Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26174 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26174 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIANA ELIGIO N. IL 25/01/1963
avverso la sentenza n. 2448/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del
22/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ,e

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Data Udienza: 13/05/2015

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RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Torino, pronunciando nei confronti dell’odierno
ricorrente PIANA ELIGIO, con sentenza del 22.10.2014, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Verbania, emessa in data 20.12.2013, dichiarava non
doversi procedere in ordine al reato di cui al capo b) limitatamente alla violazione relativa all’anno d’imposta 2005 per intervenuta prescrizione e rideterminava
la pena per i residui reati ad anni 1 e mesi 1 di reclusione, confermava nel resto.
Il Tribunale di Verbania dichiarava Piana Eligio responsabile dei seguenti

a) del reato p. e p. dall’art. 110 cp„ 2 co, 1 e 3 Divo 74/2000, perché in
concorso fra loro, PIANA Eligio quale Amministratore Unico e socio di ALMA FIN
S.r.l. (già ALMA IMMOBILIARE) con sede a Omegna e MOREA Daniele quale socio
e co-amministratore di fatto, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore
aggiunto, avvalendosi di fattura per operazione oggettivamente inesistente sotto
indicata, indicavano nella dichiarazione annuale relativa all’anno di imposta 2007
elementi passivi fittizi per imponibili C 63.000,00, importo inferiore a€
154.937,07; in Omegna il 25.9.2008
b) del reato p. e p. dall’art. 81 cpv. e 110 c.p., 4 D.L.vo n. 74/2000 perché, in concorso fra loro, PIANA Eligio quale Amministratore Unico e socio di ALMA FIN S.r.l. (già ALMA IMMOBILIARE) con sede a Omegna e MOREA Daniele
quale socio e co-amministratore di fatto, al fine di evadere le imposte sui redditi,
indicavano nella dichiarazione annuale relativa a detta imposta, per l’anno d’imposta 2005 elementi attivi per un ammontare pari a C 425.932,00 inferiore a
quello effettivo pari a complessivamente C 870.069,35 (elementi di reddito sottratti all’imposizione per C 444.137,35 derivanti da accrediti non giustificati e
non dichiarati sui conti correnti societari) con imposta evasa di £ 146.565,33
(superiore al 10% dell’ammontare degli elementi attivi indicati in dichiarazione)
per l’anno d’imposta 2006 elementi attivi per un ammontare pari a C 172.667,00
inferiore a quello effettivo pari a complessivamente C 500.476,60 (elementi di
reddito sottratti all’Imposizione per C 327.809,60 derivanti da accrediti non giustificati e non dichiarati sui conti correnti societari) con imposta evasa di C
108.177,17 (superiore al 10% dell’ammontare degli elementi attivi indicati in dichiarazione) art. 99 c.p. con la recidiva specifica per MOREA Commesso in Omegna il 20.10.2006 ed il 5.9.2007
L’imputato, veniva condannato in primo grado, concesse le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, alla pena di anni uno e mesi due di reclusione, nonché al pagamento delle spese processuali; con interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche per anni 1 e mesi 2, incapacità a contrarre con le
P.A. per anni 1 e mesi 2, interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assisten-

reati:

za tributaria per anni 1 e mesi 2, interdizione perpetua dall’ufficio di componente
di commissione tributaria, interdizione dai pubblici uffici per anni 1 e mesi 2 e
con ordine di pubblicazione della sentenza per estratto sul sito internet del Ministero a spese del condannato per giorni 15.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a
mezzo del proprio difensore di fiducia, Piana Eligio, deducendo l’unico motivo di
seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come di-

• Inosservanza o erronea applicazione delle norme processuali stabilite a
pena di nullità, inutìlizzabilità, inammissibilità o decadenza ex art. 606 lett. c
cod. proc. pen.
Il ricorrente deduce di aver rilevato in sede di appello l’improcedibilità
dell’azione penale ex art. 649 cod. proc. pen., in quanto l’imputato sarebbe stato
sottoposto a procedimento penale per gli stessi fatti innanzi il Tribunale di Verbania nel procedimento n. 1108/2005 R.G.N.R., definitosi con sentenza n.
585/13 del 22.7.2013, per il quale pende appello.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il proposto ricorso è inammissibile.

2. Ed invero, la questione è già stata proposta nei gradi di merito e alla
stessa è stata fornita una risposta congrua, in ultimo, con la sentenza impugnata.
Sul punto la Corte di Appello ricorda che il primo giudice aveva respinto la
richiesta, rilevando che, pur riguardando i procedimenti i medesimi soggetti, le
indagini erano relative a episodi criminosi diversi; inoltre, nei confronti dell’imputato non era stata emessa, al momento del primo giudizio, alcuna pronuncia nel
diverso procedimento e, dunque, non sarebbero stati a tale data integrati i presupposti dell’art. 649 c.p.p.
La questione veniva nuovamente proposta con l’appello, senza che fossero
prodotti documenti che potessero consentire di affermare l’identità dell’oggetto
dei due procedimenti asseritamene pendenti a carico del medesimo imputato.
Peraltro, la Corte torinese rileva che il difensore aveva fatto pervenire in
data 21.10.2014, giorno antecedente all’udienza, istanza di differimento del giudizio di appello per consentire la produzione della sentenza emessa dal Tribunale
di Verbania in data 22.7.2013 e depositatala il 20.9.2013. All’udienza del

3

sposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:

22.10.2014, tuttavia, il difensore compariva, senza addurre alcun legittimo impedimento, per cui la Corte, riservata la decisione sulla richiesta di rinvio, la rigettava rilevando come dalla notifica del decreto di appello il difensore aveva
ben avuto il tempo di richiedere copia di una sentenza depositata nel settembre
del 2013.
Ebbene, la Corte territoriale, con motivazione logica e congrua, non ha potuto che prendere atto che non emergeva alcun elemento per ritenere che l’indicata sentenza avesse riguardo agli stessi fatti di cui al presente giudizio.

riportarsi, sul punto, alle valutazioni operate dal Tribunale di Verbania, che aveva
comparato la notizia di reato relativa all’altro procedimento con i delitti attualmente contestati, pur parzialmente afferenti agli stessi soggetti, rilevando che i
reati oggi sottoposti a giudizio sono diversi ed ulteriori rispetti a quelli del procedimento avente n. 1108/2005 NR, di gran lunga antecedente all’attuale (n.
22/12 NR).
Mancando indicazioni specifiche in ordine alla sussistenza di una pronuncia
preclusiva o, comunque all’esistenza di un procedimento potenzialmente integrante la condizione di cui all’art. 649 c.p.p. (così il richiamato arres ro di questa
Corte di cui alla sentenza 31512/2002), la Corte territoriale non ha potuto che
disattendere la richiesta del difensore.
Quest’ultima viene reiterata in questa sede, ma, ancora una volta, il difensore non produce la sentenza rispetto alla quale chiede riconoscersi il precedente
giudicato.
Ne consegue l’aspecíficità della richiesta, carente evidentemente anche sotto
il profilo dell’autosufficienza del ricorso (cfr. sez. 2 sent. 677/2015) e la conseguente inammissibilità dell’impugnazione.

3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso in Roma il 13 maggio 2015
Il

sigliere este ore

Il Presidente

In assenza di un quid novi i giudici torinesi non hanno potuto far altro che

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