Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2623 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 2623 Anno 2016
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BILONI GIUSEPPE N. IL 12/08/1962
avverso la sentenza n. 3133/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
06/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 61. I c 1/4-,1/4i
che ha concluso per

(7, Itj- 7- T

4

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

5 T: L m 4 40

o (z.

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L

60

Data Udienza: 10/11/2015

1. Biloni Giuseppe ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la
quale è stata confermata la sentenza di condanna emessa in primo grado, in ordine: A) al
delitto di cui agli artt. 56-317 cod. pen., in relazione alla richiesta, formulata in qualità di
Ispettore capo del Corpo forestale dello Stato e rivolta a Bianolini Omar, di euro
516,70,con minaccia di irrogargli una sanzione amministrativa di euro 3.100, per la
violazione di cui all’art. 193 d. Ig. 152/06, così riqualificata l’originaria imputazione di
estorsione; B) al delitto di cui all’art. 319-quater cod. pen., in relazione alla
richiesta,rivolta a Bellini Elisa, di euro 50 in contanti, per evitare l’irrogazione di una
sanzione amministrativa di euro 500.
2.11 ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione di legge e vizio di
motivazione,poiché la Corte territoriale ha omesso di valutare l’attendibilità intrinseca delle
dichiarazioni del Bianolini, al quale non può essere neanche attribuita la qualità di persona
offesa, poiché egli è stato, in realtà, autore di un fallito tentativo di corruzione. Come
rilevato sia dal Tribunale del riesame sia dalla Suprema Corte-Seconda sezione-, che, nella
sentenza in data 16 luglio 2013, ha parlato di dichiarazioni altalenanti del Bianolini, il
narrato di quest’ultimo non è credibile, non essendo dato comprendere come mai il Biloni
non abbia accettato, nemmeno a titolo di acconto, la somma di euro 300, rinviando al
giorno dopo il versamento dell’importo rimanente, che peraltro, non era molto più
elevato,trattandosi di euro 516,70, che-guarda caso-corrisponde alla misura di un terzo del
massimo della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 258, comma 5, d. Ig. 152/06. Lo
stesso denunciante riferisce che il pubblico ufficiale si offrì di redigere un verbale relativo a
tale ultima sanzione, ciò che risponde a dinamiche di tipo corruttivo e non concussivo.
Peraltro, gli inquirenti non hanno predisposto alcuna registrazione della conversazione fra
Bianolini e Biloni, ragion per cui non conosciamo il tenore del colloquio tra i due ed è ben
possibile che il pubblico ufficiale, accortosi che il contenuto della busta offertagli
dall’interlocutore era costituito da danaro, abbia rifiutato, conseguentemente
determinandosi a recarsi presso il Comando della Forestale, dove completare la redazione
del verbale. Ciò è dimostrato anche dal fatto che il Biloni, viste le proposte corruttive del
Bianolini, aveva comunque provveduto a redigere il verbale relativo all’illecito più grave.
Anche perché non si comprenderebbe per quale motivo il Bianolini abbia effettuato il gesto
concordato con la polizia giudiziaria per significare che il Biloni aveva preso il
danaro,quando ciò non era avvenuto. Nè le dichiarazioni del denunciante sono riscontrate
da nulla, poiché non costituisce valido riscontro il rinvenimento della documentazione
relativa alla richiesta di finanziamento, per euro 15.000, avanzata dall’imputato, un mese
prima dei fatti, alla Cassa mutua del Corpo forestale, menzionata dal denunciante e che
conferma soltanto l’avvenuto colloquio tra Bianolini e Biloni. Non costituiscono significativo
riscontro nemmeno le dichiarazioni di Nodari Alessandro, il quale ha riferito che la persona
offesa gli aveva manifestato l’ intenzione di pagare un presunto verbale per l’importo di
euro 500, nonostante avesse la disponibilità soltanto di 300 euro. La Corte d’appello non
ha fornito alcuna risposta ai rilievi formulati, al riguardo, dalla difesa, nei motivi d’appello.
2.1.In merito al capo B,i1 giudice a quo non ha spiegato le innumerevoli contraddizioni che
palesemente emergono dalla comparazione dei diversi verbali delle dichiarazioni rese da
Bellina Elisa, che era animata da un concreto interesse a conseguire un indebito
tornaconto personale.
2.1.Ingiustificatamente
poi
sono
state
negate
all’imputato
le
attenuanti
generiche,l’attenuante ex art. 323-bis e la sospensione condizionale della pena, non
assumendo alcuna rilevanza le dichiarazioni rese dal Podavini, il quale ha riferito soltanto
di un episodio nel quale, a fronte di una richiesta, rivolta al Biloni, di soprassedere alla
contestazione di un illecito amministrativo, l’imputato gli avrebbe risposto che ciò non era
possibile, perché si trovava in compagnia di un collega: un modo qualsiasi per liberarsi di
un contravventore insistente. Non è nemmeno vero che l’imputato abbia approfittato
dell’assenza di un collega per illecite intese con i privati, poiché l’appuntamento con il
Bianolini avvenne lontano dagli uffici, presso una pasticceria. La contestazione mossa al
Bianolini era d’altronde del tutto legittima, come riconosciuto anche dalla Provincia.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
1

RITENUTO IN FA-170

1. Le doglianze formulate con il primo motivo di ricorso sono infondate. Costituisce infatti ius
receptum, in giurisprudenza, che, anche alla luce della novella del 2006, il controllo del
giudice di legittimità sui vizi della motivazione attenga pur sempre alla coerenza strutturale
della decisione, di cui saggia l’oggettiva “tenuta” sotto il profilo logico-argomentativo e quindi
l’accettabilità razionale, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione
e valutazione dei fatti (Cass., Sez. 3, n. 37006 del 27 -9-2006, Piras, Rv. 235508; Sez. 6 , n.
23528 del 6-6-2006, Bonifazi, Rv. 234155). Ne deriva che il giudice di legittimità, nel
momento del controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito proponga
la migliore ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a
verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una
plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen.
non consente alla Corte di cassazione una diversa interpretazione delle prove. In altri
termini,i1 giudice di legittimità , che è giudice della motivazione e dell’osservanza della
legge,non può divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul
significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di
merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l’apprezzamento della logicità
della motivazione (cfr. , ex plurimis, Cass. Sez. 3, n. 8570 del 14-1-2003, Rv. 223469; Sez.
fer., n. 36227 del 3-9-2004, Rinaldi; Sez. 5, n. 32688 del 5-7-2004, Scarcella; Sez. 5,
n.22771 del 15-4-2004, Antonelli).
2.Nel caso in disamina, l’impianto argomentativo a sostegno del decisum si sostanzia in un
apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere
intelligibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di
legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed
essendo pervenuti alla conferma, in parte qua, della sentenza di primo grado attraverso un
itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile ,sotto il profilo della razionalità, e sulla
base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta
illogicità e perciò insindacabili in questa sede, come si desume, in particolare, dalle
considerazioni formulate dal giudice a quo alle pagine 29-36, per quanto attiene alla vicenda
inerente alla Bellina, e alle pagine 18-29 della sentenza impugnata,per quanto concerne la
vicenda relativa a Bianolini, Per quanto riguarda l’imputazione inerente alla Bellina, il giudice
a quo ha evidenziato, in particolare, come il confronto tra le diverse deposizioni non porti a
riscontrare alcuna reale difformità di sostanza e come le dichiarazioni della parte lesa appaiano
del tutto scevre da condizionamenti di sorta. Per quanto riguarda l’imputazione relativa a
Bianolini, la Corte territoriale ha sottolineato non solo l’intrinseca credibilità delle dichiarazioni
di quest’ultimo, che si presentò ai Carabinieri poche ore dopo l’incontro con Biloni, ma la
sussistenza di significativi riscontri estrinseci, come le testimonianze dì Nodari Alessandro e di
Orizio Katia e gli esiti degli accertamenti di polizia giudiziaria, che documentano
l’incontro,effettivamente avvenuto, nel luogo indicato, in denuncia, dal Bianolini, come quello
in cui, il giorno prima, Biloni gli aveva dato appuntamento per il pagamento, in contanti, della
somma necessaria per evitare la sanzione amministrativa, di ben 3100 euro. Ulteriore
elemento di corroborazione dell’accusa deriva dal rinvenimento della documentazione relativa
alla richiesta di finanziamento, avanzata dall’imputato alla Cassa mutua del Corpo Forestale
dello Stato. La sussistenza di tali riscontri,attentamente esaminati dal giudice a quo, priva
dunque di rilevanza, nei confronti del ricorrente, la questione relativa alla qualità – di
testimone o di imputato di reato connesso – che avrebbe dovuto essere attribuita al
2

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.Le doglianze formulate con l’ultimo motivo di ricorso non possono trovare ingresso in questa
sede, collocandosi sul piano del merito. Le determinazioni del giudice di merito in ordine al
trattamento sanzionatorio e all’attenuante di cui all’art. 323-bis cod. pen sono infatti
insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esente da vizi logicogiuridici ed idonea a dar conto delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, la motivazione
del giudice d’appello è senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale sottolineato
che l’imputato, appena dopo aver posto in essere un abuso prevaricatore nei confronti della
Bellina, sfruttando la condizione di debolezza psicologica di quest’ultima, mise in atto una vera
e propria condotta sopraffattrice, di carica offensiva tutt’altro che modesta, in danno del
Bianolini, vittima di gravi minacce, dimostrando così la non occasionalità delle condotte e una
non trascurabile capacità a delinquere, tanto più che dalla testimonianza del Podavini è emersa
la perpetrazione di condotte simili, due anni prima, da parte dell’imputato, che non ha peraltro
mostrato alcun segno di resipiscenza.
4.11 ricorso va dunque rigettato , con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma , all ‘udienza del 10-11-2015 .

Bianolini,essendo comunque le dichiarazioni del propalante adeguatamente corroborate, ex
artt. 192, comma 3, e 197-bis, comma 6, cod. proc. pen.

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