Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26147 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26147 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PRICOP PAUL DANIEL N. IL 13/07/1984
avverso la sentenza n. 3907/2014 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di VERONA, del 20/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 09/04/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fu
applicata a Pricop Paul Daniel, per i reato contestati, la pena concordata con la
pubblica accusa nella misura di 3 anni e 4 mesi di reclusione e 2000€ di multa;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con
atto redatto personalmente, affidato a due motivi, con i quali si deduce carenza di

congruità della pena;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso è manifestamente infondato, in quanto si dà espressamente atto,
nell’impugnata sentenza, della ritenuta sussistenza delle condizioni tutte, positive e
negative, previste dall’art. 444 c.p.p. per l’applicazione della pena su richiesta, ivi
compresa quella costituita dall’assenza dei presupposti per la pronuncia di sentenza
assolutoria ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (con l’indicazione delle fonti di prova, tra le
quali il verbale di arresto in flagranza e le dichiarazioni confessorie); il che basta ad
escludere ogni violazione di legge ed a soddisfare le esigenze di motivazione proprie
delle pronunce del genere di quella impugnata, qualora facciano difetto (come si
verifica nel caso di specie) specifici elementi, ricavabili dal testo del medesimo
provvedimento o indicati nell’atto di gravame, dai quali possa invece desumersi che
taluna delle suddette condizioni fosse mancante (si vedano in proposito, fra le altre:
Sez. 4, n. 7768 del 11/05/1992, Longo, RV 191238; Sez. 3, n. 1693 del
19/04/2000, Petruzzelli, RV 216583; Sez. 2, n. 27930 del 21/05/2003, Lasco, Rv.
225208; Sez. 4, n. 34494 del 13/07/2006, Koumya, Rv. 234824; Sez. 1, n. 4688
del 10/01/2007, Brendolin, Rv. 236622; Sez. 2, n. 6455 del 17/11/2011 – dep.
17/02/2012, Alba, Rv. 252085);
– che con riferimento alla congruità della pena, questa Corte ritiene che la parte che
abbia prestato il proprio consenso all’applicazione di un determinato trattamento
sanzionatorio, non può poi dolersi della successiva ratifica del patto da parte del
giudice, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto ha
implicitamente esonerato quest’ultimo dell’obbligo di rendere conto dei punti non
controversi della decisione; è infatti sufficiente che il giudice dia conto di aver
sottoposto ad un giudizio valutativo la proposta di patteggiamento formulata
concordemente dalle parti e di averla ritenuta congrua rispetto alle componenti
oggettive e soggettive del fatto-reato (Sez. 3, n. 42910 del 29/09/2009, Gallicchio,
Rv. 245209), indipendentemente dai singoli passaggi interni, in quanto è
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motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. ed in ordine alla

unicamente il risultato finale che assume valenza quale espressione ultima e
definitiva dell’incontro delle volontà delle parti (Sez. 3, n. 28641 del 28/05/2009,
Fontana, Rv. 244582);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro millecinquecento;

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2015
Il consigliere estensore

Il presidente

P. Q. M.

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