Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26126 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26126 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
JALLAL FATIHA N. IL 02/09/1986
avverso la sentenza n. 977/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
19/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 09/04/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in parziale riforma di quella di primo grado,
Jallal

Fatiha fu ritenuta responsabile del reato di furto tentato, con il

riconoscimento in appello di un trattamento sanzionatorio più favorevole;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, con
atto sottoscritto dal difensore, avv. Antonio Lucio Abbondanza, con il quale si
deduce vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità, per

la merce (due capi di abbigliamento) ed averla solo agganciata ai propri jeans,
indossati sotto il chador, per tenere le mani libere, senza avere alcuna intenzione
di rubarla; si deduce inoltre vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del
reato, non essendovi stato alcun superamento delle casse in considerazione della
disposizione dei locali;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile poiché i due motivi, al di là della
rubrica, si risolvono in censure di fatto, che contrappongono un alternativo
apprezzamento alla valutazione operata dei giudici di merito, finendo con il
richiedere alla Corte di legittimità di prendere posizione tra le diverse letture dei
fatti; sotto questo profilo va ribadito che la Corte di cassazione non ha il compito
di trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, e pertanto non
si può addentrare nell’esame del contenuto documentale delle stesse, neppure
se riprodotte nel provvedimento impugnato e, tanto meno, se contenute in un
atto di parte, poiché in sede di legittimità è l’argomentazione critica che si fonda
sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento
impugnato che è sottoposta al controllo del giudice di legittimità, al quale spetta
di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e
all’esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 28703 del 20/04/2012,
Bonavota, Rv. 253227);
– che nel caso di specie la motivazione della sentenza analizza
dettagliatamente tutti gli elementi di prova ed in particolare le dichiarazioni
dell’imputato, ritenute inverosimili in considerazione della precisa e credibile
ricostruzione dei fatti del denunciante, e che nella sentenza non si fa cenno alla
supposta incompatibilità tra i jeans ed il chador, di cui parla il ricorrente nel
secondo motivo;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
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non aver adeguatamente valutato le dichiarazioni dell’imputata di aver prelevato

all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa delle

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2015
Il consigliere estensore

Il presidente

ammende.

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