante la formale titolarità o disponibilità dei beni o delle attività
economiche, si presti volontariamente a creare una situazione
apparente difforme dal reale, così contribuendo a ledere il generale
principio di affidamento, ove abbia la consapevolezza che colui che ha
effettuato l’attribuzione è motivato dal perseguimento di uno degli scopo
tipici indicati dalla norma: ex plurimis SSUU 25191/2014 Rv. 259590.

conseguimento delle finalità dell’associazione, di armi e materie

Il terzo elemento fattuale (pag. 1 dell’ordinanza impugnata) è che
sono stati sequestrati, i seguenti beni: a) intero capitale sociale della
Joker s.r.l.; b) ditta individuale Condello Francesco; c) un motociclo
Yamaha; d) un’autovettura Idea; e) conti correnti, libretti di deposito,

finanziari.

4. Questi essendo gli elementi di fatto, in punto di diritto, deve
allora osservarsi quanto segue.
Il ricorrente risulta indagato in quanto intestatario fittizio della
società “Slot dello Stretto s.r.l.” in realtà riconducibile a Condello
Pasquale, Lampada Francesco e Lampada Giulio Giuseppe.
Certamente ammissibile, era, quindi, il sequestro preventivo della
suddetta società, ex combinato disposto degli artt. 321/2 cod. proc.
pen. (sequestro finalizzato alla confisca), 12 quinquies/1 (norma di
diritto sostanziale che prevede il reato) e 12 sexies (norma che prevede
la confisca ) legge cit.
Di conseguenza, sotto questo primo profilo, l’onere probatorio
gravante sull’accusa, era di duplice natura:
a) prova quantomeno del fumus delicti dell’art. 12 quinquies/1
legge cit.
b) prova che il ricorrente era un mero intestatario della suddetta
società.
In relazione a quest’ultimo punto, essendo il ricorrente, alla fin
fine, pur sempre un terzo intestatario fittizio, devono ritenersi
applicabili,

mutatis mutandis,

i seguenti principi di diritto, che la

giurisprudenza di questa Corte in modo consolidato applica nell’ipotesi in
cui ad essere sequestrato è un bene di un terzo, bene che, però, si
assume essere di una persona diversa indagata o imputata per un
delitto per il quale è consentita la confisca.
Ove il provvedimento di sequestro venga impugnato dal terzo,
costui, pur non essendo gravato da alcun onere probatorio ha tuttavia,
ove lo ritenga opportuno, un onere di allegazione che consiste, appunto,
nel confutare la tesi accusatoria ed indicare elementi fattuali che

4

titoli di Stato, obbligazioni, certificati di deposito ed altri strumenti

dimostrino che quel bene è di sua esclusiva proprietà. E’ chiaro, quindi,
che il procedimento ruoterà solo ed esclusivamente intorno al suddetto
onere probatorio, sicchè sarebbe del tutto incongruo che il terzo facesse
valere eccezioni che riguardino l’indagato e che solo costui potrebbe far
valere (in terminis Cass. 14215/2002 Rv. 221843).

fattispecie in esame in cui anche il ricorrente è indagato del reato di cui
all’art. 12

quinquies

legge cit., vanno applicati con le seguenti

precisazioni:
1)

come già si è detto, poiché il ricorrente è indagato, va,

innanzitutto, provato – contrariamente alle ipotesi di intestazioni fittizie
dalle quali non consegue automaticamente anche l’incolpazione, per
concorso, dell’intestatario fittizio – quantomeno il fumus delicti e cioè,
come

risulta

dallo

stesso

capo

d’incolpazione,

per avere

consapevolmente accettato l’intestazione e la titolarità formale e la
gestione della “Slot dello Stretto s.r.l.” al fine di «consentire ai danti

causa CONDELLO Domenico, LAMPADA Francesco e LAMPADA Giulio
Giuseppe di continuare di fatto, quali soci e gestori occulti della predetta
realtà imprenditoriale;
2)

in quanto terzo, è, poi, sufficiente, che l’accusa dimostri,

appunto, solo l’intestazione fittizia: nel procedimento per il sequestro,
quindi, per quanto si è detto, rimane estranea la problematica relativa
alla prova sulla provenienza dei beni e sulla proporzionalità del reddito
(ex art. 12 sexies/1 legge cit.) proprio perché, all’esito del
procedimento, o risulta che il terzo è il vero proprietario dei beni (sicchè
viene a cadere anche il reato) o l’accusa dimostra che è un mero
intestatario fittizio (nel quale caso, risponde del reato, ma gli ulteriori
presupposti – legittima provenienza dei beni e proporzionalità del
reddito – non può che essere dimostrata, con inversione dell’onere
probatorio, da colui che risulti essere il vero intestatario del bene).
c) infine, ed è del tutto ovvio, il sequestro (e la successiva
confisca), non risultando essere stato ordinato per equivalente ex art.
12 sexis/2 ter legge cit., non può che essere disposto sui beni oggetto

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I suddetti principi, in considerazione della peculiarità della

del trasferimento fraudolento come si desume agevolmente dall’art. 12

sexies/1 legge cit.

5. Posti i suddetti principi, non resta ora che verificare se e in che
termini il tribunale ad essi sia attenuto.

seguente testuale motivazione: «il provvedimento ablativo impugnato

compendia l’esito di un’approfondita attività d’indagine patrimoniale
svolta dal Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri – Sezione
Anticrimine di Reggio Calabria, riassunta nella nota informativa
depositata in data 13 giugno 2014, nei confronti dei soggetti interessati
dal provvedimento di custodia prima richiamato e, in particolare, delle
persone fisiche e/o giuridiche, società, consorzi od associazioni del cui
patrimonio i predetti risultano poter disporre in tutto o in parte,
direttamente o indirettamente. I suddetti accertamenti patrimoniali
erano volti ad individuare tutti quei beni – mobili, immobili, valutabili
quale compendio aziendale o a carattere reddituale – nella proprietà o,
comunque, nella disponibilità dei soggetti di interesse passibili di
confisca che per la loro pertinenzialità ai delitti in contestazione vanno
considerati riferibili a tutte le ipotesi disciplinate dall’art. 321. commi 1,
2 e 3 bis cod. pen. che lega la possibilità di disporre in via d’urgenza il
sequestro preventivo non solo al chiaro disposto dell’art. 416 bis.
comma 7, c.p. (e, in via generale, a quanto disciplinato dall’art 240,
commna 1 c.p. in relazione alla nozione di prodotto o profitto del reato
e, quindi, dei beni passibili di confisca in presenza di sentenza di
condanna), ma anche ai presupposti connessi al periculum in mora di
cui al comma 1 del predetto art. 321 cod. proc. pen.».
Il tribunale, quindi, dopo avere riportato gli esiti delle indagini
patrimoniali, così conclude:

«in base all’esito degli accertamenti

patrimoniali di cui si è detto ed al contenuto dell’ordinanza cautelare
personale del 28.5.2014 del Gip in sede con la quale è stata disposta la
misura della custodia in carcere nei confronti del ricorrente per i reati di
cui in epigrafe — misura cautelare dichiarata inefficace da questo
Tribunale in sede di riesame per decorrenza dei termini, con una

Il tribunale ha confermato il decreto di sequestro adducendo la

valutazione dunque che esula dal merito in ordine alla sussistenza dei
delitti contestati al ricorrente, il Collegio ritiene sussistente il fumus
commissi delicti dei reati contestati, necessario per la conferma
dell’impugnato sequestro. Sulla scorta delle considerazioni appena
esposte, non appare revocabile in dubbio la legittimità – in applicazione

parametri di cui all’art. 12 sexies del D.L. 8 giugno 1992 n. 306 e
successive modificazioni del sequestro preventivo di tutti quei beni,
mobili o immobili, quelle aziende e/o imprese riconducibili all’indagato,
attraverso le quali, anche con l’imposizione mafiosa di forniture e di
servizi, siano stati portati a compimento non solo i singoli reati-fine
contestati, ma altresì e contestualmente i proventi del più ampio
programma criminoso dell’associazione di tipo mafioso di appartenenza.
Quanto al periculum in in mora, ne risulta palese la sua
sussistenza nel caso di specie, attesa la necessità di reiterazione del
reato ovvero la necessità di apprendere dei beni suscettibili di confisca
costituendo oggetto di reimpiego di attività illecite»

6. Alla stregua di quanto appena detto, non resta ora che
accertare se l’ordinanza impugnata abbia correttamente applicato i
suddetti principi di diritto.
La risposta non può che essere negativa.
Innanzitutto, in ordine al fumus delicti, il tribunale (pag. 6), in
modo del tutto generico, rinvia all’ordinanza di custodia cautelare in
carcere (poi dichiarata inefficace per decorrenza dei termini di custodia
cautelare): manca, quindi, ogni motivazione non solo in ordine al fumus

deliciti ma anche una qualsivoglia risposta alla memoria difensiva con la
quale il ricorrente aveva contestato l’ipotesi accusatoria. Si rammenti
che, essendo stato l’ordine di custodia cautelare in carcere dichiarato
inefficace per decorrenza dei termini, il Tribunale, come risulta
dall’ordinanza 17/007/2014, non è entrato nel merito del capo
d’incolpazione.
Non è chiaro per quali ragioni il tribunale rinvia all’art. 416 bis cod.
pen.: non risulta, infatti, che il sequestro sia stato disposto anche per il

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dei disposto dei comma 7 dell’art. 416 bis c.p.. che in ossequio ai

suddetto reato non peraltro perché il ricorrente non risulta indagato per
il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.
Non ha chiarito, infine, il tribunale quale sia il nesso di
pertínenzialità fra il reato contestato ed i beni sequestrati: infatti,
mentre il capo d’incolpazione ha ad oggetto il trasferimento fraudolento

i beni sequestrati (elencati analiticamente a pag. 1 dell’ordinanza
impugnata) sono completamente diversi.

7. In conclusione, l’impugnazione dev’essere accolta e gli atti
rinviati al Tribunale di Reggio Calabria il quale, nel nuovo esame,
provvederà a colmare e chiarire le lacune evidenziate al precedente § 6.
P.Q.M.
ANNULLA
l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Cala

per

nuovo esame.
Roma 04/06/2015

t

di un bene determinato e specifico (la società “Slot dello Stretto s.r.l.”),

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