Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26066 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26066 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PREVITERO FERNANDO N. IL 12/07/1943
avverso la sentenza n. 1257/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
14/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/04/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza 14 marzo 2012 in epigrafe la Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza
emessa in data 22 marzo 2010 dal locale Tribunale, Sezione distaccata di Maglie, appellata da
PREVITERO Fernando, dichiarato responsabile del delitto di violenza privata, commesso il 28
gennaio 2008.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla qualificazione
del fatto come violenza privata invece che come esercizio arbitrario delle ragioni.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato poiché la
Corte di merito ha già fornito adeguata risposta alla pretesa del ricorrente individuando gli elementi di fatto che escludevano la possibilità di configurare nell’azione del prevenuto in quel
giorno un atto di protezione dei propri interessi di coltivatore di prodotti biologici posti in pericolo dall’adozione da parte dei vicini di tecniche di coltura basate sull’uso di sostanze pericolose.
Ha ben osservato al Corte di merito che non era emersa prova alcuna che in quello specifico
frangente i due vicini, bloccati dal prevenuto sul fondo dalla sua auto messa di traverso, in attesa
dell’arrivo dei carabinieri che lui aveva chiamato, avessero fatto uso di sostanze pericolose per
le coltivazioni biologiche del PREVITERO.
La mera riproposizione in fatto di questione già affrontata e correttamente risolta dalla Corte
d’Appello rende il ricorso inammissibile.
Manifestamente infondata pure la pretesa che il reato debba esser dichiarato estinto per prescrizione.
Invero la scadenza del termine prescrizionale è intervenuta solo dopo la pronuncia della sentenza
del giudice d’appello con la conseguenza che, essendo stata proposta un’impugnazione inammissibile e non essendosi quindi formato un valido rapporto di impugnazione, l’evento potenzialmente estintivo non aveva potuto esplicare effetto alcuno.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 aprile 2015.

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