Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26175 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26175 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ANGELO SAMUELE N. IL 02/10/1986
avverso la sentenza n. 161/2014 CORTE APPELLO di MESSINA, del
06/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

„e

Pet:Q~,

Data Udienza: 13/05/2015

RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Messina, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente D’ANGELO SAMUELE, con sentenza del 6.10.2014, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Messina sezione distaccata di Taormina, emessa
in data 3.4.2013, dichiarava non doversi procedere in ordine ai reati ascritti ai
capi a) e c) perché estinti per prescrizione e, concesse le attenuanti generiche,
rideterminava la pena per i reati di cui ai capi b) e d) in mesi 10 di reclusione,
confermava nel resto.

D’angelo Samuele responsabile dei seguenti reati:
a)

del reato p, e p. dagli artt. 10, 44, I comma lett. a) del D.P.R.

6.6.2001 n. 380 per aver eseguito lavori di costruzione di un chiosco smontabile
in legno largh. ml . 3,80 x 7,30 lungh. (autorizzato ml. 3,30 x 6,95; locale servizi
composto da due vani (infermeria e bagno) largh. 3,70 x 5,80 lungh. (autorizzato 1,50 x 6,00), in località Villagonia, in parziale difformità rispetto al permesso
di costruire; Taormina 29.7.2008;
b) del reato p. e p. dagli artt. 10, 44, I comma lett. b) del D.P.R.
6.6.2001 n. 380 per aver realizzato una struttura con tubolari in ferro, chiusura
in alluminio e vetro e copertura isolpak (adibita a cucina) avente largh. ml . 3,70
x 3,80 largh.; una tettoia aperta con tubolari in ferro e copertura in isolpak
avente largh. ml . 3,80 x 7,80, in località Villagonia in assenza di permesso di costruire; Taormina 11.6.2009;
c) del reato p. e p. dagli artt. 93, 94 e 95 del D.P.R. n. 380/2001 per avere eseguito in zona dichiarata sismica, località Villagonia, le opere descritte ai
capi a) e b) senza darne preavviso scritto all’Ufficio G.C. competente, senza la
preventiva autorizzazione scritta del competente Ufficio Tecnico Regionale;
Taormina 29.7.2008 e 11.6.2009;
d) Reato p. e p. dall’art. 181 comma 10 bis del d.lgs n. 42/2004 per avere
eseguito le opere di cui ai capi a) e b) in zona sottoposta a vincolo ambientale
senza aver chiesto e ottenuto il prescritto nullaosta della Soprintendenza
BB.CC.AA. di Messina;Taormina 29.7.2008 e 11.6.2009.
In primo grado l’imputato veniva condannato, ritenuta la continuazione,
alla pena di anni 1 e mesi 1 di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena e la demolizione delle opere abusive. Veniva altresì assolto
perché il fatto non sussiste dal reato di cui agli artt. 54 e 1161 Cod. Nav. originariamente contestatogli al capo e).

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a
mezzo del proprio difensore di fiducia, D’Angelo Samuele, che in data 28.4.2015
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Il Tribunale di Messina, sezione distaccata di Taormina, dichiarava

depositava memoria difensiva con motivi nuovi, deducendo i motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. Erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. b) cod. proc. pen.)
con riferimento agli artt. 10, 44 co. 1 lett. b) DPR 380/01 nella parte in cui è stato ritenuto necessario il permesso di costruire e non la autorizzazione edilizia ex
art. 5 L.R. n.37/85.
Il ricorrente deduce l’inesatta qualificazione della tipologia di opere realizza-

In sostanza si sarebbe trattato di un’opera precaria realizzata con tubolari in
ferro e chiusura in alluminio.
La stessa sentenza avrebbe contraddittoriamente ritenuto l’applicazione della diversa disciplina per una tettoia aperta con tubolari in ferro e copertura isopak, ritenuta precaria.
In realtà, entrambe le strutture sarebbero precarie, in quanto l’esistenza di
una chiusura in alluminio sarebbe stata finalizzata al solo riparo dagli agenti atmosferici.
Anche il Comune di Taormina, all’atto della concessione della autorizzazione
edilizia, qualificava altre strutture simili come precarie.
Inoltre la legislazione regionale prevedrebbe la possibilità di realizzare opere
relative a stabilimenti balneari ricadenti sul demanio, aventi durata limitata alla
concessione demaniale.
Tra tali opere, pur non rientrando quelle con carattere di stagionalità, che richiederebbero la necessità della concessione per l’utilizzo ripetibile, rientrebbero
invece quelle con carattere di accessorietà e pertinenzialità rispetto ad impianti
esistenti, come nel caso di specie.
Pertanto alla fattispecie andrebbe applicata la normativa regionale di cui alla
L.R. 37/85, che prevede l’esclusiva sanzione amministrativa.
Nei motivi aggiunti il ricorrente aggiunge la considerazione che la precarietà
dell’opera impedisce di integrare un apprezzabile livello di offensività del reato.
Le opere, per la loro natura precaria, non comporterebbero effetti permanenti definitivi sull’assetto del territorio tali da giustificare il preventivo rilascio
del permesso di costruire.
Rileva, infine, l’avvenuta prescrizione del reato di cui al capo b) in data
2.3.2015.
b. Erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. b) cod. proc. pen.)
con riferimento all’art. 181 co. 1 bis D.L.vo 42/04.
Il ricorrente deduce l’insussistenza della violazione della normativa a tutela
del paesaggio e il sopravvenuto accertamento di compatibilità ambientale.

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te e l’erronea applicazione della normativa prevista dall’art. 10 DPR 380/01.

La Corte di appello avrebbe respinto la tesi del verificarsi della causa estintiva del reato, sull’erroneo presupposto che le opere rientrassero nella disciplina
prevista dall’art. 181 co. 1 bis, perché site in zona vincolata di notevole interesse
pubblico.
In realtà sostiene il ricorrente che non vi sarebbe un provvedimento di apposizione del vincolo alla zona in questione.
L’unico provvedimento emanato sarebbe il D.P.R.S. 6561/1967 con il quale
veniva vincolato l’intero territorio comunale di Taormina con espressa esclusione

L’area demaniale non sarebbe quindi sottoposta al vincolo di notevole interesse pubblico con conseguente applicabilità del comma 1 dell’art. 181 e di conseguenza dell’art. 167 D.Lgs. 42/04 in luogo del comma 1 bis dell’art. 181.
L’esclusione della zona dall’area di notevole interesse pubblico sarebbe stat
confermata dalla Sovraintendenza per i Beni Culturali di Messina.
La fattispecie costituirebbe semplice contravvenzione, con conseguente
estinzione del reato per l’avvenuta verifica di compatibilità ambientale.
Detta riqualificazione del reato avrebbe comportato il maturarsi della prescrizione per la data del 2.3.2015
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente inammissibile, in quanto il ricorrente, non
senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, si
è nella sostanza limitato a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello e
da quei giudici puntualmente esaminate e disattese con motivazione del tutto
coerente e adeguata che il ricorrente non ha in alcun modo sottoposto ad autonoma e argomentata confutazione.

2. E’ ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema
Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato
su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate
dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua
genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità
della impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo
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delle aree del demanio, dove si trovano le opere.


non mass.; conf. sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, rv. 255568; sez.
4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo, rv. 253849; sez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo
Piccolo, rv. 240109; sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, rv. 236945;
sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, rv. 230634; sez. 4, n. 15497 del
22.2.2002, Palma, rv. 221693).
Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valu-

delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore
logico o giuridico determinato (sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, Cariolo e altri, rv.
260608).

3. Ancorché con motivazione alquanto sintetica – cui fanno tuttavia riscontro dei motivi di appello decisamente generici (cfr. atto di appello del 24.9.2013
in atti)- la Corte territoriale ribadisce, quanto ai reati per cui non risultava maturata la prescrizione, la sussistenza dei presupposti che avevano portato il giudice
di prime cure a ritenere la penale responsabilità dell’imputato.
Quanto al reato contravvenzionale di cui al capo b) viene rilevata
l’avvenuta realizzazione di opere con tubolari in ferro e chiusura in alluminio, con
l’utilizzo della struttura muraria preesistente, con cui si è realizzata una vera e
propria cucina, volume nuovo, agibile e non precario, come potrebbe essere invece la tettoia aperta contestata allo stesso capo.
Quanto alla violazione di cui al capo d) la Corte territoriale ha già risposto,
con motivazione congrua e logica, richiamando correttamente il dictum di questa
sez. 3 n. 33542/2012 e l’esistenza del vincolo specifico sull’intero territorio del
Comune di Taormina, presupposto della fattispecie di cui all’art. 181 co.lbis Dig.
42/2004.

4. Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che i reati di cui ai capi b)
e d) (accertati 1’11.6.2009 il primo e il 29.7.2008 e 1’11.6.2009 il secondo) non
fossero prescritti.
Ed invero, ai fini del computo della prescrizione va tenuto conto di un periodo di sospensione complessivo pari a mesi 5 e gg. 20 (650gg per il rinvio per
legittimo impedimento del difensore del 13.6.2012 e 3 mesi e 20gg per il rinvio
su istanza del difensore per la discussione all’udienza del 14.12.2013).
Il 6.10.2014, all’atto della pronuncia della sentenza di appello, nessuno dei
reati in questione era prescritto.

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tazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità

Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della
prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito
che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità
a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (Cass. pen., Sez. un., 22 novembre 2000,

successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. un., 2
marzo 2005, n. 23428, Bracale, rv. 231164, e Sez. un., 28 febbraio 2008, n.
19601, Niccoli, rv. 239400; in ultimo Cass. pen. Sez. 2, n. 28848 dell’8.5.2013,
rv. 256463).

5. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento
della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 13 maggio 2015
Il onsigliere

ensore

n. 32, De Luca, rv. 217266: nella specie la prescrizione del reato era maturata

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