Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26167 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26167 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Berlingieri Renato, nato a Catanzaro il 27/3/1975

avverso la sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Catanzaro in data
15/5/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Paolo Canevelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15/5/2014, la Corte di appello di Catanzaro confermava
la pronuncia emessa il 23/3/2010 dal Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Lamezia Terme, con la quale Renato Berlingieri era stato
condannato alla pena di un anno di reclusone e 10.000 euro di multa; allo stesso
era ascritta la violazione degli artt. 6, lett. d), I. 30 dicembre 2008, n. 210 e 256,
d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152, per aver effettuato attività di trasporto di rifiuti,
pericolosi e non, in mancanza delle autorizzazioni, iscrizioni e/o comunicazioni

Data Udienza: 13/05/2015

previste dalla normativa, in territorio (Regione Calabria) nel quale vigeva lo stato
di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti.
2. Propone ricorso per cassazione il Berlingieri, a mezzo del proprio
difensore, deducendo due motivi:
– violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in
relazione all’art. 25 Cost.. La Corte di appello, e prima il G.i.p., avrebbero
disatteso la questione sollevata dal ricorrente in ordine al D.P.C.M. 18/12/2008,
che ha applicato alla Regione Calabria la cd. “legge Campania”, con conseguente

quel che, però, non sarebbe consentito, con violazione dell’art. 25, comma 2,
Cost., atteso che la mancata emanazione di una legge

ad hoc impedirebbe

l’inasprimento dei termini edittali;
– violazione dell’art. 256, comma 3, d. Igs. n. 152 del 2006, in rapporto agli
artt. 62, n. 4 e 133 cod. pen. La gran parte della merce sequestrata non
corrisponderebbe a rifiuti pericolosi, sì che il valore della stessa risulterebbe
tenue; di ciò la Corte non avrebbe tenuto conto, con ogni conseguenza in termini
di pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Premesso il carattere pacifico della condotta contestata, occorre rilevare che
la speciale disciplina sanzionatoria di cui all’art. 6, d.l. 6 novembre 2008, n. 172
(convertito, con modificazioni, nella I. 30 dicembre 2008, n. 210), introdotta per
i territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei
rifiuti, dichiarato ai sensi della I. 24 febbraio 1992, n. 225, trova applicazione
anche nella Regione Calabria a seguito dell’emanazione del d.P.C.M. 18 dicembre
2008 (Sez. 3, n. 16026 del 12/1/2011, Naccarato, Rv. 250136); ne consegue come correttamente affermato dalla Corte di appello – che l’attività di trasporto
di rifiuti in assenza di autorizzazioni, iscrizioni e/o comunicazioni, se svolta in
Calabria, integra il delitto previsto dall’art. 6 cit., e non il reato contravvenzionale
di cui all’art. 256, comma 1, d. Igs. n. 152 del 2006 (Sez. 3, n. 1406 del
15/12/2011, Bevilacqua, Rv. 251647).
Al riguardo, peraltro, il Collegio ribadisce che «il citato decreto presidenziale
ha dichiarato lo stato di emergenza per la Regione Calabria, senza tuttavia
estendere a tale territorio le ipotesi di reato previste per la Regione Campania, e
basandosi sui poteri riconosciuti dalla I. n. 225 del 1992»; ne consegue che lo
stato di emergenza va considerato «quale presupposto di fatto integrante il
precetto penale» (Sez. 3, n. 16026, cit.).

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trasformazione delle contravvenzioni in esame in delitti, e raddoppio delle pene;

Pertanto, deve esser esclusa la violazione della riserva di legge di cui all’art.
25, comma 2, Cost., contestata nel presente ricorso; come peraltro affermato
proprio dalla Corte costituzionale (sentenza n. 83 del 10/3/2010), la quale
sostenuto che «le norme censurate non appartengono alla categoria delle
cosiddette “norme penali in bianco” (che pure, a certe condizioni, questa Corte
ha dichiarato costituzionalmente ammissibili: ex plurimis, sentenze n. 21 del
2009, n. 292 del 2002, n. 333 del 1991, n. 282 del 1990), in quanto in esse la
fattispecie criminosa è compiutamente descritta e le pene sono specificamente

governativa, è solo una condizione di fatto per l’applicabilità delle norme
medesime, che non integra in alcun modo il contenuto del precetto penale,
fissato nella legge, in sé e per sé completo ed autosufficiente. Peraltro, la stessa
dichiarazione dello stato di emergenza può avvenire solo in presenza dei
presupposti legislativamente previsti, costituiti dagli eventi di cui all’art. 2,
lettera c), della legge n. 225 del 1992, nei limiti e con le modalità specificati
dall’art. 5, comma 1, della stessa legge. L’atto amministrativo a carattere
generale, che funge da presupposto per l’applicabilità delle sanzioni penali
previste dalle norme censurate, è pertanto esso stesso suscettibile di
valutazione, sotto il profilo della legittimità, da parte dei giudici ordinari e di
quelli amministrativi, nell’ambito delle rispettive competenze. Non si riscontra
quindi la possibilità di decisioni governative illegittime, da cui deriverebbero
indirettamente le conseguenze penali previste dalle norme oggetto della
presente questione, senza che sia esperibile alcun controllo di legalità».
4. Parimenti infondato, poi, risulta il secondo punto di gravame.
Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del giudice di
legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della
decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo,
restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella,
n. 12110, Rv. 243247). Si richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa
Corte in forza del quale l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art.
606, comma 1, lett e), cod. proc. pen., è soltanto quella evidente, cioè di
spessore tale da risultare percepibile ictu muti; ciò in quanto l’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto,
dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa
volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione
alle acquisizioni processuali (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003, Petrella, Rv.

3

previste. La dichiarazione dello stato di emergenza, da parte dell’autorità

226074). Orbene, ciò premesso, è proprio in quest’ultimo senso che si sviluppa il
motivo in esame (che, peraltro, non risulta proposto in appello), la cui analisi
richiederebbe la verifica in fatto della tipologia dei rifiuti rinvenuti sul mezzo
condotto dal Berlingieri; il che, in questa fase di legittimità, non è consentito.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di

norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2015

sigliere estensore

Il Presidente

inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a

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