Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26063 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26063 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IURLARO MARIO N. IL 04/03/1992
avverso la sentenza n. 1804/2013 CORTE APPELLO di LECCE, del
27/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/04/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Lecce, ridotta la pena, ha confermato nel resto la
sentenza emessa in data 14 agosto 2013 dal Tribunale di Brindisi, appellata fra l’altro, da IURLARO Mario, dichiarato responsabile del delitto di furto pluriaggravato in concorso, commesso
il 6 agosto 2013.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla mancata applicazione della sospensione condizionale della pena e sull’entità della sanzione applicata.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato poiché la
Corte di merito ha correttamente esclusa l’applicazione della sospensione condizionale valutando
i carichi pendenti, in seguito consolidatisi in sentenze definitive, come chiari sintomi di una propensione alla violazione della legge penale, del tutto contrastante con la presunzione di futura astensione dal reato che deve sorreggere una decisione in tale materia. Del tutto congruo poi il riferimento alla propensione del prevenuto ad associarsi con pluripregiudicati come il complice
SCHIAVONE, elemento valutativo della personalità correttamente posto a base ex art. 133 c.p.
di una decisione sulla congruità della pena applicata.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 aprile 2015.

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