Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26191 del 19/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26191 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
FIRENZE
nei confronti di:
MARCUCCI STEFANIA N. IL 20/03/1967
avverso la sentenza n. 2289/2014 TRIBUNALE di LUCCA, del
16/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
il( A I
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V, m /-\r-t b vo f O
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 19/05/2015

11742/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 ottobre 2014 il Tribunale di Lucca ha assolto Marcucci Stefania dal
reato di cui agli articoli 81 cpv. e 2 1.638/1983, a lei contestato per avere omesso nel
novembre 2006 nonché nel trimestre da aprile a giugno 2007 il versamento all’Inps delle
ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei suoi dipendenti, per un

2. Ha presentato ricorso il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Firenze, per
violazione degli articoli 129 c.p.p. e 2, comma 1 bis, I. 638/1983, per avere ritenuto il fatto
non previsto dalla legge come reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.
Il Tribunale ha assolto l’imputato ritenendo che il reato a lui contestato “non costituisce più
reato, alla luce dell’apprezzamento sistematico e congiunto della più recente giurisprudenza
della Corte Costituzionale nonché dei recenti interventi normativi”. Il riferimento è alla
sentenza 19 maggio 2014 n. 139 che, a proposito della legittimità costituzionale dell’articolo 2,
comma 1 bis, d.l. 463/1983, convertito in I. 638/1983, ha rimarcato l’utilità del principio
generale di necessaria offensività della condotta, nonché all’articolo 2 I. 67/2014 che delega al
governo di trasformare in illecito amministrativo il reato in questione se l’omesso versamento
non supera la soglia di C 10.000 annui, dovendosi ritenere, ad avviso del Tribunale, che la
legge delega costituisca fonte direttamente produttiva di norme, e non soltanto una legge
meramente formale che si limiti a disciplinare i rapporti interni tra il governo e il Parlamento.
Il Tribunale in tal modo incorre in una evidente violazione di legge.
La sentenza impugnata a ben guardare si fonda, più che (come appare al PG) sulla pronuncia
19 maggio 2014 n. 139 della Corte Costituzionale – che infatti non ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale della fattispecie criminosa in questione-, sull’articolo 2 I. 67/2014, letteralmente
affermando che “come confermato dall’orientamento dominante in dottrina, la legge delega
non è una legge meramente formale, in quanto non si limita a disciplinare i rapporti
unicamente interni tra l’esecutivo ed il Parlamento, ma costituisce una fonte direttamente
produttiva di norme giuridiche”. Per questo il fatto contestato all’imputato non sarebbe più
previsto dalla legge come reato.
L’interpretazione adottata dal giudice di merito è priva di pregio. Al di là di considerazioni
generali sul rapporto tra governo e Parlamento che possono essere svolte a livello accademico,

ammontare di C 165.

quel che in questa sede rileva è il contenuto concreto della norma da cui il Tribunale nella
impugnata sentenza intende ricavare una depenalizzazione già effettuata del reato de quo.
L’articolo 2 della I. 28 aprile 2014 n. 67, Deleghe al Governo in materia di pene detentive
non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione
del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili – legge che è entrata in
vigore dal 17 maggio 2014 – al primo comma stabilisce: “Il Governo è delegato ad adottare,
entro i termini e con le procedure di cui ai commi 4 e 5, uno o più decreti legislativi per la

amministrative o civili, in ordine alle fattispecie e secondo i principi e criteri direttivi specificati
nei commi 2 e 3”. E al secondo comma, lettera c), per il reato in questione i principi e criteri
direttivi sono indicati nella sua trasformazione in illecito amministrativo

“purché l’omesso

versamento non ecceda il limite complessivo di 10.000 euro annui e preservando comunque il
principio per cui il datore di lavoro non risponde a titolo di illecito amministrativo, se provvede
al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto
accertamento della violazione”. Il quarto comma, poi, determina il termine per l’adozione dei
decreti legislativi in 18 mesi dall’entrata in vigore della legge, e disciplina la procedura a essi
attinente; il quinto comma, infine, stabilisce che entro 18 mesi dall’entrata in vigore dell’ultimo
di tali decreti legislativi possono essere emanati decreti correttivi ed integrativi.
È evidente, dunque, che la volontà del legislatore non è da intendersi come immediata
depenalizzazione del reato di cui si tratta, bensì come conferimento al governo di un potere
legislativo di cui regola la durata e le modalità di esercizio, nonché, in certa misura, lo stesso
contenuto. Non essendo stato ancora emesso il decreto legislativo riguardante il reato in
questione, non è pertanto configurabile allo stato la sua depenalizzazione. Analogamente
riguardo a un altro dei reati su cui è stata conferita dalla stessa legge la delega di
depenalizzazione al governo, del resto, si è già pronunciata questa Suprema Corte (Cass. sez.
I, 19 settembre 2014 n. 44977: “La contravvenzione prevista dall’art. 10 bis del D.Lgs. 25
luglio 1998, n. 286, che punisce l’ingresso ed il soggiorno illegale nel territorio dello Stato, non
può ritenersi abrogata per effetto diretto della legge 28 aprile 2014 n. 67, posto che tale atto
normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio, per la
depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto, quest’ultima, fino alla emanazione dei
decreti delegati, non potrà essere considerata violazione amministrativa.”).
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Lucca
in diversa composizione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Lucca.

riforma della disciplina sanzionatoria dei reati e per la contestuale introduzione di sanzioni

Così deciso in Roma il 19 maggio 2015

Il Presidente

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