Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26145 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26145 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

CitíZlA

BONVISSUTO LOREDANA

04/10/1967

avverso la sentenza n. 1/2013 TRIBUNALE di AGRIGENTO, del
28/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Tt-c

Data Udienza: 09/04/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in parziale riforma di quella di primo grado,
Bonvissuto Loredana fu ritenuta responsabile del reato di Minaccia, con il
riconoscimento in appello di un trattamento sanzionatorio più favorevole;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, con
atto sottoscritto dal difensore, avv. Diego Giarratana, con il quale si deduce vizio
di motivazione e violazione di legge in relazione all’affermazione di

alla valutazione di attendibilità della persona offesa;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile poiché, al di là della rubrica, si risolve
in censure di fatto, che contrappongono un alternativo apprezzamento alla
valutazione operata dei giudici di merito, finendo con il richiedere alla Corte di
legittimità di prendere posizione tra le diverse letture dei fatti; sotto questo
profilo va ribadito che la Corte di cassazione non ha il compito di trarre
valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, e pertanto non si può
addentrare nell’esame del contenuto documentale delle stesse, neppure se
riprodotte nel provvedimento impugnato e, tanto meno, se contenute in un atto
di parte, poiché in sede di legittimità è l’argomentazione critica che si fonda sugli
elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato
che è sottoposta al controllo del giudice di legittimità, al quale spetta di
verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e
all’esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 28703 del 20/04/2012,
Bonavota, Rv. 253227);

che nel caso di specie la motivazione della sentenza analizza

dettagliatamente tutti gli elementi di prova ed in particolare le dichiarazioni della
persona offesa, ritenute intrinsecamente attendibili, oltre che coerenti rispetto
alle evidenze della documentazione medica allegata;
– che va ricordato il consolidato principio secondo cui non può formare
oggetto di ricorso per Cassazione la valutazione di contrasti testimoniali, la scelta
tra divergenti versioni ed interpretazioni dei fatti e l’indagine sull’attendibilità dei
testimoni, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione adottata
dal giudice di merito, che, nella fattispecie, appare coerente e logica (Sez. 2, n.
20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362); infatti il giudizio sulla rilevanza ed
attendibilità delle fonti di prova è devoluto insindacabilmente ai giudici di merito
2

responsabilità, per erronea valutazione delle prove, con particolare riferimento

e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio libero convincimento, con
riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori, piuttosto che ad
altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando non
sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di
legittimità della Corte Suprema;
– che nel caso di specie, come si è detto, il Tribunale ha confermato la
valutazione di attendibilità del Giudice di pace in ordine alle dichiarazioni della
persona offesa, alla quali, occorre ricordare, non si applicano le regole dettate

sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato,
previa verifica rigorosa, corredata da idonea motivazione, della credibilità
soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (Sez. U,
n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2015
Il consigliere estensore

Il presidente

dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., potendo essere legittimamente poste da

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