Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26223 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26223 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
D’Ambrosio Vincenzo, nato a Napoli il 20/09/1975;
De Falco Giovanni, nato a Napoli il 16/05/1966;
Di Napoli Maurizio, nato a Napoli il 25/09/1969;
Gaudiero Luigi, nato a Napoli il 20/12/1978;
Saccone Patrizia, nata a Napoli il 25/07/1962;
Zeno Vito, nato a Napoli il 23/01/1967;
avverso la sentenza del 07/07/2014 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo che i ricorsi di De Falco e
Gaudiero siano rigettati e che i residui ricorsi siano dichiarati inammissibili;
udito per le parti civili: Associazione FAI “Federazione Antiracket Italiana e
Associazione “Coordinamento Napoletano delle Associazioni Antiracket”, l’Avv.
Giuseppe Granata, che ha concluso chiedendo il rigetto o la dichiarazione di
inammissibilità dei ricorsi riportandosi alle richieste del RG. e la condanna dei
ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute per questo grado di giudizio;
uditi per gli imputati:
De Falco Giovanni l’Avv. Mauro Dezio;
Gaudiero Luigi l’Avv. Vincenzo Emilio;
che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.

Data Udienza: 11/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12.3.2013 il Tribunale di Noia, fra l’altro, dichiarò:
D’Ambrosio Vincendo responsabile dei reati di cui ai capi A (tentata estorsione
aggravata anche dall’art. 7 L. 203/1991), B (tentata estorsione aggravata anche
dall’art. 7 L. 203/1991), C (tentata estorsione aggravata anche dall’art. 7 L. n.
203/1991), F (limitatamente ad una tentata estorsione di denaro, aggravata
anche dall’art. 7 L. 203/1991), G (qualificati i fatti come tentata estorsione,

anche dall’art. 7 L. n. 203/1991), unificati sotto il vincolo della continuazione e riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 8 L. 203/1991, ritenuta
prevalente sulle aggravanti e la recidiva – lo condannò alla pena di anni 4 mesi 6
di reclusione ed C 700,00 di multa;
De Falco Giovanni responsabile dei reati di cui ai capi I (estorsione aggravata
anche dall’art. 7 L. n. 203/1991) Il (estorsione aggravata anche dall’art. 7 L. n.
203/1991), unificati sotto il vincolo della continuazione e – ritenuta la recidiva
contestata – lo condannò alla pena di anni 12 di reclusione ed C 3.200,00 di
multa;
Di Napoli Maurizio responsabile del reato di cui al capo

H (tentata estorsione

aggravata anche dall’art. 7 L. n. 203/1991) e lo condannò alla pena di anni 5 di
reclusione ed C 900,00 di multa;
Gaudiero Luigi responsabile dei reati di cui ai capi I (estorsione aggravata anche
dall’art. 7 L. n. 203/1991) I1 (estorsione aggravata anche dall’art. 7 L. n.
203/1991), unificati sotto il vincolo della continuazione e lo condannò alla pena
di anni 9 di reclusione ed C 2.400,00 di multa;
Saccone Patrizia e Zeno Vito responsabili del reato di cui al capo N2
(favoreggiamento personale) e condannò ciascuno dei predetti alla pena di anni
2 di reclusione;
pene accessorie per De Falco, Di Napoli e Gaudiero.
D’Ambrosio, De Falco, Di Napoli e Gaudiero furono altresì condannati al
risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato giudizio con una provvisionale)
ed alla rifusione delle spese di giudizio a favore delle parti civili:
Associazione FAI “Federazione Antiracket Italiana;
Associazione “Coordinamento Napoletano delle Associazioni Antiracket”;

2. I predetti ed altri imputati proposero gravame e la Corte d’appello di
Napoli, con sentenza del 7.7.2014, in parziale riforma della pronunzia di primo
grado, fra l’altro, concesse a Di Napoli le attenuanti generiche equivalenti alle
aggravanti, ridusse le pene a:
De Falco Giovanni ad anni 10 mesi 8 di reclusione ed C 2.400,00 di multa;
2

aggravata anche dall’art. 7 L. n. 203/1991) ed H (tentata estorsione aggravata

Di Napoli Maurizio ad anni 4 di reclusione ed C 800,00 di multa;
Gaudiero Luigi ad anni 8 di reclusione ed C 1.500,00 di multa;
Confermò la prima pronunzia nei confronti di D’Ambrosio Vincenzo, Saccone
Patrizia e Zeno Vito.

3. Ricorrono per cassazione gli imputati sopra indicati con ricorsi distinti.

3.1. D’Ambrosio Vincenzo, personalmente, deduce violazione di legge e vizio

generiche nella massima estensione e della misura della pena.

3.2. De Falco Giovanni, tramite il difensore, deduce:
1.

violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato
accoglimento della richiesta difensiva di esaminare i testi a discarico dopo
l’ordinanza dibattimentale con la quale il Tribunale aveva ammesso ai
sensi dell’art. 507 cod. proc. pen. le prove richieste dal P.M., richiamando
Cass. S.U., 6.11.1992 Martin);

2.

violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla contraddittorietà
dell’ordinanza 18.12.2012 del Tribunale e la valutazione di credibilità delle
dichiarazioni rese da Spatola Livio;

3.

omessa motivazione sulla dedotta insussistenza del reato di estorsione di
cui al capo I difettando la coartazione ed essendo stata pagata la
fornitura nella misura iniziale;

4.

violazione di legge sul concorso di persone nel reato, ravvisata nella
semplice presenza sul posto, senza che mai l’imputato avesse interloquito
o fornito contributo causale;

5.

omessa motivazione sulla dedotta insussistenza della circostanza
aggravante di cui all’art. 7 L. n. 203/1991 e contraddittorietà della
motivazione sul punto della predetta aggravante.

3.3. Di Napoli Maurizio, tramite il difensore, deduce:
1. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del tentativo di
estorsione, escluso in sede di convalida per l’intempestivo intervento della
polizia giudiziaria; anche la ordinanza di custodia cautelare, emessa
successivamente in conseguenza delle dichiarazioni del collaboratore
D’Ambrosio, è stata annulla dal Tribunale del riesame; Grande ha poi reso
dichiarazioni quando era a conoscenza dell’intera vicenda e le sue
dichiarazioni non sono riscontrate da quelle di D’Ambrosio; nulla ha
riferito Oliviero Carmine; si era in presenza di meri atti preparatori;

3
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di motivazione in relazione alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti

2. vizio di motivazione sulla mancata riduzione di pena conseguente alla
richiesta di giudizio abbreviato condizionato all’escussione della persona
offesa Napoli Giovanni, unica prova necessaria.

3.4. Gaudiero Luigi, tramite il difensore, deduce:
1.

mancata assunzione di una prova decisiva e vizio di motivazione in
quanto la difesa aveva richiesto l’audizione di alcuni testi non ammessi
dalla Corte d’appello; il P.M. era già a conoscenza delle intercettazioni

richiesta di mezzi di prova; essendo state acquisite tali intercettazioni ai
sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., le difesa aveva chiesto l’audizione dei
testi ma il Tribunale aveva respinto tale richiesta; la Corte territoriale
avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’ordinanza 20.11.2012 del
Tribunale laddove non ha ammesso l’esame dei testi; sarebbe inoltre
contraddittoria l’ordinanza del Tribunale del 18.12.2012 (allegata al
ricorso) laddove afferma che non vi erano elementi per ritenere non
genuine le dichiarazioni del teste Spatola, a fronte della successiva
trasmissione degli atti al P.M. per l’ipotesi di falsa testimonianza del
predetto Spatola; era perciò necessaria la rinnovazione del dibattimento
in appello per sentire nuovamente il teste Spatola;
2.

violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza della
circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203/1991 in relazione ai
capi I e n; non è stata raggiunta la prova dell’aggravante sia sotto il
profilo oggettivo che sotto quello soggettivo; manca la motivazione
sull’assenza di prova dell’appartenenza di Gaudiero al clan Sarno e
sull’aver Spatola escluso di aver ricevuto minacce e richieste di denaro a
nome del clan predetto; non vi sono nella condotta modalità mafiose;

3.

violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza delle
circostanze aggravanti della minaccia commessa da più persone riunite e
dell’essere avvalsi delle condizioni di cui all’art. 416 bis cod. pen.;

4.

violazione di legge e vizio di motivazione sul diniego delle attenuanti
generiche nonostante l’imputato sia incensurato e senza carichi pendenti
e si sia costituito spontaneamente in carcere (come risulta dal verbale di
arresto e dal certificato del casellario giudiziale allegati al ricorso).

3.5. Saccone Patrizia, tramite il difensore, deduce:
1. violazione di legge e vizio di motivazione sulla affermazione di
responsabilità per il delitto di favoreggiamento personale; non è stata
fornita adeguata risposta alle doglianze svolte nell’atto di appello, in
particolare sulla reale portata delle conversazioni intercettate e
4

effettuate in altro procedimento ed avrebbe dovuto indicarle nella

sull’elemento soggettivo del reato sotto il profilo della consapevolezza
dello stato di latitanza di Adamo Mario; non è riconducibile all’illecito
penale la locazione di immobile dietro corrispettivo; che nell’abitazione
della Saccone vi fossero suoi documenti non è indizio; non si distingue fra
le condotte contestate al capo N2;
2. violazione di legge e vizio di motivazione sul diniego delle circostanze
attenuanti generiche e sulla mancata riduzione della pena.

1. violazione di legge e vizio di motivazione essendo stata affermata la
responsabilità dell’imputato sulla base di indizi !abili, mancano
argomentazioni indispensabili nella motivazione anche in relazione alle
istanze difensive;
2.

violazione della legge processuale in conseguenza del difetto di
motivazione dei decreti autorizzativi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Zeno Vito è

generico in quanto non indica con precisione quali provvedimenti sarebbero
viziati, sotto tale profilo è generico.
Questa Corte ha infatti affermato (ed il Collegio condivide l’assunto) che in
tema di sindacato di legittimità, con riferimento al divieto di utilizzazione del
risultato delle intercettazioni eseguite fuori dai casi preveduti dalla legge, il
relativo motivo di ricorso può essere esaminato solo a condizione che l’atto
asseritamene inutilizzabile (o dal quale consegue l’inutilizzabilità della prova) sia
stato specificamente indicato e faccia parte del fascicolo trasmesso al giudice di
legittimità, atteso che – pur trattandosi di motivo di carattere processuale e,
pertanto, pur essendo alla Corte consentito di esaminare il fascicolo del
procedimento – l’applicazione di tale principio presuppone in concreto che da
parte del ricorrente venga quantomeno indicato l’atto viziato e che esso sia
contenuto nel fascicolo (Cass. Sez. 4 sent. n. 31391 del 18.5.2005 dep.
19.8.2005 rv 231746).

2. Il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso proposto
nell’interesse di De Falco Giovanni ed il primo motivo di ricorso proposto
nell’interesse di Gaudiero Luigi sono manifestamente infondati e svolgono
censure di merito.
Nel caso di assunzione di ufficio di nuovi mezzi di prova è riconosciuto alle
parti il diritto alla prova contraria, che può essere denegato dal giudice, con

5

3.6. Zeno Vito personalmente deduce:

adeguata motivazione, solo quando le prove richieste sono vietate dalla legge o
sono manifestamente superflue o irrilevanti; con la conseguenza che il giudice di
appello, dinanzi al quale sia dedotta la violazione dell’art. 495, comma secondo,
cod. proc. pen., deve decidere sull’ammissibilità della prova secondo i parametri
rigorosi previsti dall’art. 190 stesso codice (per il quale le prove sono ammesse a
richiesta di parte), mentre non può avvalersi dei poteri meramente discrezionali
riconosciutigli dal successivo art. 603 in ordine alla valutazione di ammissibilità
delle prove non sopravvenute al giudizio di primo grado (Cass. Sez. 6, Sentenza

Nel caso in esame però le richieste di escussione di vari soggetti non era
finalizzate alla prova contraria e sono state ritenute superflue dalla Corte
territoriale con motivazione non manifestamente illogica (p. 21 e 22 sentenza
impugnata).
Quanto alla mancata rinnovazione dell’esame di Spatola la Corte territoriale
ha evidenziato che costui, all’esito delle contestazioni ha comunque ammesso di
aver detto la verità ai Carabinieri quanto al capo I (p. 23 sentenza impugnata) e
parzialmente ammesso i fatti di cui al capo H e che le iniziali dichiarazioni
accusatorie erano confortate dalle intercettazioni (p. 25 sentenza impugnata).
La Corte territoriale ha rimarcato che dalle intercettazioni emergono sia il
concorso di De Falco nell’estorsione (dal momento che furono entrambi gli
imputati ad agire) che il mancato pagamento della fornitura, peraltro ammesso
da Spatola (p. 25 sentenza impugnata.
Peraltro nella complessiva motivazione della sentenza impugnata sulle
vicende in questione (p. da 16 a 28) non si ravvisa alcuna manifesta illogicità
che la renda sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una
formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del
30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti dipende
anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità degli
enunciati che la compongono.

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n. 48645 del 06/11/2014 dep. 24/11/2014 Rv. 261256).

3. Il quinto motivo di ricorso proposto nell’interesse di De Falco Giovanni, il
secondo ed il terzo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Gaudiero Luigi
sono manifestamente infondati e svolgono censure di merito.
La Corte territoriale ha affermato che la condotta fu posta in essere con
metodo mafioso da entrambi gli imputati presentatisi come persone dei Sarno,
con riferimento all’omonimo clan camorrista (p. 34 sentenza impugnata)

4. Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Di Napoli Maurizio è

in punto di responsabilità, sicché l’appello era devoluto soltanto alla misura della
pena (v. p. 8 sentenza impugnata).

5. Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Saccone Patrizia è
manifestamente infondato e svolge censure di merito.
La Corte d’appello ha confermato l’affermazione di responsabilità
richiamando la deposizione del M.11o Ferrara e le intercettazioni telefoniche, dalle
quali emerge che la Saccone si era adoperata per aiutare Adamo Mario durante
la latitanza, consapevole di tale sua condizione al punto di raccomandare che
nessuno doveva sapere che era li (p. 28, 29 e 30 sentenza impugnata).
Il tale motivazione non vi è alcuna manifesta illogicità e la stessa risponde
alle doglianze difensive.

6. Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Zeno Vito è generico.
Nel motivo di ricorso ci su duole dell’affermazione di responsabilità in base di
indizi !abili ed incerti senza nessuna correlazione con la sentenza impugnata.

7. Il ricorso proposto da D’Ambrosio Vincenzo, il quarto motivo di ricorso
proposto nell’interesse di Gaudiero Luigi ed il secondo motivo di ricorso proposto
nell’interesse di Saccone Patrizia sono manifestamente infondati e svolgono
censure di merito.
Le circostanze attenuanti generiche sono state negate a D’Ambrosio per la
condotta di vita e la gravità delle condotte (p. 33 sentenza impugnata), a
Gaudiero in ragione della gravità dei fatti e della capacità a delinquere
dimostrata (p. 34 sentenza impugnata) ed alla Saccone in ragione della non
occasionalità e del perdurare della condotta (p. 33 sentenza impugnata).
Quanto al trattamento sanzionatorio va ricordato che la determinazione in
concreto della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non
di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della
motivazione da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi
compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi
7

inammissibile dal momento che l’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello

d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il
massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva. Ciò dimostra,
infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli
aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli specificamente segnalati
con i motivi d’appello (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del 20.5.1989 dep.
12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. n. 155508; n. 148766; n. 117242).

8. Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Di Napoli Maurizio è

La Corte di merito, richiamando la sentenza di primo grado, ha rilevato che il
dibattimento aveva dimostrato che le prove alla cui assunzione era stata
condizionata la richiesta di giudizio abbreviato, non avevano aggiunto elementi
ulteriori a quelli emersi dalle indagini preliminari (p. 32 sentenza impugnata).
Tale valutazione è conforme all’orientamento di questa Corte secondo il
quale, in tema di giudizio abbreviato condizionato, il giudice dibattimentale deve
sindacare il provvedimento di rigetto, assunto nell’udienza preliminare secondo
una valutazione “ex ante”, di verifica della ricorrenza dei requisiti di novità e
decisività della prova richiesta dall’imputato alla luce della situazione esistente al
momento della valutazione negativa, tenendo tuttavia conto, come criterio
ausiliario, e di per sé non risolutivo, anche delle indicazioni sopravvenute
dall’istruttoria espletata (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 48642 del 11/07/2014 dep.
24/11/2014 Rv. 261245).

9. I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere
condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al
pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

10.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna dei

ricorrenti in solido alla rifusione delle spese sostenute per questo grado di
giudizio dalle parti civili Associazione FAI “Federazione Antiracket Italiana e
Associazione “Coordinamento Napoletano delle Associazioni Antiracket” liquidate
in C 4.500,00, come da nota spese (esclusa la fase introduttiva non svolta dalla
difesa di parte civile), oltre rimborso spese forfettarie I.V.A. e C.P.A, con
attribuzione a favore del difensore antistatario.

8

manifestamente infondato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille alla Cassa
delle ammende, nonché alla rifusione in solido a favore dalle parti civili
Associazione FAI “Federazione Antiracket Italiana” e Associazione
“Coordinamento Napoletano delle Associazioni Antiracket” delle spese sostenute
per questo grado di giudizio liquidate complesso in C 4.5 0,00, oltre rimborso

Così deciso il 11/06/2015.

spese forfettarie, I.V.A. e C.P.A, con attribuzione al difenso e antitastario.

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