Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26225 del 09/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26225 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
IMMOBITALIA s.r.I., in persona del legale rappresentante e amministratore unico Liddo
Giovanni,
avverso l’ordinanza emessa il 29 maggio 2014 dal Tribunale di Taranto
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
all’udienza del 3 marzo 2015
udita la relazione svolta dal il consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott.ssa Giuseppina
Fodaroni, che ha chiesto l’annullamento con rinvio;
sentito il difensore della parte civile Comune di Taranto, avv. Massimo Saracino del
foro di Taranto, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito l’avv. Vincenzo Papeo, in sostituzione del difensore del terzo interessato
ricorrente avv. Domenico Di Terlizzi, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 09/03/2015

Z.
Ritenuto in fatto
1.

In data 17 luglio 2013 il Tribunale di Taranto, su richiesta della costituita

parte civile Comune di Taranto, disponeva il sequestro conservativo, fino alla
concorrenza della somma complessiva di 2.000.000,00 di euro, di quindici beni
immobili riferibili a Portone Francesco, legale rappresentante della Nuova Promosport
di Portone Francesco & C. s.n.c., imputato dei reati di associazione per delinquere e di

2.

Il Tribunale di Taranto, in sede di riesame, con ordinanza del 30 luglio

2013 rigettava la richiesta di riesame presentata da Innmobitalia s.r.I., società terza
interessata in quanto proprietaria dei beni immobili sequestrati ritenuti nella
disponibilità uti dominus dell’imputato Portone. La Sesta sezione penale della Corte di
cassazione, con sentenza in data 25 febbraio 2014, annullava con rinvio detta
ordinanza ritenendo carente la decisione dal punto di vista argomentativo quanto
all’estensione del sequestro al patrimonio sociale della Immobitalia s.r.l. sulla base
della ritenuta disponibilità sostanziale da parte del Portone delle quote della società
Immobitalia, intestataria dei beni immobili sequestrati, e della ritenuta fittizietà degli
atti dispositivi aventi ad oggetto il trasferimento, prima ad un

trust costituito in

Svizzera e poi ad altra società anonima di diritto svizzero, delle partecipazioni
societarie originariamente del Portone e della moglie. La Corte rilevava che era stato
svalutato in tal modo il principio di autonomia patrimoniale della società, senza alcun
approfondimento sul dominio di fatto esercitato dall’imputato sulla società e sulla
riferibilità al Portone anche delle quote della società Immobitalia pacificamente
ascritte, prima degli atti ritenuti fittizi, alla moglie dell’imputato.
3.

Con ordinanza in data 29 maggio 2014 il Tribunale di Taranto,

pronunciandosi in sede di rinvio, ha rigettato nuovamente la richiesta di riesame.
4. Avverso la predetta ordinanza IMMOBITALIA s.r.I., in persona del legale
rappresentante e amministratore unico Liddo Giovanni, ha proposto ricorso per
cassazione. Con il ricorso si deduce:
1) la violazione dell’art.627 cod.proc.pen. essendosi il giudice di rinvio impegnato
esclusivamente nel motivare circa la ritenuta gestione di fatto da parte dell’imputato
della società Immobitalia e non sulla disponibilità da parte dell’imputato dei beni
immobili oggetto del sequestro conservativo e, soprattutto, senza distinguere tra
patrimonio sociale e patrimonio dei soci come era stato sollecitato a fare nella
sentenza di annullamento; semplicisticamente il giudice di rinvio aveva ritenuto che la

una serie di altri reati tra cui quello di peculato ai danni del Comune di Taranto.

disponibilità uti dominus delle quote sociali della società Immobitalia da parte
dell’imputato equivalesse alla disponibilità uti dominus dei beni afferenti al patrimonio
sociale della stessa, così ponendosi in contrasto con l’indirizzo segnato dalla Corte
nella sentenza di annullamento;
2) la violazione ed erronea applicazione dell’art.316, comma secondo, cod.proc.pen. e
dell’art.2462 cod.civ.; la prima norma prevede la facoltà della parte civile di chiedere il

responsabile civile; l’art.2462 cod.civ., d’altro canto, prescrive l’autonomia
patrimoniale della società, che è quindi terzo estraneo rispetto alle obbligazioni del
socio, anche di quelle derivanti da reato; ne consegue, si sostiene nel ricorso, che il
sequestro conservativo disposto nei confronti della società Immobitalia, mai citata
quale responsabile civile ai sensi dell’art.83 cod.proc.pen., sarebbe illegittimo (Cass.
sez.I 6 ottobre 1994; sez.V n.12709 del 2006; sez.II n.3810 del 2008);
3) la violazione ed erronea applicazione degli artt.316, comma primo, 317 comma
terzo, 318 cod.proc.pen. e la violazione dell’art.125, comma terzo, cod.proc.pen. per
assoluta mancanza di motivazione o motivazione apparente sul punto della
disponibilità dei beni in vinculis;

non si sarebbe tenuto conto che il sequestro

conservativo sui beni dell’imputato presuppone che gli stessi siano suscettibili di
pignoramento nei limiti di legge; secondo la giurisprudenza di legittimità

per

l’applicazione del sequestro conservativo rileva , al di là della titolarità formale, la
disponibilità uti dominus dei beni da parte dell’imputato che deve essere supportata
da una congrua e precisa motivazione riferita ad ogni singolo bene sequestrato; nel
provvedimento impugnato il tribunale del riesame si sofferma sull’effettiva
disponibilità da parte dell’imputato delle quote sociali, ma non dei singoli beni
immobili; nella specie la difesa rileva che, tranne un immobile sito in Taranto (via O.
Fiacco n.24 pt.) e un negozio sito in Milano (viale G. Suzzani n.18 pt.S1, sc.C), gli altri
immobili sequestrati erano stati acquistati ab origine dalla società Immobitalia, senza
mai rientrare nel patrimonio dell’imputato né in quello della società Nuova Promosport
direttamente coinvolta nella vicenda penale; in relazione ai beni di proprietà di un
soggetto terzo rispetto all’imputato ed estraneo ai fatti oggetto del procedimento
penale, la possibilità di pignoramento (cui l’art.316 comma secondo cod.proc.pen.
subordina il sequestro conservativo) potrebbe configurarsi solo a seguito di azione
revocatoria che nei confronti del creditore agente invalidi gli effetti dell’eventuale
cessione/alienazione (simulata o meno) da parte dell’imputato.

sequestro conservativo che può avere ad oggetto i beni dell’imputato o del

Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato e va rigettato.
1.1.

Il primo motivo è infondato.

Nell’ordinanza impugnata, con adeguata motivazione, il giudice di rinvio -che ha
dato puntualmente atto della revoca del sequestro relativo ai beni immobili indicati ai
nn.9, 12 e 13, alienati a terzi prima dell’istanza di sequestro, e della limitazione

annullamento con rinvio al profilo della disponibilità uti dominus dei beni immobili in
sequestro da parte dell’indagato Portone Francesco- ha rigettato l’istanza di riesame e
confermato il provvedimento impugnato.
La Corte rileva che l’annullamento con rinvio era stato disposto dalla Sesta
sezione penale di questa Corte per “colmare le riscontrate carenze argomentative” che
riguardavano essenzialmente il giudizio di disponibilità sostanziale dei beni immobili
oggetto di sequestro fatto derivare apoditticamente nel provvedimento impugnato
dalla ritenuta fittizietà degli atti dispositivi relativi alle partecipazioni societarie, “senza
alcun approfondimento sul dominio di fatto esercitato dall’imputato su tale soggetto
collettivo”.

Nell’ordinanza impugnata dette carenze motivazionali risultano

congruamente superate dal giudice di rinvio che non si è limitato a ribadire le
considerazioni già espresse nel precedente provvedimento circa la natura fittizia della
cessione delle quote sociali della Immobitalia s.r.l. da parte dei coniugi PortoneGiannese alla Gico Trust Services S.A. e da quest’ultima società alla 3.W.I.AG, ma ha
indicato una serie di ulteriori significativi e concreti elementi circa la permanenza in
capo al Portone del dominio di fatto sulla società Immobitalia e, per l’effetto, sui beni
immobili in sequestro facenti parte del patrimonio della stessa società e acquistati in
epoca anteriore alla cessione delle quote. In particolare il giudice di rinvio ha
evidenziato che il prezzo delle quote cedute nel mese di dicembre 2007 era
palesemente incongruo rispetto al valore reale, come rilevato dal consulente tecnico
del pubblico ministero, e che nonostante ciò i coniugi Portone e Giannesenon avevano
chiesto, contestualmente alla cessione, la restituzione dei cospicui finanziamenti
erogati alla società Immobitalia negli anni tra il 2004 e il 2007. Detta omissione
poteva trovare spiegazione solo se il Portone avesse continuato ad avere il controllo e
la gestione effettiva di Immobitalia s.r.l. realizzando l’intento di occultare le
consistenze patrimoniali di cui egli stesso e la moglie avevano la disponibilità quali
unicisoci della Immobitalia s.r.I., essendo altrimenti “del tutto estranea alla comune

dell’indagine di merito devoluta al thema decidendum circoscritto nella sentenza di

s
logica e esperienza” un’operazione che avrebbe comportato una gravissima perdita
economica. Inoltre era stato accertato che con atto pubblico del 29 aprile 2013 la
Giannese, ignara dell’esatta natura dell’attività svolta dal marito come quest’ultimo
aveva spontaneamente riconosciuto nel corso dell’udienza preliminare (sul punto si
richiama la sentenza di proscioglimento per non aver commesso il fatto emessa dal
giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto in data 18 maggio 2012),
aveva acquistato dalla società Immobitalia l’immobile sito in Milano al viale Giovanni

giudice di rinvio, la permanenza di forti collegamenti tra Immobitalia s.r.l. e il Portone,
il quale anche tramite la consorte continuava ad ingerirsi nella gestione della società
“e per l’effetto degli immobili (acquistati peraltro tutti in epoca anteriore alla predetta
cessione) ricompresi nel patrimonio sociale”, la cui gestione costituiva l’unico oggetto
sociale. Ulteriore elemento sintomatico del fatto che il Portone continuasse ad ingerirsi
nella gestione delle società a lui originariamente intestate e fittiziamente cedute è
stato ravvisato nella circostanza che il 25 marzo 2009, due anni dopo la cessione delle
quote della Immobitalia da parte dei coniugi Portone alla Gico Trust e appena due
giorni prima della cessione delle partecipazioni societarie della Immobitalia dalla Gico
Trust alla MI AG, veniva ceduto il pacchetto azionario della Orfeo s.r.I., di cui il
Portone era stato socio unitamente al nipote della moglie Di Giorgio Adriano, ad altra
società svizzera avente sede comune con la società MI AG. Quanto alle quote sociali
originariamente in capo alla moglie del Portone, il giudice di rinvio non ha mancato di
rilevare che dalla sentenza ex art.425 cod.proc.pen di non luogo a procedere per non
aver commesso il fatto pronunciata nei confronti della donna (la Giannese aveva
assunto fittiziamente la qualità di socia della Nuova Promosport s.r.I., rimanendo
completamente estranea alla gestione societaria esercitata in modo esclusivo dal
Portone) emergevano validi elementi per affermare che analogo modus operandi fosse
stato riprodotto in relazione alla Immobitalia s.r.I., le cui quote erano state cedute
contestualmente dai coniugi, e che il Portone avesse quindi gestito di fatto cespiti
formalmente intestati alla moglie.
La Corte ritiene, pertanto, che il giudice di rinvio abbia fornito, con riferimento
alle ragioni dell’annullamento con rinvio disposto dalla Sesta sezione penale della
Corte con la sentenza in data 25 febbraio 2014, una motivazione idonea a sostenere
la fittizietà dell’operazione di cessione delle quote sociali di Immobitalia s.r.l. a società
di diritto svizzero, esponendo con riferimenti concreti i meccanismi fiduciari e di
interposizione fittizia posti in essere dal Portone che continuava di fatto ad

Suzzani 18 che era la sede della stessa società. L’acquisto dimostrava, secondo il

C
amministrare beni di cui si era solo apparentemente spogliato, con evidente finalità
elusiva delle ragioni creditorie di terzi. Peraltro, in tema di sequestro conservativo, il
vizio di motivazione rilevante in Cassazione (Cass. Sez.Un. 29 maggio 2008 n.25932,
Ivanov; 28 gennaio 2004 n.5876, p.c.Ferrazzì in proc. Bevilacqua; 28 maggio 2003
n.25080, Pellegrino) è solo quello della totale mancanza della stessa, ovvero dei
requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire
assolutamente inidonea a rendere comprensibile l’iter logico posto a fondamento del

impugnata si dà sufficiente conto del dominio di fatto esercitato continuativamente
dall’imputato sulla società Immobitalia, anche dopo i trasferimenti fittizi delle quote
sociali diretti ad occultare l’effettiva disponibilità dei beni immobili sequestrati della cui
gestione la predetta società si occupava.
1.2.

Il secondo motivo è parimenti infondato.

Il collegio condivide il principio espresso da questa stessa sezione con la
sentenza n.3810 del 19 dicembre 2008, ric. Co.me.fi . Metalli s.r.l. e altri, secondo il
quale possono essere oggetto di sequestro conservativo, oltre che i beni di proprietà
dell’imputato o del responsabile civile, anche i beni di proprietà di terzi, a condizione
che emergano elementi da cui risulti la mala fede dei terzi acquirenti o la simulazione
del contratto di acquisto. Peraltro in tema di sequestro conservativo, nel concetto di
beni mobili ed immobili dell’imputato contenuto nell’art.316 cod.proc.pen. non rileva
la loro formale intestazione, ma che l’imputato ne abbia la disponibilità uti dominus,
indipendentemente dalla titolarità apparente del diritto in capo a terzi (Cass. sez.III 2
aprile 2003 n.21940. Bettanin; sez.II 15 ottobre 2010 n.44660, Chiesi; sez.V 27
giugno 2014 n.40286, Cucci). Nella motivazione dell’ordinanza impugnata sono stati
evidenziati dal Tribunale plurimi elementi dai quali era possibile desumere la
sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, con riferimento agli atti
dispostivi posti in essere dall’imputato, fin dall’avvio delle indagini, attraverso la
cessione, ritenuta in base a concreti elementi simulata, a società di diritto svizzero
delle quote sociali della Immobitalia s.r.I., che il Portone aveva continuato a
controllare e gestire di fatto.
1.3.

Il terzo motivo è anch’esso infondato.

provvedimento impugnato (motivazione meramente apparente), mentre nell’ordinanza

Va premesso che la finalità dell’art. 316 c.p.p., consiste nell’immobilizzare il
patrimonio dell’imputato (o del responsabile civile) in attesa dell’esito dell’azione
revocatoria e tutelare efficacemente la posizione creditoria del terzo danneggiato. Nel
caso di specie il giudice a quo ha dato sufficiente contezza dei motivi che inducono a
ritenere che i beni aggrediti con la misura cautelare fossero nell’effettiva disponibilità
dell’imputato (tra l’altro dall’ordinanza impugnata si desume che la moglie Giannese

Giovanni Suzzani 18 in cui si trovano cinque beni immobili tra i dodici tuttora
sottoposti a sequestro conservativo e altro bene immobile sottoposto a sequestro nello
stesso procedimento: cfr. nota 2 ff.2 e 3, nota 3 f.3). Nel ricorso si riconosce, inoltre,
che gli immobili indicati ai numeri 3 e 16 (quest’ultimo del valore di euro 633.000,00:
cfr. nota 2 f.3 dell’ordinanza impugnata) dell’elenco erano stati acquistati dalla Nuova
Promosport di Portone Francesco & C. s.n.c. direttamente coinvolta nella vicenda
penale. Si tratta di elementi che giustificano il mantenimento del sequestro
conservativo, anche se si tratta di beni che formalmente risultano di terzi, in quanto il
giudice di rinvio ha rappresentato situazioni che rendono indispensabile, secondo una
valutazione di merito insindacabile in questa sede e comunque con motivazione
giuridicamente corretta e logicamente coerente, la piena e concreta tutela del
danneggiato dal reato per il soddisfacimento del suo credito risarcitorio, in attesa
dell’esito dell’azione revocatoria esercitabile nel caso concreto in forza dell’art.193
cod.pen..
2. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso nella camera di consiglio del 9 marzo 2015

il cons. est.

Antonia con atto del 29 aprile 2013 aveva acquistato l’immobile sito in Milano al viale

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