Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26045 del 18/02/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26045 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
COLUCCI DINO N. IL 30/03/1964
avverso la sentenza n. 1276/2010 CORTE APPELLO di BARI, del
18/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 18/02/2015

Ritenuto in fatto.
1.11 18 giugno 2013 la Corte d’appello di Bari confermava la sentenza emessa il

18 febbraio 2010, all’esito di giudizio abbreviato, dal g.i.p. del Tribunale di Trani,
sezione distaccata di Ruvo di Puglia, che aveva dichiarato, Dino Colucci colpevole
del reato previsto dall’art. 9, comma 2, 1. n. 1423 del 1956 e successive modifiche e,

aveva condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione.
2.Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il difensore di
fiducia, l’imputato il quale lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione
in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato e agli elementi posti a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità.

Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.11 controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza

di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione,
dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa
risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al
punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere
comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari
passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione
(Sez. Un. 28 maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. I, 9 novembre 2004, ric.
Santapaola, rv. 230203).
In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di legge in
riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all’art. 192.2 c.p.p., non
critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla
formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso
travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il
sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede d’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura
razionale della sentenza impugnata abbia -come nella specie- una sua chiara e
puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole

riconosciuta la contestata recidiva e tenuto conto della diminuente per il rito, lo

della logica, alle risultanze del quadro probatorio, indicative univocamente della
coscienza e volontà del ricorrente di violare le prescrizioni a lui imposte con il
provvedimento applicativo della sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di
soggiorno.
2.Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad

sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art.
616 c.p.p.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma, il 18 febbraio 2015.

escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost.,

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