Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26182 del 14/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26182 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE BELLIS TOMMASO N. IL 29/07/1949
DORIA ROBERTO N. IL 04/06/1954
VICINO FILIPPO N. IL 16/05/1945
avverso la sentenza n. 5656/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
20/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per :te a, A.,..„ J&& t z

Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 14/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 20/6/2014 ha confermato
la decisione con la quale, in data 6/3/2013, il Tribunale di Busto Arsizio aveva
affermato la responsabilità penale di Tommaso DE BELLIS, Roberto DORIA e
Filippo VICINO per il reato di cui all’art. 260 d.lgs. 152\06, gli ultimi due anche

ingenti quantitativi di rifiuti al fine di procurarsi un ingiusto profitto consistito, per
le società facenti capo a Salvatore ACCARINO, separatamente giudicato, nel
maggior guadagno derivante dal conferimento di rifiuti già selezionati,
conferendo una minor parte o lievitando i carichi di rifiuti movimentati, redigendo
falsamente i formulari di trasporto (in Fagnano Olona, Legnano, Fara Novarese
dal dicembre 2007 al marzo 2008).
Segnatamente, secondo quanto evidenziato dai giudici del merito, il DE
BELLIS, gestore di fatto della «DDB Ecologia», aveva concorso nell’illecita attività
che l’ACCARINO effettuava in località VALLE, gestendo rifiuti di diversa
provenienza, fornendogli copertura mediante la redazione di falsi formulari volta
ad individuare la DDB come destinatario finale di rifiuti; il DORIA, quale
amministratore di fatto della «Doria Servizi Ambentali», aveva concorso
nell’illecita attività che sempre l’ACCARINO aveva posto in essere nell’ambito di
una bonifica, gonfiandone fittiziamente i costi attraverso la simulazione di viaggi
mai avvenuti, documentati mediante formulari falsi predisposti dal DORIA dietro
compenso; il VICINO, infine, formale appaltatore delle opere di bonifica, in quanto
in possesso delle necessarie autorizzazioni, subappaltava le stesse all’ACCARINO
nella consapevolezza della condotta illecita dello stesso.
Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per cassazione
tramite i propri difensori di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei
limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att.
cod. proc. pen.

2. Tommaso DE BELLIS deduce, con un primo motivo di ricorso, la
mancanza di motivazione in ordine alla dedotta nullità dell’imputazione per
eccessiva indeterminatezza eccepita nel corso del giudizio di primo grado ed
oggetto di gravame, riferito anche alle ordinanze dibattimentali che l’avevano
respinta, osservando che tale indeterminatezza era riferita alla indicazione della
condotta relativa alla falsificazione dei formulari, non costituente reato ma mero
illecito amministrativo, ai sensi dell’art. 258 d.lgs. 152\06.

1

per il reato di cui all’art. 640 cod. pen., reati concretatisi nell’illecita gestione di

Con un secondo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione in relazione
alla eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Busto Arsizio,
osservando che, avuto riguardo alla compilazione dei formulari, ovvero al
residuale criterio della residenza del soggetto attivo del reato, il luogo del
commesso reato sarebbe comunque individuabile in Lambiate, per cui la
competenza territoriale era da attribuirsi al Tribunale di Monza.
Con un terzo motivo di ricorso lamenta che la Corte territoriale avrebbe
preso in esame la sola richiesta assolutoria concernente il difetto dell’elemento

veniva invocata con riferimento a tutte le ipotesi contemplate dall’art. 530 cod.
proc. pen. ed, inoltre, ignorando tutte le argomentazioni sviluppate dalla difesa
nell’atto di impugnazione, che indica.
Con un quarto motivo di ricorso deduce la mancata valutazione delle prove
testimoniali introdotte dalla difesa, basandosi il giudizio di responsabilità sulle
dichiarazioni di un solo testimone e su brani di intercettazioni estrapolati dai
provvedimenti applicativi di misure cautelari
Con un quinto motivo di ricorso viene rilevato il vizio di motivazione con
riferimento alle statuizioni civili, non avendo la Corte del merito giustificato le
ragioni per le quali sarebbe stato disposto il risarcimento del danno in favore
della Provincia di Milano, avuto riguardo al luogo di commissione dei reati.

3. Roberto DORIA deduce, con un primo motivo di ricorso, la violazione di
legge in relazione al ritenuto concorso nel reato di cui all’art. 260 d.lgs. 152\06,
che i giudici del merito gli avrebbero attribuito sulla base di un traffico che
definisce meramente «cartolare», non avendo mai comportato l’effettiva
gestione di rifiuti, senza peraltro tenere conto che il suo unico scopo, come
riconosciuto nel corso dell’interrogatorio di garanzia, era soltanto quello di
lucrare un compenso per un’attività che, di fatto, non veniva svolta.
Con un secondo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione,
osservando che la Corte territoriale avrebbe valorizzato le dichiarazioni di un solo
teste (Enrico DI LASCIO del NOE di Torino) circa le caratteristiche dei rifiuti
provenienti dalla cartiera, che ne avrebbero impedito lo smaltimento presso la
«Doria Servizi Ambientali», senza considerare che dette dichiarazioni sarebbero
smentite da quanto riferito da altri testimoni (Daniela RIGHETTI e Maria Rosa
SCARAMUZZA).
Con un terzo motivo di ricorso deduce la violazione di legge in relazione alla
errata valutazione, da parte della Corte territoriale, circa gli obblighi incombenti
sul titolare di un impianto di smaltimento e recupero rifiuti, in quanto nella
sentenza impugnata viene affermato che egli, pur essendo autorizzato allo

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soggettivo del reato, senza considerare che, nell’atto di appello, l’assoluzione

smaltimento dei rifiuti provenienti dall’attività di bonifica, nell’accettare quelli
provenienti dalla società dell’ACCARINO, priva delle necessaria autorizzazioni, di
fatto aggirava le disposizioni di settore, senza tuttavia considerare che su di lui
non incombeva alcun onere di verificare il possesso delle necessarie
autorizzazioni da parte del produttore del rifiuto.
Con un quarto motivo di ricorso eccepisce la illegittimità costituzionale
dell’art. 260 d.lgs. 152\06 per l’indeterminatezza della locuzione «ingenti
quantitativi» utilizzata dal legislatore e non avendo la Corte territoriale

espressione.

4. Filippo VICINO deduce, con un unico motivo di ricorso, la violazione di
legge ed il vizio di motivazione in relazione alla attribuzione di responsabilità
penale per il delitto di truffa sulla base delle risultanze delle operazioni di
intercettazione telefonica, pur in assenza di comunicazioni indicative della
effettiva conoscenza, da parte sua, della falsa predisposizione dei formulari.
Rileva, inoltre, che la natura del contratto di subappalto escluderebbe la sua
consapevolezza circa la gestione illegale effettuata in località Valle
dall’ACCARINO.

5. Tutti insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
In data 7/4/2015 l’Amministrazione provinciale di Novara, ha depositato,
tramite il difensore, una memoria con la quale richiede il rigetto dei ricorsi e la
conferma delle statuizioni civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Tutti i ricorsi sono infondati.
Va rilevato, con riferimento al primo motivo di ricorso del DE BELLIS, che
l’imputazione contestata riguarda il concorso di più persone nel reato
contemplato dall’art. 260 d.lgs. 152\06. Essa, tutt’altro che generica ed
indeterminata, contiene, invece, la puntuale indicazione delle singole condotte
poste in essere dagli imputati quale contributo causale alla commissione del
reato ipotizzato e, riguardo alla posizione del ricorrente, in particolare, viene
specificato che lo stesso, come si è già detto in premessa, quale gestore di fatto
della «DDB Ecologia» aveva fornito formale copertura all’illecita attività
dell’ACCARINO mediante la redazione di falsi formulari, volta ad individuare la

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comunque offerto una lettura costituzionalmente orientata della suddetta

DDB come destinataria finale di rifiuti, in realtà conferiti altrove.
Come è noto, lo scopo della contestazione è quello di permettere
all’imputato una difesa adeguata, con la conseguenza che l’imputazione deve
ritenersi completa nei suoi elementi essenziali quando il fatto sia contestato in
modo da consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa (cfr. Sez. 4,
n. 38991 del 10/6/2010, Quaglierini e altri, Rv. 248847).
Nella fattispecie, l’enunciazione del fatto risulta minuziosa, oltre che chiara e
precisa, come richiesto dalla legge e puntuale risulta anche l’indicazione delle

I giudici del gravame, pertanto, a fronte della manifesta e ripetutamente
rilevata infondatezza dell’eccezione, nulla avrebbero dovuto aggiungere a quanto
già rilevato in primo grado.
L’imputato, peraltro, ha compiutamente esercitato le sue difese rispetto
all’imputazione, dando quindi dimostrazione della correttezza dell’imputazione
formulata.

2. Per ciò che concerne, invece, il secondo motivo di ricorso, va ancora una
volta considerato, ai fini della determinazione della competenza territoriale, che
questa doveva essere individuata con riferimento al reato contestato e, cioè, in
relazione al delitto di cui all’art. 260 d.lgs. 152\06, il quale, come già affermato
da questa Corte, si consuma nel luogo in cui avviene la reiterazione delle
condotte illecite, in quanto elemento costitutivo del reato (Sez. 3, n. 29619 del
08/07/2010, Leorati e altri, Rv. 248145; Sez. 3, n. 46705 del 3/11/2009, Caserta,
Rv. 245605).
Il luogo di consumazione del reato suddetto viene individuato,
nell’imputazione, in Fagnano Olona, località rientrante nel circondario del
Tribunale di Busto Arsizio, come correttamente rilevato nell’impugnata decisione.

3. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, che possono essere unitariamente
valutati, risultano articolati in fatto, con richiami a risultanze probatorie del
giudizio di merito rispetto alle quali si prospetta una valutazione alternativa, che
è notoriamente preclusa a questa Corte di legittimità, a fronte di un apparato
motivazionale posto a sostegno della sentenza impugnata che indica nel
dettaglio, senza cedimenti logici o manifeste contraddizioni, gli elementi fattuali
in base ai quali è stata ritenuta la penale responsabilità dell’imputato, tanto sotto
il profilo oggettivo quanto in relazione a quello oggettivo.
Viene infatti richiamata l’attenzione sugli esiti degli accertamenti diretti da
parte del personale di polizia giudiziaria, sulle attività di intercettazione e sulle
dichiarazioni testimoniali assunte nel corso del dibattimento, rilevando anche

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norme di legge che si assumono violate.

come da tali dati emergesse con chiarezza la consapevole partecipazione alle
attività di traffico illecito poste in essere dall’ACCARINO.

4. Quanto al quinto motivo di ricorso, osserva la Corte che lo stesso risulta
genericamente formulato, poiché si limita a contestare le valutazioni della Corte
di appello con riferimento alla determinazione della competenza territoriale,
collegando, in altre parole, il riconosciuto diritto al risarcimento del danno al
luogo del commesso reato indicato nell’imputazione, senza tuttavia specificare

avuto diritto al risarcimento.
Del resto, il soggetto legittimato all’azione civile non è solo il soggetto
passivo del reato (cioè il titolare dell’interesse protetto dalla norma
incriminatrice), ma anche il danneggiato, ossia chiunque abbia riportato un
danno eziologicamente riferibile all’azione od omissione del soggetto attivo del
reato (cfr. Sez. 1, n. 46084 del 21/10/2014, RC. in proc. Galdiero, Rv. 261482) e
tra i soggetti legittimati, nei processi per reati ambientali, figurano anche agli
enti locali territoriali, i quali deducano di avere subito, per effetto della condotta
illecita, un danno diverso da quello ambientale, avente natura anche non
patrimoniale. (Sez. 4, n. 24619 del 27/5/2014, Salute, Rv. 259153).
La sentenza impugnata specifica che le condotte che hanno contribuito alla
consumazione del reato sono state poste in essere in luoghi diversi, tra i quali,
per quanto è dato rilevare dalla motivazione, figurano località ora comprese nel
territorio della provincia di Monza e, antecedentemente alla sua costituzione,
dunque all’epoca dei fatti, ricadenti nel territorio della Provincia di Milano, la
quale avrebbe dunque, secondo la Corte del merito, legittimamente esercitato
l’azione risarcitoria.
Non si rinviene, pertanto, alcuna contraddizione o illogicità nella motivazione
concernente le statuizioni civili.

5. Quanto al ricorso di Roberto DORIA deve osservarsi, con riferimento al
primo motivo di ricorso, che egli sostanzialmente contesta il riconosciuto
concorso nel reato, rilevando di non aver mai effettivamente gestito rifiuti e di
aver predisposto falsi formulari al solo scopo di ricevere un compenso.
La condotta accertata dai giudici di merito ha, al contrario, posto in evidenza
che l’imputato, amministratore di fatto della «Doria Servizi Ambentali», aveva
concorso nell’illecita attività che l’ACCARINO aveva posto in essere nell’ambito di
una bonifica, gonfiandone fittiziamente i costi attraverso la simulazione di viaggi
mai avvenuti, che documentava proprio con i formulari predisposti dal DORIA
medesimo dietro compenso.

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altre ragioni per le quali l’amministrazione provinciale di Milano non avrebbe

Di tali circostanze viene dato compiutamente atto nella sentenza impugnata,
richiamando gli esiti dell’istruzione dibattimentale e, segnatamente, non soltanto
le dichiarazioni rese dallo stesso imputato in sede di interrogatorio, ma anche le
diverse dichiarazioni testimoniali, i cui contenuti vengono opportunamente
richiamati.
La condotta posta in essere, così come compiutamente delineata nei termini
indicati ed accertata in fatto, risulta pacificamente idonea, ad avviso del Collegio,
a configurare il concorso nel reato oggetto di contestazione, il quale richiede,

allestimento preventivo dei mezzi necessari, tra i quali certamente rientra la
apposita predisposizione di documentazione atta ad impedire l’individuazione
della effettiva provenienza di un rifiuto, ovvero a fornire l’apparenza di una
gestione lecita dello stesso.

6. Il secondo motivo di ricorso risulta, invece, chiaramente finalizzato ad
ottenere una valutazione alternativa delle risultanze istruttorie attraverso il
richiamo a contenuti di dichiarazioni testimoniali l’accesso alle quali è precluso a
questa Corte.

7. Quanto al terzo motivo di ricorso, osserva il Collegio che lo stesso pone in
discussione la valutazione che la Corte del merito ha effettuato sulla base della
deposizione di una teste (Rosa MARIN dell’ARPA di Varese) al fine di avvalorare la
tesi dell’assenza di qualsivoglia onere, su di lui incombente, di verificare il
possesso delle necessarie autorizzazioni da parte del produttore del rifiuto.
Tali argomentazioni, tuttavia, risultano inconferenti, poiché, come si è già
detto, la condotta dell’imputato ed il rilevante contributo causale offerto per la
consumazione del reato sono stati chiaramente delineati dalla Corte del merito,
la quale ha posto in evidenza anche la piena consapevolezza del ricorrente circa
le illecite attività dell’ACCARINO ed, inoltre, i giudici del gravame non fondano le
proprie conclusioni esclusivamente sulle dichiarazioni della teste suddetta, ma
indicano, al contrario, una serie di dati fattuali inequivoci.

8. Per ciò che concerne, poi, il quarto motivo di ricorso, il ricorrente richiama
una decisione di questa Corte (Sez. 3, n. 47229 del 6/11/2012, De Pra, non
massimata) nella quale, esaminata la giurisprudenza in tema di individuazione
del significato dell’espressione «ingenti quantitativi», contenuta nell’art. 260
d.lgs. 152\06, si specificava che la stessa non consente una identificazione

a

priori, attraverso riferimenti esclusivi a dati specifici quali, ad esempio, quello
ponderale, dovendosi al contrario basare, come già osservato in alcune tra le

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sotto il profilo oggettivo, una attività di gestione dei rifiuti organizzata con

decisioni dianzi richiamate, su un giudizio complessivo che tenga conto delle
peculiari finalità perseguite dalla norma, della natura del reato e della
pericolosità per la salute e l’ambiente e nell’ambito del quale l’elemento
quantitativo rappresenta solo uno dei parametri di riferimento. Tale verifica, si
aggiungeva, risolvendosi un apprezzamento in fatto rimesso al giudice del
merito, è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione esente da
vizi logici o giuridici.
Tali considerazioni ponevano dunque in evidenza la oggettiva impossibilità di

quantitativo di rifiuti illecitamente gestito possa ritenersi «ingente», rimettendo
al giudice la verifica in concreto nei termini dianzi specificati.
Nel caso di specie risulta che la Corte del merito ha compiutamente
effettuato tale giudizio, ponendo in evidenza, ancorché in maniera sintetica, che
le operazioni illecite poste in essere dall’ACCARRINO in occasione della bonifica
della «Cartiera Fornaci» avevano riguardato, per la parte indicata dal DORIA
stesso nel corso dell’interrogatorio, circa 4.000 tonnellate di rifiuti per circa
250.000 euro di sovrafatturazione.
Tale valutazione risulta del tutto coerente ed adeguata, tenendo conto della
obiettiva quantità di rifiuti trattata (verosimilmente riferita solo ai quantitativi di
rifiuti dei quali il ricorrente aveva conoscenza diretta) ed al ricavo conseguente
dalla illecita gestione, nonché ritenendo tali elementi del tutto sufficiente per
reputare accertato il richiesto requisito dell’ingente quantità.
Quanto alla questione di legittimità costituzionale che il ricorrente solleva, va
invece ricordato che la stessa, come peraltro già affermato nella richiamata
pronuncia, è stata già ritenuta manifestamente infondata (Sez. 3, n. 358 del
20/11/2007 (dep. 2008), Putrone e altro, Rv. 238558).

9. Anche il ricorso di Filippo VICINO non merita accoglimento.
A fronte della puntuale indicazione degli elementi di fatto su cui i giudici del
merito hanno formulato l’affermazione di penale responsabilità, egli si limita a
contestare gli esiti di tale verifica, peraltro in maniera del tutto generica, con
riferimenti ai contenuti delle conversazioni intercettate, che non consentirebbero
di accertare la sua consapevolezza in merito alla falsa predisposizione dei
formulari e sui termini del contratto di subappalto stipulato con l’ACCARINO.
Si tratta, come è evidente, di argomenti che non possono avere ingresso in
questa sede.

10.

I ricorsi devono pertanto essere rigettati, con le consequenziali

statuizioni indicate in dispositivo.

7

stabilire preventivamente ed in astratto un valore assoluto, superato il quale il

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del
procedimento, nonché alla rifusione, in favore della parte civile Provincia di
Novara, delle spese sostenute nel grado, che liquida in complessivi euro 2.965,00

Così deciso in data 14.5.2015

oltre ad accessori di legge e spese generali.

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