Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26054 del 09/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26054 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOCCUNI EMANUELE N. IL 01/05/1963
TROCCOLI TOMMASO N. IL 20/01/1988
avverso la sentenza n. 10/2013 TRIBUNALE di TARANTO, del
17/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/04/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Taranto, giudice d’appello, ha confermato la sentenza
emessa in data 27 novembre 2012 dal locale Giudice di Pace, appellata da BOCCUNI Emanuele e
TROCCOLI Tommaso, dichiarati responsabili del delitto di ingiurie in concorso, commesso il 17
dicembre 2009.
Propongono ricorso per cassazione gli imputati che deducono violazione di legge e difetto di
motivazione sulla responsabilità affermata sulla base delle dichiarazioni della persona offesa,
costituita parte civile e sulla mancata applicazione dell’art. 599 c.p. attesa la reciprocità delle offese.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile, in quanto tende a sottoporre al giudizio di
legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio
rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Giudice
di Pace che dal Tribunale.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto agli imputati riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è
adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che poteva trarsi dalle affermazioni di pubblici
ufficiali presenti al fatto.
Ed altrettanto compiutamente e logicamente hanno ritenuto, di contro e non convincenti e
inattendibili quelle del teste a difesa smentito proprio dai finanzieri che avevano assistito ai fatti.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione non
deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come nel caso
in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi,
sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia logica: insomma,
se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.000,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di E. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Ro • il 9 aprile 2015.

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