Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25960 del 04/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25960 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MANDAGLIO LUCA, nato a Lecco il 12.10.1984
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Milano il 26/3/2015;
letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Stefano Mogini;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. Giuseppina Fodaroni, che ha
chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto

1. Luca Mandaglio ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia avverso l’ordinanza
in epigrafe, con la quale il Tribunale del riesame di Milano ha, in accoglimento dell’appello del
pubblico ministero, annullato l’ordinanza del g.i.p. presso il Tribunale di Milano in data
4.3.2015 che, decidendo l’istanza presentata dal ricorrente ex art. 299 c.p.p., aveva revocato
per sopravvenuta mancanza di gravità indiziaria la misura cautelare inframuraria
originariamente applicata per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso,
conseguentemente imponendo al ricorrente la preesistente misura.
Il ricorrente è accusato di far parte dell’associazione mafiosa denominata

‘ndrangheta,

operante da anni sul territorio di Milano e province limitrofe e costituita da numerose locali,
coordinate da un organo denominato La Lombardia, deputato a concedere a concedere agli
affiliati cariche e doti secondo gerarchie prestabilite e cerimonie e rituali tipici dell’associazione
svolti nel corso di riunioni e incontri coinvolgenti, tra l’altro, le

locali di Cerrnenate,

Data Udienza: 04/06/2015

Calolziocorte e Fino Mornasco, strettamente coordinati con il locale calabrese di Giffone. Con
l’aggravante di trattarsi di associazione armata. L’imputazione fa espresso riferimento a
sentenze irrevocabili dalle quali risulterebbe accertata l’esistenza e l’operatività della
‘ndrangheta in provincia di Milano e in quelle limitrofe, anche riferite alle suddette locali.

2. Luca Mandaglio censura l’ordinanza impugnata deducendo violazione di legge con
riferimento agli artt. 273 c.p.p. e 416 bis c.p. e vizi di motivazione in relazione a numerosi
elementi indiziari erroneamente e illogicamente valutati dal Tribunale del Riesame a carico del
ricorrente. In particolare, errata sarebbe l’interpretazione data dal Tribunale alla

ricorrente, Mandaglio Antonio, ed altri indagati. Il riferimento fatto in quell’occasione
all’iniziazione di “suo figlio” non individuerebbe, come pretende il Tribunale, Luca Mandaglio,
bensì il figlio di altro soggetto, non identificato, non partecipante alla conversazione, poiché
altrimenti i conversanti avrebbero usato il possessivo “tuo” o, in segno di rispetto, “vostro”.
Manifestamente illogica sarebbe poi la motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui
afferma che la circostanza della rottura dei rapporti tra il ricorrente e suo padre è smentita
dalla conversazione telefonica intercettata nel corso della quale Antonio Mandaglio invita il
figlio Luca alla mangiata del 12.4.2014. Invero la rottura tra padre e figlio è provata dalle
dichiarazioni acquisite con indagini difensive, ritenute pienamente attendibili dal g.i.p., e da
altra conversazione, pure contraddittoriamente utilizzata dal Tribunale, intercettata tra Antonio
Mandaglio e Mercuri Antonino, dalla quale risulta con estrema chiarezza che i due Mandagli°
avrebbero dovuto “chiarirsi” tra loro.
Illegittima sarebbe inoltre la motivazione dell’ordinanza impugnata laddove afferma in modo
apodittico che verosimilmente i due Mandaglio si erano chiariti nel corso della mangiata del
31.5.2014.
Manifestamente illogica, congetturale e travisante il dato probatorio sarebbe inoltre la
motivazione nella parte in cui afferma che il collaboratore di giustizia Nocera, il quale ha
dichiarato di non riconoscere l’effige del ricorrente, non essendo intraneo alla locale di
Calolziocorte, certamente non ne conosce tutti i partecipanti.
Infine, il Tribunale avrebbe fatto erronea applicazione dell’art. 416 bis c.p., in quanto l’aver
preso parte alla mangiata del 4.3.2015 non può costituire prova diretta di partecipazione al
sodalizio. Il comportamento del ricorrente, restio a partecipare agli incontri, sarebbe al
contrario sintomatico dell’inesistenza dell’affectio societatis scelerum necessaria ai fini della
sussistenza del contestato reato associativo, tanto più non essendo al Mandaglio addebitata la
realizzazione di reati-fine.

Considerato in diritto

1. Il ricorso non ha pregio. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente,
l’ordinanza impugnata – che reca una reformatio in pejus di quella con la quale il g.i.p. aveva

conversazione, oggetto di intercettazione ambientale, intercorsa il 12.4.2014 tra il padre del

revocato la misura – motiva in modo esteso, del tutto congruo e immune da vizi logici e
giuridici la sussistenza a carico del ricorrente di un compendio indiziario dotato del necessario
carattere di gravità (p. 34 e ss.).
Univoco significato riveste in particolare l’intercettazione ambientale della conversazione
intercorsa il 12.4.2014 tra Antonio Mandaglio, Mercuri, Condò e Valente, dalla quale emerge a
carico del ricorrente un concludente elemento individualizzante, consistente nel suo nome di
battesimo (“abbiamo fatto a suo figlio! (…) si … ah, è vero…a Luca…”).
Il dato dell’avvenuta iniziazione del ricorrente, di per sé significativo della sua partecipazione al
sodalizio in questione, è ulteriormente giustificato dall’ordinanza impugnata con riferimento a
plurime circostanze, correttamente valutate dal Tribunale (p. 35 e ss.), tra le quali
particolarmente gravi e significative appaiono la partecipazione del ricorrente alla mangiata del
31.5.2014 (nel corso della quale il mammasantissinna Peppe La Mucca partecipò al rituale di
concessione della dote del Vangelo ad altri quattro ‘ndranghetisti) dovendosi il suo
allontanamento prima dell’inizio della cerimonia al fatto che egli è in possesso di una dote di
minor livello, e il ruolo particolarmente attivo assunto da Luca Mandaglio nella preparazione
della mangiata del 15.11.2014 (p. 36), che dimostra come in tale circostanza il ricorrente,
forse anche a seguito del chiarimento dei dissidi con il padre, !ungi dall’essere un mero
invitato, sia stato incaricato direttamente dal capo-locale di estendere l’invito ad altri sodali. A
fronte di tali elementi, che corroborano la sussistenza di un quadro indiziario decisamente
grave a carico del ricorrente, immune da vizi appare la valutazione che il Tribunale dà alla
circostanza che il collaboratore di giustizia Luciano Nocera non conosce Luca Mandaglio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. c.p.p.
Così deciso in Roma il 4 giugno 2015.

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