Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26169 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26169 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ESPOSITO SALVATORE N. IL 15/03/1975
avverso la sentenza n. 1273/2013 CORTE APPELLO di SALERNO, del
07/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. RDizeo
che ha concluso per _e n0~92Ltga’\eare CejaQ

9.6~

Udito, r la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 13/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Salerno, pronunciando nei confronti dell’odierno
ricorrente ESPOSrTO SALVATORE, con sentenza del 7.2.2014, confermava la
sentenza con cui il Tribunale di Salerno, in data 24.9.2012, aveva dichiarato lo
stesso responsabile del reato previsto e punito dagli artt. 81 cpv. cod. pen. e 2
comma 1 D.L. 463/83 conv. Con mod. in L. 638/83, per avere in tempi diversi e
con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso omesso di versare le
ritenute previdenziali ed assistenziali, operate sulle retribuzioni erogate ai lavo-

fino al 16.9.2007.
L’imputato, veniva condannato in primo grado, riconosciutegli le circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis cod. pen. e ritenuta la continuazione tra i
reati, alla pena di mesi 1 di reclusione ed C 330 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a
mezzo del difensore di ufficio, Esposito Salvatore, deducendo l’unico motivo di
seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
• Inosservanza o erronea applicazione della legge penale (art. 606 comma 1
lett. b cod. proc. pen.), ovvero mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione (art. 606 comma 1 lett. e cod. proc. pen.).
Il ricorrente deduce che la notifica dell’avviso di accertamento delle violazioni, da parte dell’Inps di Salerno, sarebbe avvenuta a persona diversa, comunque
non identificabile con l’imputato.
Pertanto, il ricorrente non sarebbe stato messo in condizione di usufruire
della causa di non punibilità prevista dall’art. 2, comma 1 bis D.L. 463/83.
La Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto ascrivibile alla condizione
di irreperibile la perdita della possibilità di usufruire della causa di non punibilità.
Detto convincimento risulterebbe errato, in primo luogo, perché l’imputato,
al tempo della notifica dell’accertamento delle violazioni da parte dell’Inps, era
certamente reperibile al proprio indirizzo e, in secondo luogo, perché, a causa
dell’emissione del decreto di irreperibilità, emesso dal GIP il 21.2.2010, il giudice
monocratico o la corte di appello avrebbero dovuto provvedere a notificare un
nuovo e valido decreto di citazione in giudizio, contenente gli elementi essenziali
dell’avviso di accertamento delle violazioni, all’imputato e, in caso di irreperibilità
dello stesso, al suo difensore di ufficio.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

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ratori dipendenti da giugno ad agosto 2007 per un totale di C 347,00; in Salerno

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il motivo di cui detto in premessa è manifestamente infondato e pertanto il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.

2. Si legge nella sentenza di primo grado (pag.4) e si evince dagli atti che
la raccomandata, relativa alla diffida dell’Inps, è tornata al mittente per compiuta
giacenza a causa del mancato ritiro del plico da parte del destinatario.
Sul punto va rilevato che, per giurisprudenza conforme di questa Corte di

stenziali, la comunicazione della contestazione dell’accertamento della violazione
non necessita di formalità particolari, potendo essere effettuata, indifferentemente, mediante un verbale di contestazione o una lettera raccomandata ovvero
ancora per mezzo di una notificazione giudiziaria e ad opera sia di funzionari
dell’istituto previdenziale sia di ufficiali di polizia giudiziaria (cfr. ex plurimis sez.
3 n. 2589 del 7.10.2013 dep. 22.1.2014, rv. 258373; conf. sez. 3, n. 45304 del
16.10.2013, Di Martino, rv. 257688).
Tuttavia circa il fatto che la notifica a mezzo raccomandata per compiuta
giacenza sia in tal senso perfettamente idonea a produrre i suoi effetti vi è contrasto in seno a questa Corte regolatrice.
Un orientamento che pare prevalente afferma che, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, non essendo necessarie particolari formalità per la notifica dell’accertamento, la conoscenza della contestazione da parte del contravventore può legittimamente presumersi anche in caso
di notificazione dell’atto effettuata in forma legale mediante raccomandata con
ricevuta di ritorno, perfezionatasi per “compiuta giacenza” (così sez. 3, n. 52026
del 21.10.2014, Volpe Pasini, rv. 261287; conf. sent. 970/2015, non massimata). Nello stesso senso è stato ritenuto che, in tema di omesso versamento delle
ritenute previdenziali e assistenziali, ai fini della causa di non punibilità del pagamento tempestivo di quanto dovuto, la notifica dell’avviso di accertamento
presso la sede sociale può avvenire anche a mezzo del servizio postale e si perfeziona per il notificante nel momento in cui il piego è depositato presso l’ufficio
postale e per il destinatario nel momento in cui il medesimo piego sia dallo stesso ritirato ovvero con il decorso della compiuta giacenza qualora la raccomandata non gli venga consegnata per l’assenza sua o di altra persona abilitata a riceverla (sez. 3, n. 45451 del 18.7.2014, Cardaci, rv. 260747)In senso contrario, tuttavia, si è anche affermato che tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, ai fini della causa di non punibilità del pagamento tempestivo di quanto dovuto, la notifica dell’avviso di accertamento presso la sede sociale, effettuata a mezzo del servizio postale non
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legittimità, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assi-

può ritenersi valida allorquando la stessa sia stata restituita al mittente per compiuta giacenza (sez. 3, n. 43308 del 15.7.2014, Parello, rv. 260746

3. Ritiene, tuttavia, il Collegio che nel caso che ci occupa non sia rilevante
prendere posizione a favore dell’una o dell’altra opzione ermeneutica.
Come logicamente e condivisibilmente evidenziato in motivazione dai giudici
del merito, infatti, la compiuta giacenza del piego raccomandato risulta corroborata dall’accertata irreperibilità dell’imputato.

di secondo grado- che è tornata al mittente non solo la raccomandata dell’INPS,
ma anche tutte le successive comunicazioni e notifiche, tanto che nel corso delle
indagini preliminari è stata dichiarata la sua irreperibilità.
L’affermazione che viene operata anche nel ricorso a questa Corte, secondo
cui l’irreperibilità sarebbe stata successiva alla notifica dell’avviso di accertamento, rimane allo stadio di mera enunciazione ed è smentita dal mancato ritiro del
piego raccomandato presso l’ufficio postale.
Orbene, con motivazione logica e congrua il giudice del merito dà atto,
dunque, che proprio l’accertata irreperibilità dell’imputato consente di interpretare retrospettivamente la mancata consegna della diffida dell’Inps come discendente dalla volontaria determinazione dell’Esposito di far perdere le proprie tracce e di far divenire, con tale scelta, impossibile la consegna a lui di qualsiasi atto
o documento, sia di ordine processuale che extraprocessuale.
Tale dato è stato correttamente ritenuto correlato con l’interpretazione da
ultimo data da questa Suprema Corte all’adempimento tardivo contemplato dal
subprocedimento di cui al comma 1 bis dell’art. 2 cit.; orientamento a mente del
quale il pagamento nel termine di tre mesi non costituisce una condizione di procedibilità, ma una semplice causa di non punibilità (cfr, ex plurismis, sez. 3, n.
4723 del 12.12.2007 dep. il 30.1.2008, Passante, rv. 238795). Da ciò, con motivazione logica, è stato fatto discendere che, in ogni circostanza in cui la consegna della comunicazione contenente l’avviso della possibilità di beneficiare della
predetta causa di non punibilità divenga impossibile per un fatto imputabile in
via esclusiva alla condotta volontaria e consapevole dell’imputato, non ascrivibile
all’ente previdenziale e non superabile neppure mediante un’attività surrogatoria
dell’autorità giudiziaria, il procedimento non può per tale motivo arrestarsi o conoscere non previste fasi di stasi — con il correlativo decorso dei termini prescrizionali — ma può e deve legittimamente proseguire fino alla sua conclusione naturale per l’accertamento del fatto di reato già consumatosi, con l’obliteratone
della (oramai inattuabile) fase subprocedimentale di cui al comma 1 bis cit.

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Rileva il giudice di primo grado – richiamato per relationem nella sentenza

La sopravvenuta ed accertata impossibilità di operare, per fatto imputabile
all’imprenditore inadempiente, la comunicazione costituente il presupposto del
sub-procedimento in parola è stata pertanto correttamente ritenuta equivalente,
ìn sostanza, all’avvenuta comunicazione ed all’infruttuoso decorso del termine di
tre mesi, poiché, analogamente a quanto accade nel caso in cui la comunicazione
venga ricevuta e non si provveda nei termini al pagamento, la condotta di volontaria sottrazione ai propri doveri imprenditoriali descritta in precedenza, attesta
di fatto, ma, nondimeno, in modo inequivocabile, il disinteresse dell’imputato ri-

volontà di omettere il versamento delle quote a carico.
Tale motivazione fornita dal giudice di primo grado, peraltro, non è stata
sottoposta a specifica confutazione né in sede di appello e nemmeno nell’odierno
ricorso, essendosi in entrambi i casi il ricorrente limitatosi a riproporre la medesima questione del mancato avviso e di vizi procedurali nella vocatio in ius che
dall’esame degli atti non paiono sussistenti.

4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna delle
parti ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 13 maggio 2015
Il

sigliere Estensore

Il Presidente

spetto alla fruizione della causa di non punibilità in esame e la sua persistente

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