Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2616 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2616 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
REFUTO ANNARELLA N. IL 29/05/1954
FORMICOLA ENRICO N. IL 12/11/1942
avverso la sentenza n. 178/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
28/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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vaosio
che ha concluso per

I

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 06/11/2013

#

RITENUTO IN FATTO
1 Con sentenza 28.3.2013 la Corte d’Appello di Napoli – per quanto ancora
interessa – ha confermato il giudizio di colpevolezza dei coniugi Formicola-Refuto in
ordine al reato di violazione di sigilli aggravata in concorso tra loro per avere eseguito
lavori di movimento terra su area sottoposta a sequestro (la Refuto quale custode e il
Formicola, come concorrente a conoscenza di tale qualità).
La decisione è stata motivata attraverso i seguenti passaggi:

proprietà del Formicola (e sottoposta a sequestro) risultava interessata da lavori di
sbancamento, accertati in sede di sopralluogo in data 1.9.2006;
– la qualità di proprietario del fondo (per Formicola) e di custode (per la Refuto)
dimostrava la loro perfetta conoscenza dell’esistenza del vincolo sulla particella 136 (la
sola sottoposta a sequestro) e rendeva irrilevante la questione dell’esistenza o meno di
un cartello e di relativa recinzione.
2. Il difensore degli imputati ricorre per cassazione deducendo la mancanza e il
vizio logico di motivazione perché la Corte d’Appello non aveva considerato che al
momento del sopralluogo i titolari erano assenti; che la cava è costituita da più
particelle catastali senza evidenti segni di divisione tra esse e che il teste della difesa
Savarese aveva riferito di non avere notato alcun cartello e di avere ripulito la zona
dalle erbacce di sua spontanea volontà senza osservare le direttive di nessuno.
Secondo la tesi dei ricorrenti, la Corte d’Appello avrebbe dovuto considerare le
modalità di apposizione dei sigilli (cartello di cartone infisso su un paletto), il tempo
trascorso (due anni) dal sequestro di una sola particella su tre e l’iniziativa di
procedere alla bonifica dei luoghi assunta dal solo Savarese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le predette censure sono manifestamente infondate.
Il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza
strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico
argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; cass.
6.6.06 n. 23528). L’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio
denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu
oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi
disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano
logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo
logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del

– dalla deposizione del teste Palumbo (appartenente al CFS) la particella 136 di

20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999,
Spina, RV. 214794).
Ebbene, nel caso in esame i giudici del merito fornito congrua, specifica ed
adeguata motivazione sulla responsabilità dei due imputati in ordine al reato di
violazione dei sigilli aggravata sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti,
osservando in particolare, sulla scorta della deposizione del teste Palumbo appartenente al Corpo Forestale – che la zona sottoposta a sequestro, sita nel

con asportazione della vegetazione e modifica della quota di terreno; hanno altresì
accertato, sulla scorta di documentazione, che il 24.5.2004 venne scaricato materiale
terroso e che la Refuto, presente in loco, aveva dichiarato di avere dato la relativa
autorizzazione. Inoltre, hanno desunto la irrilevanza della presenza o meno di un
cartello, perché gli imputati erano custode e proprietario del fondo e quindi ben
dovevano conoscere lo stato dei luoghi e l’estensione delle relative particelle.
Come si vede, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, il percorso
argomentativo utilizzato dai giudici di merito per motivare la gravità, precisione e
concordanza degli indizi si presenta del tutto lineare da un punto di vista logico mentre
ciò che si presenta del tutto incoerente da un punto di vista logico è la tesi difensiva
secondo cui un terzo (il Savarese) ponesse in essere lavori in un fondo di proprietà
aliena senza alcuna autorizzazione del proprietario, per mera spontaneità.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione
pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 6.11.2013

perimetro del Parco Nazionale del Vesuvio, era interessata da opere di sbancamento

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