Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26224 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26224 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
sul ricorso proposto dalla parte civile
Cisternino Alberto, nato a Monte San Giovanni Campano il 02/05/1922;
nei confronti di:
Cauti Antonio, nato a Pescara il il 16/08/1925;
avverso la sentenza del 02/04/2014 della Corte d’appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile;
udito per la parte civile l’Avv. Valeria Bonfiglio, che produce dichiarazione di
rinuncia al ricorso;
uditi per l’imputato l’Avv. Valerio Spigarelli e l’Avv. Giovanni Marcellini, che ha
concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17.1.2012 il Tribunale di Roma dichiarò Cauti Antonio
responsabile del reato di appropriazione indebita continuata in danno di
Cisternino Maria Teresa e lo condannò alla pena di anni 2 di reclusione ed C
1.500,00 di multa, nonché al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato
giudizio con una provvisionale) ed alla rifusione delle spese a favore della parte
civile Cisternino Alberto, erede di Cisternino Maria Teresa. L’imputato fu assolto
dall’accusa di furto di due assegni perché il fatto non sussiste.

Data Udienza: 11/06/2015

2. L’imputato propose gravame e la Corte d’appello di Roma, con sentenza
del 2.4.2014, in riforma della pronunzia di primo grado, assolse l’imputato
perché il fatto non sussiste.

3. Ricorre per cassazione la parte civile, ai soli effetti civili, deducendo:
1.

violazione di legge in quanto l’imputato è stato assolto sull’assunto che la
sua versione, ritenuta inattendibile dal primo giudice, non ha trovato
smentita; ma tale versione deve essere provata e sostenuta dalla

sostenuto spese per la Cisternino, trattandosi (come riconosciuto dalla
Corte d’appello) di un mero elenco di spese redatto dall’imputato; la
Cisternino aveva una pensione e le spese venivano addebitate sul suo
conto corrente; la Corte territoriale avrebbe dovuto acquisire la
documentazione comprovante le spese che l’imputato afferma di aver
sostenuto; l’attività professionale di Cauti a favore della Cisternino si era
esaurita prima del luglio 2005; quanto agli assegni rilasciati dall’imputato
e dei quali la Cisternino è stata derubata non è coerente con la versione
dell’imputato, secondo la quale uno era stato rilasciato in un sostituzione
dell’altro, il fatto che entrambi i titoli fossero in originale; la Corte
territoriale ha contrapposto alle prove d’accusa le affermazioni generiche
dell’imputato;
2.

vizio di motivazione in quanto le spese per le utenze erano addebitate sul
conto della Cisternino; in mancanza delle parcelle è illogico sostenere che
i due bonifici di C 135.000 siano relativi a prestazioni professionali; il
giudice di appello non ha considerato che Cauti ha versato sul proprio
conto ulteriori C 36.152,00; la Corte territoriale ha affermato che
l’assegno di lire 576.689.465 equivale ad un riconoscimento di debito di
Cauti verso la Cisternino; ha affermato che era necessario accertare se
Cauti avese provveduto al pagamento delle spese di mantenimento e cure
della Cisternino e si è poi accontentata di un elenco di spese redatto
dall’imputato;

3.

vizio di motivazione sotto il profilo del travisamento della prova con
riferimento alla deposizione del teste Battisti che ha riferito che gli furono
consegnati dalla Cisternino non uno ma due assegni.

4.

Il difensore di Cauti Antonio, con memoria depositata il 5.6.2015 ha

chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

5. All’odierna udienza è stata prodotta la rinuncia al ricorso.

2

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documentazione prodotta; la documentazione non prova che Cauti abbia

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’intervenuta rinuncia comporta la declaratoria di inammissibilità del
ricorso.

2. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere

Non si fa luogo ad irrogazione di una sanzione pecuniaria poiché la rinuncia al
ricorso consegue ad una transazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Così deciso il 11/06/2015.

condannato al pagamento delle spese del procedimento.

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