Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25986 del 06/04/2017

Penale Sent. Sez. 5 Num. 25986 Anno 2017
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso la sentenza del 16/11/2015 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/04/2017, la relazione svolta dal Consigliere
ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI
Udito il Procuratore Generale in persona del MARIA
che ha concluso per /

RANCESCA LOY

Data Udienza: 06/04/2017

RITENUTO IN FATTO
1 – Con sentenza del 16 novembre 2015, la Corte di appello di Trieste
confermava la sentenza del Tribunale di Udine che aveva ritenuto A.A.
colpevole del delitto di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen., per avere, in data
prossima al 16 luglio 2012, formato una falsa ricetta per la prescrizione di due
medicinali (Valiunn e Minias), apparentemente sottoscritta da un medico,
presentandola presso una farmacia.
La prova della colpevolezza dell’imputata, contestata dalla difesa, proveniva,

momento della presentazione della ricetta, posto che costui, insospettitosi, aveva
chiesto a chi gli richiedeva le medicine di esibire un documento di identità, così
potendo controllare la corrispondenza fra il nome indicato sulla ricetta, il nome
riportato sul documento, il viso di colei che gli richiedeva il farmaco e la
fotografia apposta sul documento.
2 – Propone ricorso l’imputata, a mezzo del suo difensore, deducendo, con
l’unico motivo, la violazione di legge, ed in particolare dell’art. 485 cod. pen., ed
il difetto di motivazione, in quanto la ricorrente aveva compiuto solo un falso in
scrittura privata in quanto il foglio su cui era stata vergata la prescrizione era
tratto dal mero ricettario di un medico e non aveva pertanto valore di
certificazione o attestazione.
La falsificazione era stata poi talmente grossolana da suscitare il sospetto
del farmacista che aveva richiesto a chi gli aveva presentato la ricetta l’esibizione
di un documento di identità. Il fatto che i farmaci fossero stati erogati non era
decisivo, dovendosi valutare l’idoneità ex ante della contraffazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1 – In punto di diritto va ricordato come integri il reato di falsità materiale
commessa dal privato, di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen., la condotta di chi
forma una falsa ricetta su carta intestata di un medico con prescrizione di
farmaci contenenti principi attivi di natura psicotropa (come il Valium ed il
Minias), in quanto la ricetta, anche se non redatta sull’apposito modulo del
servizio sanitario nazionale, ha natura attestativa del diritto dell’interessato
all’erogazione del medicinale a cagione dell’accertato stato di malattia (Sez. 5,
Sentenza n. 13509 del 13/01/2015, Vabba, Rv. 263066 e, più di recente, la non
nnassimata Sez. 5 n. 55060 del 04/11/2016, Corsi), né il falso può definirsi
innocuo trattandosi di medicinali non erogabili senza l’indicata prescrizione.
Né aveva rilevanza la mancata apposizione sulla ricetta della data di rilascio
che, per il farmacista, avrebbe potuto dipendere da una mera dimenticanza del
1

a giudizio della Corte, dagli esiti del controllo che aveva fatto il farmacista al

medico, correggibile con l’apposizione di un timbro datario da parte dello stesso
farmacista.
Non si può pertanto derubricare il fatto in un falso in scrittura privata, ormai
privo di rilevanza penale.
La non grossolanità del falso era stata, nei fatti e con giudizio ex ante,
esclusa, con motivazione priva di manifesti vizi logici, dalla considerazione che il
farmacista aveva consegnato i medicinali, pur avendo voluto verificare le esatte
generalità dell’imputata, non essendo, evidentemente, lo scritto così

di farmaci la cui consegna è presidiata da particolari cautele, perché con effetti
psicotropi.
Si tratta di una decisione coerente al principio di diritto fissato da questa
Corte secondo il quale, in tema di falso, la valutazione dell’inidoneità assoluta
dell’azione, che dà luogo al reato impossibile, dev’essere fatta “ex ante”, vale a
dire sulla base delle circostanze di fatto conosciute al momento in cui l’azione
viene posta in essere, indipendentemente dai risultati, e non “ex post”; tale
principio riguarda, peraltro, i casi in cui il falso sia stato scoperto e si discuta se
lo stesso fosse così grossolano da dover essere riconoscibile “ictu oculi” per la
generalità delle persone, ovvero sia stato scoperto per effetto di particolari
cognizioni o per la diligenza di determinati soggetti, non anche quelli in cui il
falso non sia stato scoperto ed abbia prodotto l’effetto di trarre in inganno, nei
quali, quindi, la realizzazione dell’evento giuridico esclude in radice l’impossibilità
dell’evento dannoso o pericoloso di cui all’art. 49 cod. pen. (Sez. 2, n. 36631 del
15/05/2013, Procopio, Rv. 257063).
2 – All’inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, versando la medesima in colpa, della
somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna al ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma il 6 aprile 2017.

inattendibile, neppure agli occhi di una persona esperta, da impedire la consegna

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