Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26101 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26101 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NEGRO EMILIANA N. IL 16/07/1974
avverso la sentenza n. 5726/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
04/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/04/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza emessa in data
26 giugno 2013 dal Tribunale di Acqui Terme, appellata da NEGRO Emiliana, dichiarata responsabile del delitto di furto pluriaggravato, commesso il 18 ottobre 2008.
Propone ricorso per cassazione l’imputata deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità ed
il ricorrere dell’attenuante ex art. 62 n. 4 c.p.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile, in quanto, a prescindere dalla sua genericità,
tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.
Nel caso in esame, la Corte di appello ha ineccepibilmente osservato che la prova del concorso
della NEGRO nel furto riposa nella testimonianza della persona offesa che aveva notato la donna
entrare e uscire dal negozio assieme all’uomo ed intrattenere entrambi la titolare, fino a che uno
dei due aveva approfittato di un suo momento di distrazione.
La tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui non si trovava in compagnia dell’uomo, come risultava dall’aver poi collaborato una volta fermata, è appunto una questione in fatto, che non può
essere presa in considerazione, a fronte della motivazione adeguata, conforme a regole della logica e priva di vizi giuridici, resa dai giudici di merito.
Quanto all’attenuante correttamente la Corte di merito ha rilevato che l’entità del danno superava
il valore del denaro sottratto e quella del portafogli, dovendo comprendere pure le spese e i disagi per rinnovare tutti i documenti che vi si trovavano ed erano stati sottratti. In quei termini il
danno non è stato ritenuto di speciale tenuità con motivazione adeguata e logica.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 aprile 2015.

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