Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25987 del 26/01/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25987 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GENNARO PE619-110
° N. IL 21/02/1986
avverso la sentenza n. 5172/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 11/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 26/01/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Palermo
confermava la sentenza di primo grado con la quale, all’esito del giudizio
abbreviato, Piero Gennaro è stato condannando, ritenuta la continuazione, alla
pena di mesi due e giorni venti di arresto in relazione ai reati di cui all’art. 116
c.d.s. e all’art. 9, comma 1, legge 1423 del 1956, avendo guidato un ciclomotore
senza la patente necessaria ed essersi allontanato dalla abitazione senza darne

2.

Propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore,

denunciando la violazione di legge ed il vizio della motivazione della sentenza
impugnata essendosi la Corte limitata al richiamo della decisione di primo grado
senza argomentare in ordine alla mancanza dell’elemento psicologico come
dedotta dal’imputato, trattandosi di episodio isolato avvenuto nelle immediate
vicinanze dell’abitazione. La Corte territoriale non valutava la circostanza che il
ricorrente non voleva allontanarsi dalla propria abitazione, ma, al contrario, si
affrettava per farvi rientro all’orario prescritto e certamente non poteva avvertire
l’autorità preposta al controllo perchè bloccato nel traffico.
Così che non può configurarsi il reato di cui all’art. 9 legge n. 1423 del 1956
mancando l’abitualità e la messa in pericolo dell’interesse tutelato.
Muove, altresì, censure in ordine al mancato riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le doglianze del ricorrente in ordine alla prova della responsabilità per il
reato di cui all’art. 9 legge n. 1423 del 1956 si sostanziano, all’evidenza, in
censure di fatto, avendo la Corte territoriale valutato che il fatto risultava
accertato da quanto riferito dalla p.g. che aveva effettuato il controllo ed esclusa
la necessità della abitualità della condotta.
Quanto ai rilievi relativi al mancato riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche, deve essere ribadito che la sussistenza di circostanze
attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62 -bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di
fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni
preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità,
purchè non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di
uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati
nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 42688, 24/09/2008, Caridi, rv. 242419).
2

comunicazione all’autorità di p.s..

A detti canoni si è attenuta, all’evidenza, la Corte di merito sottolineando la
mancanza di elementi concreti sui quali fondare il riconoscimento delle
attenuanti invocate.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della
cassa della ammende.

Così deciso, il 26 gennaio 2015.

art. 616 cod. proc. pen..

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