Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26116 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26116 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LOMBARDO FRANCO N. IL 30/07/1968
avverso la sentenza n. 3/2013 TRIBUNALE di BERGAMO, del
10/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 09/04/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, Lombardo
Franco fu ritenuto responsabile dei reati di percosse, ingiuria e minaccia;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con
atto sottoscritto dal difensore, avv. Nicola Stocchiero, deducendo vizio di
motivazione

in

relazione

all’affermazione

di

responsabilità,

rispetto

all’individuazione dell’agente; sulla ritenuta insussistenza dell’esimente della

argomentazioni spese in motivazione sulla condotta dell’imputato e sui suoi
precedenti penali; sull’esclusione della legittima difesa, alla luce delle
dichiarazioni della teste Giorgi; sul vizio di contestazione in relazione alla fase
riportata in sentenza “sai chi sono io, non scherzo, sono il boss di Pianico”;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per genericità, perchè ripropone le
stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi lo stesso considerare, per di più, non specifico. La mancanza di
specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua
genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione
tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente a mente
dell’art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità;

che nel caso di specie la motivazione della sentenza analizza

dettagliatamente tutti gli elementi di prova ed in particolare desume
l’individuazione del Lombardi, oltre che dalle dichiarazioni della persona offesa,
ritenute intrinsecamente attendibili, da quelle della teste Giorgi;
– che va ricordato il consolidato principio secondo cui non può formare
oggetto di ricorso per Cassazione la valutazione di contrasti testimoniali, la scelta
tra divergenti versioni ed interpretazioni dei fatti e l’indagine sull’attendibilità dei
testimoni, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione adottata
dal giudice di merito, che, nella fattispecie, appare coerente e logica (Sez. 2, n.
20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362); infatti il giudizio sulla rilevanza ed
attendibilità delle fonti di prova è devoluto insindacabilmente ai giudici di merito
e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio libero convincimento, con
riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori, piuttosto che ad
2

reciprocità delle offese, alla luce delle dichiarazioni della teste Giorgi; sulle

altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando non
sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di
legittimità della Corte Suprema;
– che con riferimento alla causa di giustificazione della legittima difesa ed
alla esimente della reciprocità delle offese le deduzioni sono meramente
assertive e fondate su una generica affermazione del teste Giorgi, che non ha
assistito all’inizio dell’aggressione;
– che l’assenza in giudizio del Lombardi viene solo sottolineata al fine di

fondate sulle sole dichiarazioni del difensore, oltre che non provate, sicché non
può parlarsi di utilizzazione a fine di prova della legittima scelta dell’imputato di
restare contumace, come nessun valore probatorio è stato riconosciuto ai
precedenti penali;
– che con riferimento alla frase “sai chi sono io, non scherzo, sono il boss di
Pianico” non può affermarsi alcuna violazione dell’articolo 516 cod. proc. pen.,
poiché, come già ricordato dalla decisione impugnata, la condanna non è
intervenuta in relazione a questa frase, ma solamente a quella precedente
“marocchino di merda, ti spacco la faccia”;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2015
Il consigliere estensore

Il presidente

rafforzare il carattere meramente assertivo delle deduzioni difensive, poiché

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