Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26118 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26118 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
COSENTINO SALVATORE ALI’ N. IL 28/07/1948
SPAMPINATO GIOVANNI BARBARO N. IL 04/12/1976
avverso la sentenza n. 19/2013 TRIBUNALE di CATANIA, del
22/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/04/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza 22 novembre 2013 il Tribunale di Catania, giudice d’appello, ha confermato la
sentenza emessa in data 28 dicembre 2012 dal Giudice di Pace di Mascalucia, appellata da
COSENTINO Salvatore Ali e SPAMPINATO Giovanni Barbaro, dichiarati responsabili del delitto
di lesioni personali in concorso, commesso il 4 febbraio 2006.
Propongono ricorso per cassazione gli imputati che deducono violazione di legge e difetto di
motivazione sulla responsabilità, nonché l’intervenuta prescrizione del reato in data anteriore a
quella della sentenza di appello.
Osserva il Collegio che i ricorsi sono inammissibili in quanto tendono a sottoporre al giudizio di
legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio
rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Giudice
di Pace che dal Tribunale.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è
adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che poteva trarsi dalle dichiarazioni di un teste
presente, nonché dagli accertamenti della polizia giudiziaria e dalle risultanze del certificato medico
sulle lesioni stilato dall’ospedale dove la donna si era recata subito dopo il fatto.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione non
deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come nel caso
in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi,
sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia logica: insomma,
se sia esauriente e plausibile.
Quanto alla pretesa estinzione del reato per prescrizione, osserva il Collegio che nel corso del
procedimento si sono verificate cause di sospensione che hanno prorogato il termine di giorni 124
fino alla scadenza del 6 dicembre 2013, data successiva a quella della pronuncia della sentenza del
giudice d’appello.
La rilevata inammissibilità dei ricorsi, impedendo la formazione di un valido rapporto di
impugnazione della sentenza, intervenuta prima dell’estinzione del reato per prescrizione, rende
irrilevante la successiva scadenza del termine.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 4rile 2015.

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