Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26159 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26159 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
D’ANGELO SALVATORE N. IL 18/02/1969
avverso la sentenza n. 3853/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 09/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/04/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa in
data 3 aprile 2012 dal Tribunale di Termini Imerese, Sezione distaccata di Corleone, appellata,
fra gli altri, da D’ANGELO Salvatore, dichiarato responsabile del delitto di rissa, commesso il 22
maggio 2005.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo violazione di legge e vizio di motivazione
sul ricorrere della rissa, nonché per la mancata declaratoria di prescrizione del reato.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato poiché la
Corte di merito ha chiaramente evidenziato come la ricostruzione del fatto in sede dibattimentale
avesse dimostrato, sulla base delle testimonianze degli operanti, che due gruppi contrapposti si
erano affrontati ed erano venuti alle mani, separati con difficoltà dalle forze dell’ordine, così che
appariva evidente che il fatto era stata manifestazione di reciproca aggressività, ben inquadrata
sotto la specie della rissa.
Quanto alla prescrizione il ricorrente non contesta, se non genericamente, l’indicazione del Tribunale circa i periodi di sospensione che ammonterebbero a due anni e quattro mesi.
In tal caso la prima prescrizione sarebbe potuta intervenire in data 22 novembre 2012, in data posteriore a quella della pronuncia del Tribunale; mentre la prescrizione massima non avrebbe potuto operare prima del 14 aprile 2015.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,004.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 aprile 2015.

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