Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2617 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2617 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI BIANCO LUIGI N. IL 24/03/1968
avverso la sentenza n. 755/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
02/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/1 1/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
ado

Udito, per la parte civile, l’Avv

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Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 06/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1- Con sentenza 2.7.2012, la Corte d’Appello di Salerno, riformando la
pronuncia assolutoria di primo grado, ha dichiarato Di Bianco Luigi colpevole di
tentata frode in commercio (artt. 56, 515 517 bis e 99 cp) per avere posto in vendita
in diversi supermercati SISA di Salerno confezioni di prosciutto affettato con la
dicitura

“Branchi Prosciutto di San Daniele”

e “Branchi Prosciutto di Parma”

contenenti prosciutto diverso da quello DOP San Daniele e Parma.

conservazione (in vaschette contenenti il marchio Sisa, previo affettamento nei
laboratori dei Supermercati) faceva venir meno l’indispensabile requisito della
tracciabilità, sicché il prodotto, ormai privo delle caratteristiche di prosciutto DOP,.
itra da considerarsi diverso, proprio perché privato dell’ultima fase della lavorazione
(affettamento e incarto), espressamente prevista dal Disciplinare (art. 25 DM
15.2.1993 n. 253) secondo cui appunto le caratteristiche di particolare pregio vanno
mantenute sino al consumo finale.

2. Per l’annullamento della sentenza, l’imputato – tramite il difensore -ha
proposto ricorso per cassazione deducendo la mancanza di motivazione sull’elemento
psicologico del reato osservando che la Corte d’Appello non ha proprio affrontato il
tema del dolo, ricavando, invece, una sorta di responsabilità oggettiva in violazione
dell’art. 43 cp.
Le parte civile Consorzio del Prosciutto di Parma ha depositato una memoria
difensiva insistendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la consegna di un diverso
tipo di prosciutto integra il delitto previsto dagli artt. 515 e 517 bis cod. pen., in
quanto la disposizione codicistica ha come oggetto la tutela del leale esercizio del
commercio e conseguentemente l’interesse del consumatore a non ricevere una cosa
diversa da quella richiesta, così come quello del produttore a non vedere i propri
prodotti scambiati surrettiziamente con prodotti diversi (Sez. 3, Sentenza n. 4351 del
04/12/2003 Ud. dep. 05/02/2004 Rv. 227560).
Si è altresì affermato in giurisprudenza che ad integrare il reato di cui all’art.
515 cp non è necessario uno speciale atteggiamento del venditore ne’ l’uso da parte
di questi di manipolazioni, raggiri o sotterfugi, ed il delitto, che richiede il dolo
generico, sussiste anche quando il compratore avrebbe ben potuto accorgersi della
diversità della merce consegnatagli rispetto a quella da lui richiesta (Sez. 3,
Sentenza n. 23819 del 30/04/2009 Cc. dep. 09/06/2009 Rv. 244024 in motivazione;
Cass. Sez. 6, 26/4/1974 n. 9381, Medaglia; Sez. 6, Sentenza n. 6436 del

2

La Corte di merito ha motivato la decisione osservando che le modalità di

13/11/1974 Ud. dep. 13/06/1975 Rv. 130234; conf. Sez. 5, sent. n. 1263/1967, La
Marca).
Nel caso di specie, appare allora ininfluente la dedotta impossibilità per
l’acquirente di essere tratto in inganno per effetto della assenza, sulle confezioni,
rispettivamente della Corona Ducale (che contraddistingue il Prosciutto DOP di
Parma) e del Logo San Daniele (che distingue a sua volta l’omonimo prodotto DOP) e
della presenza, invece, dell’indicazione della ditta produttrice (Branchi).

supermercati recavano, accanto all’indicazione del nome della ditta di provenienza,
anche l’utilizzazione delle due denominazioni protette

“Prosciutto di Parma” e

“Prosciutto San Daniele”, individuanti caratteristiche di qualità affatto possedute o
comunque irrimediabilmente perdute dal prodotto. Ha quindi evidenziato il dato
oggettivo rappresentato dalla avvenuta lavorazione al di fuori delle condizioni del
Disciplinare DOP, rilevando l’interruzione di una importante fase della catena di
lavorazione, quella finale rappresentata dall’affettamento ed incarto, fase ritenuta
necessaria sia per la tracciabilità sia per il mantenimento delle caratteristiche di
particolare pregio del prosciutto, che deve permanere fino al momento del consumo
finale.
Il percorso argomentativo si presenta giuridicamente in linea con le
prescrizioni del Disciplinare che regola appunto le varie fasi di lavorazione del
prodotto, tra cui quella dell’affettamento, che deve avvenire presso laboratori situati
nella zona tipica, attrezzati in modo specifico e preventivamente riconosciuti
dall’organismo abilitato (art. 25). Esso è altresì conforme alla giurisprudenza della
Corte di Giustizia delle Comunità Europee secondo cui il fatto di subordinare l’uso
della denominazione di origine protetta

Prosciutto di Parma

per il prosciutto

commercializzato a fette alla condizione che le operazioni di affettamento e
confezionamento siano eseguite nella zona di produzione può essere compatibile con
la disposizione dell’art. 29 CE come interpretata dalla Corte (cfr. sentenza del
20.5.2003 proced. C-108/01 in causa Consorzio del Consorzio Prosciutto di
Parma/Asda Stores Ltd).
La motivazione inoltre è esauriente e logicamente coerente in ordine alla
individuazione dell’elemento psicologico del reato, perché la condotta, così come
descritta, rivela senza dubbio proprio quella consapevolezza di consegnare al
consumatore una cosa diversa da quella che le denominazioni “Prosciutto di Parma” e
“Prosci)
(utto di San Daniele” tendono invece a rappresentare (cioè un prodotto di
pregio sottoposto a rigorose fasi di lavorazione che ne garantiscono il particolare
sapore, colore e struttura organolettica).

3

La Corte d’Appello ha invece accertato che le vaschette rinvenute nei

Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e di quelle sostenute dalle parti civili che si liquidano come in
dispositivo tenuto contro della rispettiva attività difensiva svolta.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di
quelle sostenute dalle parti civili nel grado, liquidate, per il Consorzio del Prosciutto
di Parma in C. 3.500,00 e per il Consorzio del Prosciutto di San Daniele in C.

Così deciso in Roma, il 6.11.2013.

2.500,00, oltre accessori di legge.

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