Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2619 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2619 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRANE ANTONELLA N. IL 14/06/1971
avverso la sentenza n. 1852/2012 GIP TRIBUNALE di VERBANIA,
del 25/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
;tto (D ( cimgrlx sì o
che ha concluso per

o

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 06/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 25.2.2013 il GIP presso il Tribunale di Verbania, all’esito di
giudizio abbreviato, ha condannato Trane Antonella alla pena di C. 2.000 di
ammenda ritenendola responsabile della contravvenzione di cui all’art. 96 comma

1

lett. g) del D. Lvo n. 81/2008 per avere, quale legale rappresentante della ditta
Interni Esterni sas, omesso di redigere il Piano Operativo di Sicurezza (POS) in modo

Il Tribunale ha motivato la decisione rilevando:
– che il capo di imputazione non era nullo potendosi la condotta desumere
dall’Allegato XV al decreto 81/2008 con conseguente esercizio del diritto di difesa;
– che la scelta del rito abbreviato condizionato precludeva all’imputata di
eccepire la nullità della richiesta di rinvio a giudizio;
– che in ogni caso il rapporto dell’Ispettorato del Lavoro costituiva fonte di
prova;
– che ai fini della determinazione della pena, occorreva partire da una pena base
di C. 4.500.
2. La sentenza è stata impugnata dal difensore davanti alla Corte d’Appello di
Torino che, qualificando l’appello come ricorso per cassazione, ha disposto la
trasmissione degli atti a questa Corte Suprema.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’impugnazione di sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda, e come
tale inappellabile (art. 593 comma 3 cpp), va senz’altro qualificata come ricorso per
cassazione per il principio del favor impugnationis e di conservazione degli atti
processuali (art. 568 cpp). Nel caso di specie, quindi, l’impugnazione contro la
sentenza del Tribunale di Verbania correttamente è stata inoltrata a questa Corte.
Ciò premesso, col primo motivo di impugnazione la ricorrente denunzia la
“violazione del diritto di difesa in relazione alla formulazione del capo di imputazione”,
ritenuto generico e inidoneo a far comprendere la violazione contestata perché fa
riferimento alla omessa redazione del POS secondo i contenuti minimi dell’allegato XV,
senza però indicare quali fossero le prescrizioni disattese. Trattasi, dunque, di una
nullità del capo di imputazione.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che una volta instaurato il giudizio
abbreviato incondizionato, senza che vi sia stata alcuna modifica o integrazione
dell’accusa da parte del pubblico ministero e senza che il giudice abbia rilevato vizi
nella formulazione dell’imputazione, non è consentito all’imputato eccepire la nullità
della richiesta di rinvio a giudizio per genericità ed indeterminatezza del capo di
imputazione (Sez. 6, Sentenza n. 32363 del 20/05/2009 Ud. dep. 10/08/2009 Rv.

conforme ai requisiti minimi previsti dall’allegato XV al predetto decreto.

245191; Sez. 6, Sentenza n. 13133 del 23/02/2011 Ud. dep. 30/03/2011 Rv. 249897;
Sez. 6, Sentenza n. 32363 del 20/05/2009 Ud. dep. 10/08/2009 Rv. 245191).

2. Col secondo motivo si denunzia l’ “errata motivazione e violazione del
principio di difesa”.

Nell’illustrazione della censura la ricorrente riproduce la

motivazione del Tribunale in ordine alla ritenuta insussistenza della nullità del capo di
imputazione e rileva ancora la genericità del rapporto dell’Ispettore del Lavoro preso a
base della decisione, in quanto privo dell’indicazione degli elementi mancanti.
Ribadisce la violazione del diritto di difesa perché non è dato comprendere quali siano

le prescrizioni inosservate.
Il motivo – che pone in sostanza un vizio di motivazione – è infondato.
Il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla
coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo
logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n.
12110; cass. 6.6.06 n. 23528). Ancora, l’illogicità della motivazione per essere
apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere
limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze
e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano
spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3,
Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n.
24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Nel caso di specie, il Tribunale ha fondato il proprio giudizio di responsabilità
sulla base del rapporto dell’Ispettore del Lavoro per quanto concerne la verità storica
dei fatti accertati dal compilatore e quindi della redazione del piano di sicurezza in
modo non conforme ai contenuti minimi previsti dall’allegato XV del D.Lvo n. 81/2008.
Ha anche affermato che la condotta attribuita all’imputata è desumibile dall’allegato
XV.
Il percorso argomentativo è succinto, ma privo di vizi logici, perché la
contestazione mossa all’imputata non riguardava la specifica omissione di un dato, ma
più genericamente un piano operativo di sicurezza redatto in modo non conforme ai
contenuti minimi elencati in un documento specificamente indicato (contenuti, quindi,
agevolmente consultabili e confrontabili con quelli riportati nel piano aziendale): la
decisione quindi si sottrae alla censura mossa dall’imputata che invece, lungi dal
dimostrare la piena conformità del proprio piano operativo di sicurezza ai contenuti
minimi richiesti dal predetto allegato (ad esempio, mediante la semplice produzione in
giudizio di una copia di un piano conforme), si duole della mancata contestazione di

3

specifiche difformità, dimenticando così che la norma (l’art.159 del decreto legislativo
n. 81/2008) sanziona anche l’assenza di “un solo elemento” di cui all’allegato XV.
3. Col terzo motivo infine la ricorrente denunzia l’eccessiva severità della pena,
applicata in misura addirittura maggiore al massimo edittale.
Il motivo, che pone in sostanza un vizio di inosservanza della legge penale (art.
132 cp))è fondato.
La redazione del piano operativo di sicurezza “in assenza di uno o più elementi

testualmente dispone l’art. 159 del D. Lvo n. 81/2008.
Nel caso di specie il Tribunale ha applicato la pena di C. 2.000 partendo da una
pena base di “C. 4.500,00″ ridotta ad C. 3.000,00 ex art. 62 bis cp e poi ulteriormente
a 2.000,00 per il rito.
E’ evidente dunque l’errore di diritto del Tribunale che, nonostante abbia
affermato in sentenza di voler contenere la pena nei minimi di legge, è invece partito
da una pena base illegale, perché superiore al massimo edittale che, come si è detto, è
di C. 4.000,00 di ammenda.
La sentenza va pertanto annullata senza rinvio ex art. 620 cpp, ben potendo la
Corte di Cassazione procedere alla corretta determinazione della pena in base ai
medesimi parametri che il giudice di merito ha inteso utilizzare (pena nel minimo di
legge e riduzione di 1/3 per le generiche) con l’aggiunta naturalmente della riduzione
di 1/3 per il rito prescelto.
Pertanto, sviluppando i calcoli: pena base = C. 2.000 di ammenda ridotta di 1/3
a C. 1.333,334 (ex art. 62 bis) ed ulteriormente ridotta di 1/3 a C. 888,89 (ex art. 442
cpp).
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla quantificazione della
pena che ridetermina in C. 888,89 di ammenda. Rigetta, nel resto, il ricorso.
Così deciso in Roma, il 6.11.2013.

di cui all’allegato XV” è sanzionata con l’ammenda da C. 2.000 a C. 4.000, come

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