Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26129 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26129 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAMMARATA ANTONINO N. IL 16/03/1977
avverso la sentenza n. 1267/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
07/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 09/04/2015

RILEVATO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, in parziale riforma di quella di primo grado,
Cammarata Antonino fu ritenuto responsabile dei reati di furto e di
danneggiamento aggravato, con il riconoscimento in appello di un trattamento
sanzionatorio più favorevole;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con
atto sottoscritto dal difensore, avv. Pietro Santoro, con il quale si deduce vizio di
motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità, per non aver

motivi di appello; si deduce inoltre erronea applicazione della legge penale in
relazione al reato di furto, per la mancanza di movente e di profitto;

CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso va dichiarato inammissibile per genericità, poiché entrambe le
decisioni di merito si fondano su due testi oculari, che indicavano
nell’immediatezza l’autore del reato di furto, e le pretese incompatibilità della
sequenza temporale sono state giudicate indimostrate dalla sentenza impugnata;
a fronte di tali elementi, il ricorrente si limita a riproporre le stesse doglianze già
giudicate infondate dalla sentenza impugnata, in maniera puramente assertiva;
– che la mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non
solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste
a fondamento dell’impugnazione, non potendo questa ignorare le esplicitazioni
del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente a mente
dell’art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2015
Il consigliere e tensore

Il presidente

adeguatamente valutato le anomalie spazio temporali sollevate dalla difesa con i

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