Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2613 del 21/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 2613 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) SCACCIA CLAUDIA N. IL 07/11/1970
avverso l’ordinanza n. 32/2011 TRIBUNALE di ROMA, del
23/08/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
SANTALUCIA;
lette/soMite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.; /

Data Udienza: 21/11/2012

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la domanda di
Claudia Scaccia, volta al riconoscimento del vincolo di continuazione tra reati oggetto di tre
diverse sentenze di condanna, emesse dal Tribunale e dal Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Roma.
Il giudice dell’esecuzione ha affermato l’impossibilità di ravvisare nei vari fatti criminosi,

sicurezza e patrimonio), l’identità del disegno criminoso, potendosi invece apprezzare una
generica scelta delinquenziale assunta come stile di vita.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to Marronaro,
Claudia Scaccia, deducendo:
Difetto di motivazione, perché il giudice dell’esecuzione ha trascurato i dati
prospettati in richiesta, e specificamente che una delle sentenze in esame ha avuto
ad oggetto anche fatti valutati in parte da una delle altre sentenze e che la prima
delle sentenze aveva riconosciuto la continuazione tra tutti i reati contestati,
commessi tra il dicembre del 2007 e l’agosto del 2008, periodo in cui erano stati
commessi anche i reati giudicati dal giudice per le indagini preliminari.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.
I reati per i quali è stata avanzata richiesta di riconoscimento della continuazione sono
stati commessi tutti nel circondario giudiziario di Roma, in un arco temporale breve, dal 12
febbraio al 26 agosto 2008. Si tratta di episodi di furto, ricettazione, tentata rapina e guida in
stato di ebbrezza. La quasi interezza degli episodi criminosi in esame, pertanto, ha evidente
omogeneità di fattispecie e identità di bene giuridico protetto.
A fronte di questi dati concreti e specifici, oltre che di quelli richiamati nell’istanza e
riproposti con il motivo di ricorso come sopra riassunto, il giudice dell’esecuzione avrebbe
dovuto procedere ad un esame più approfondito della questione posta alla sua valutazione, alla
luce del principio di diritto, secondo cui “l’identità del disegno criminoso è apprezzabile sulla
base degli elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta,
dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle
condizioni di tempo e di luogo, anche (soltanto) attraverso la constatazione di alcuni soltanto
di detti elementi purché significativi (Sez. 1, n. 44862 del 5/11/2008 dep. 2/12/2008,
Lombardo, Rv. 242098).
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata per consentire un nuovo esame
da parte del giudice dell’esecuzione, da condursi in modo più aderente al principio di diritto
appena ribadito.

2

commessi in un arco temporale di circa due anni e per violazione di diversi beni (pubblica

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.

Così deciso il 21 novembre 2012.

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