Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25959 del 04/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25959 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCALI GIUSEPPE SALVATORE, nato a Grotteria (RC) il 25.3.1936
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Milano il 21/1/2015;
letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Stefano Mogini;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. Maria Giuseppina Fodaroni, che ha
chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Scali Giuseppe Salvatore ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia avverso
l’ordinanza in epigrafe, con la quale il Tribunale del riesame di Milano ha, in accoglimento
dell’appello del pubblico ministero, applicato al ricorrente, sostituendola a quella degli arresti
domiciliari concessi dal g.i.p. presso il Tribunale di Milano, la misura cautelare della custodia in
carcere per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso.
Il ricorrente è accusato di far parte dell’associazione mafiosa denominata

‘ndrangheta,

operante da anni sul territorio di Milano e province limitrofe e costituita da numerose locali,
coordinate da un organo denominato La Lombardia, deputato a concedere a concedere agli
affiliati cariche e doti secondo gerarchie prestabilite e cerimonie e rituali tipici dell’associazione
svolti nel corso di riunioni e incontri coinvolgenti, tra l’altro, le

locali di Cermenate,

Calolziocorte e Fino Mornasco, strettamente coordinati con il locale calabrese di Giffone. Con
l’aggravante di trattarsi di associazione armata. L’imputazione fa espresso riferimento a

q51-ì

St1

Data Udienza: 04/06/2015

sentenze irrevocabili dalle quali risulterebbe accertata l’esistenza e l’operatività della
‘ndrangheta in provincia di Milano e in quelle limitrofe, anche riferite alle suddette locali.

2. Scali Giuseppe Salvatore censura l’ordinanza impugnata deducendo mancanza di
motivazione in relazione all’art. 275 comma 4 c.p.p. in quanto il Tribunale, in presenza di
soggetto ultrasettantenne e affetto da serie patologie, ha ritenuto sussistere le esigenze
cautelari di eccezionale rilevanza sulla base della passata condotta del ricorrente, il quale dopo
una condanna per il delitto di cui all’art. 416 bis. c.p. ha ripreso a delinquere, e alla possibilità
che questi continui a tenere contatti con l’associazione anche dalla propria abitazione. Tali

argomentazioni tali da motivare la sussistenza del “normale” pericolo di reiterazione del reato,
sicché non integrata risulterebbe quella vera e propria certezza di recidiva che rappresenta lo
standard cautelare richiesto dall’art. 275 comma 4 c.p.p..

Considerato in diritto
1. Il ricorso non ha pregio. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente,
l’ordinanza impugnata motiva in modo esteso, del tutto congruo e immune da vizi logici e
giuridici la sussistenza delle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza di cui all’art. 275
comma 4 c.p.p. (pericolosità che superi la semplice concretezza richiesta dall’art. 274 c.p.p.
per raggiungere la sostanziale certezza che l’indagato, se sottoposto a misure cautelari diverse
dalla custodia in carcere, continuerà a commettere delitti di cui all’art. 274 lett. c c.p.p.) con
riferimento: 1) al perdurante ruolo, apicale e pienamente operativo, rivestito dal ricorrente
all’interno dell’associazione, che né la precedente, pesante condanna per il reato di cui all’art.
416 bis c.p., né l’età avanzata, né le patologie da cui è affetto gli hanno impedito di continuare
a svolgere, anche attraverso ripetuti incontri coi sodali presso la propria abitazione; 2) al fatto
che le condizioni di salute dello Scali certificate dal medico della Casa di Reclusione di Opera
non sono incompatibili con la detenzione in carcere; 3) alla permanenza del suddetto rischio di
recidiva nonostante gli arresti operati, poiché residuano sodali non ancora identificati, il
ricorrente ha un ruolo di vertice a livello regionale, la ‘ndrangheta lombarda ha contatti con
quella calabrese e per altri associati la richiesta cautelare è stata rigettata o è stata revocata
con provvedimenti ai quali è poi seguito, su appello del p.m., l’applicazione o il ripristino, non
ancora esecutivi, della misura inframuraria.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. c.p.p.
Così deciso in Roma il 4 giugno 2015.

circostanze non presenterebbero carattere di eccezionalità, ma costituiscono al più

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