Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26231 del 03/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26231 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
SPAGNUOLO EMANUELE nato il 02/01/1975, avverso l’ordinanza del
20/01/2015 del giudice per le indagini preliminari del tribunale di
Torino;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso,
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
letta la requisitoria del Procuratore Generale in persona del dott.
Massimo Galli che ha concluso per il rigetto;

FATTO
1. L’11 ottobre 2014, Giuseppe Tedesco rubava una preziosissima
bottiglia di vino del valore di € 12.200,00 di cui era proprietaria la
società Risorgimento s.r.l. e la vendeva a Marco Di Rienzo (che
ammetteva di averla ricettata) il quale, a sua volta, la vendeva, per la
somma di € 4.500,00 a Spagnuolo Emanuele amministratore della
Grandi Bottiglie s.r.l. il quale veniva indagato per il reato di cui all’art.
712 cod. pen.

Data Udienza: 03/06/2015

In data 22/10/2014, il Pubblico Ministero ordinava il sequestro
probatorio della suddetta bottiglia di vino, e, in data 07/11/2014, ne
ordinava il dissequestro a favore dell’originaria proprietaria
Risorgimento s.r.l.
Avverso il provvedimento del Pubblico Ministero proponeva

indagini preliminari, con ordinanza del 20/01/2015 rigettava, rilevando
che non poteva rimettere le parti davanti al giudice civile in quanto non
vi erano concreti e reali elementi per ritenere che fra le parti vi fosse
una sia pure potenziale controversia civile. Il giudice per le indagini
preliminari riteneva condivisibile la decisione del Pubblico Ministero in
quanto gli argomenti difensivi dello Spagnuolo che aveva invocato la sua
buona fede e il principio della presunzione della buona fede ex art. 1147
c.c., non si erano dimostrati persuasivi alla stregua delle risultanze
processuali.

2.

Avverso la suddetta ordinanza, SPAGNUOLO Emanuele, in

proprio, ha proposto ricorso per cassazione deducendo la VIOLAZIONE
DEGLI ARTr.

1147-1153 COD. CIV. sostenendo che fosse irrilevante la

circostanza che egli era indagato ex art. 712 cod. pen. in quanto
l’elemento soggettivo della suddetta contravvenzione non concerne la
provenienza illecita della cosa ma i relativi accertamenti. Nel caso di
specie, poi, il giudice non aveva bene applicato il principio civilistico di
cui all’art. 1153 c.c. che privilegia l’affidamento incolpevole. Nel caso di
specie, esso ricorrente non si era comportato in modo colposo ma aveva
avuto cura di pagare il vino con assegno in modo da lasciare traccia
dell’acquisto, il prezzo era congruo (C 4.500,00) ed il venditore (Di
Rienzo) gli era stato presentato da un suo dipendente come un soggetto
appassionato di vini che li commercializzava su forum specializzati. La
motivazione addotta dal giudice era, quindi, illogica e contraddittoria.

3.

Il Procuratore Generale nella sua requisitoria ha concluso

chiedendo il rigetto del ricorso.

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opposizione lo Spagnuolo, nella sua prefata qualità, che il giudice per le

4. Il ricorso è infondato.
Il ricorrente risulta indagato per il reato di cui all’art. 712 cod. pen.
relativamente al quale il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto
sussisterne i presupposti relativi all’elemento soggettivo.
Va rammentato, sul punto, che la decisione del giudice per le

decisione se restituire il bene e a chi restituirlo fra le parti che se lo
contendono in quanto nulla esclude che la controversia possa poi
proseguire in sede civile.
Quindi, l’unica problematica che, in sede di legittimità, si può
prendere in esame è quella di verificare se la motivazione del giudice sia
o meno affetta da violazioni di legge e se sia rispondente ai criteri di cui
all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. (motivazione logica e non
contraddittoria).
Quanto alla violazione di legge, nonostante la doglianza dedotta
sul punto dal ricorrente, deve osservarsi che il giudice ha correttamente
fondato la propria decisione sugli elementi fattuali acquisiti agli atti e,
quindi, sull’analisi dell’art. 712 cod. pen. che non confligge affatto con i
principi civilistici di cui agli artt. 1147-1153 cod. civ.
Il giudice per le indagini preliminari ha, infatti, disatteso le ragioni
dello Spagnuolo, adducendo la seguente testuale motivazione: «E’ parte
integrante della diligenza richiesta dall’art. 712 c.p. la verifica, da parte
dell’acquirente, della provenienza della cosa che acquista (v. Cass. Pen.,
sez. Il, sent. n. 41002/2013 e Cass. Pen., sez. U., sent. n.
12433/2009), eppure, stando a quanto sostiene la Difesa di Spagnuolo
nel suo atto di opposizione e nella sua successiva memoria, nulla al
riguardo lo stesso Spagnuolo avrebbe fatto. Del resto, nel caso in
discorso, come ha condivisibilmente evidenziato il P. M., Spagnuolo
avrebbe avuto ragione di farlo anche a prescindere dalle circostanze di
cui all’art. 712 c.p. — qualità del bene, condizione di chi lo offre ed
entità del prezzo — essendo notorio che il valore di un vino vecchio
dipende in modo determinante dal modo nel quale esso è stato
conservato a far tempo dal suo imbottigliamento; oltretutto, come ha
segnalato la Difesa di Spagnuolo, vi poteva essere anche il dubbio di

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indagini preliminari è, allo stato degli atti, essendo funzionale alla sola

una contraffazione. La totale assenza di elementi difensivi sotto questo
profilo descrive compiutamente, da sola, la gravità della posizione di
Spagnuolo, anche perché essa trova la più ragionevole delle spiegazioni
nell’ipotesi che, in realtà, da esperto del ramo quale sicuramente egli è,
di informazioni egli ne abbia avute da De Rienzo, e sapesse quindi che la

ristoranti di Torino. Si tenga presente, a questo riguardo, che Tedesco
ha dichiarato che il furto gli è stato commissionato da De Rienzo e che
quest’ultimo ha venduto la bottiglia a Spagnuolo il giorno successivo al
furto. Né persuadono gli argomenti della Difesa di Spagnuolo a riguardo
dei profili di doveroso sospetto contemplati dall’art. 712 c.p. E’
convincente la Difesa di Risorgimento laddove evidenzia che se “Il
Cambio” aveva comprato, pochi mesi prima, la bottiglia a 12.200,00 t,
una persona competente come Spagnuolo non poteva non rendersi
conto del fatto che un prezzo quasi tre volte inferiore fosse al di fuori del
mercato (lecito); e se è vero che la cifra di 4.500,00 non è stata chiesta
da De Rienzo ma offerta da Spagnuolo, allora o De Rienzo era un
incompetente, ed allora a maggior ragione Spagnuolo non aveva motivo
di fidarsene, oppure l’origine furtiva della bottiglia era nota ad entrambi
i contraenti».
In questa sede, il ricorrente ha confutato la suddetta motivazione,
ribadendo le ragioni della propria buona fede.
Al che deve replicarsi che le censure riproposte con il presente
ricorso, vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre,
in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi
fattuali già ampiamente presi in esame dal giudice per le indagini
preliminari il quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto
coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso
la tesi difensiva.
Pertanto, non essendo evidenziabile alcuna delle pretese
incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali dedotte dal
ricorrente, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova
rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata
inammissibile.

bottiglia veniva direttamente dalla cantina di uno dei più rinomati

In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente
infondate in quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione
alla quale è pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e
con «i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento»: infatti, nel

stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione,
ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile
con il senso comune Cass. n. 47891/2004 rv 230568; Cass. 1004/1999
rv 215745; Cass. 2436/1993 rv 196955.

5. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della so ma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 04/06/2015
IL PR,
(Dott. Afit
IL CONSIGLIER
(Dott. G. Rag9

EST.

L.

momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve

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