Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26142 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26142 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CRISCIO SALVATORE N. IL 09/07/1982
avverso la sentenza n. 17775/2013 TRIBUNALE di NAPOLI, del
29/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 09/04/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fu
applicata a Criscio Salvatore, per i reato contestati, la pena concordata con la
pubblica accusa nella misura di 5 mesi e 20 giorni di reclusione e 150€ di multa e di
1500€ di ammenda;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con
atto redatto personalmente, affidato ad unico motivo, con il quale si deduce

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso è manifestamente infondato, poiché, con riferimento alla congruità
della pena, questa Corte ritiene che la parte che abbia prestato il proprio consenso
all’applicazione di un determinato trattamento sanzionatorio, non può poi dolersi
della successiva ratifica del patto da parte del giudice, neppure sotto il profilo del
difetto di motivazione, in quanto ha implicitamente esonerato quest’ultimo
dell’obbligo di rendere conto dei punti non controversi della decisione; è infatti
sufficiente che il giudice dia conto di aver sottoposto ad un giudizio valutativo la
proposta di patteggiannento formulata concordemente dalle parti e di averla
ritenuta congrua rispetto alle componenti oggettive e soggettive del fatto-reato
(Sez. 3, n. 42910 del 29/09/2009, Gallicchio, Rv. 245209), indipendentemente dai
singoli passaggi interni, in quanto è unicamente il risultato finale che assume
valenza quale espressione ultima e definitiva dell’incontro delle volontà delle parti
(Sez. 3, n. 28641 del 28/05/2009, Fontana, Rv. 244582);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro millecinquecento;

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2015
Il consigliere estensore

Il presidente

mancanza di motivazione in ordine alla congruità della pena;

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