Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25958 del 04/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25958 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI AVELLINO
avverso la sentenza emessa dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Avellino il
5.12.2014 nei confronti di
GUARINO ANTONIO, nato a Solofra il 17.2.1944
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Stefano Mogini;
udito il sostituto procuratore generale Maria Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto
l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito l’avv. Raffaele Tecce, difensore di fiducia di Antonio Guarino, che ha chiesto il rigetto
del ricorso.

PREMESSO che con la decisione indicata in epigrafe il G.U.P. del Tribunale di Avellino ha
disposto non doversi procedere nei confronti di Antonio Guarino in ordine al reato di tentata
concussione perché il fatto non sussiste;
che l’imputazione veniva contestata al Guarino con riferimento agli artt. 56 e 317 c.p. perché
questi, nel corso della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale di Solofra,
abusando della sua qualità di Sindaco ancora in carica, telefonava a Buonaiuto Sebastiano e,
per costringerlo a non sostenere una lista avversaria, lo minacciava di un male ingiusto

Data Udienza: 04/06/2015

dicendogli: “Sono Tonino Guarino, ancora per cinque giorni Sindaco di Solofra, volevo parlarti
del tuo orientamento politico su Nicola De Stefano (per il quale il Buonaiuto stava facendo
campagna elettorale), devi assolutamente modificarlo per il tuo bene presente e futuro”, nel
prosieguo della medesima telefonata, e per la stessa finalità, minacciava ancora il Buonaiuto
dicendogli più volte che in caso negativo egli avrebbe riferito alla di lui suocera di una relazione
extraconiugale da questi intrattenuta, con tale condotta ponendo in essere atti idonei diretti in
modo non equivoco a costringere il Buonaiuto a promettere indebitamente un’utilità per sé o
per altri, consistente nel non sostenere la campagna elettorale della principale lista avversaria

denunciava il fatto alla polizia giudiziaria;

RILEVATO che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino ha presentato
ricorso per cassazione deducendo: 1) travisamento della prova e illogicità della motivazione
per avere la sentenza impugnata preso in considerazione unicamente la minaccia di rivelare
alla suocera del Buonaiuto una presunta relazione extraconiugale, così ritenendo che il Guarino
abbia agito unicamente quale privato e senza nessun riferimento alla sua qualità di Sindaco,
alla quale pure l’imputato aveva fatto espresso e preciso riferimento nella prospettazione,
seppur implicita, di un male futuro a quella funzione collegato; 2) Violazione di legge e
contraddittorietà della motivazione per avere il giudice di merito ritenuto che per integrare la
concussione per abuso di qualità sia necessario che la minaccia del pubblico ufficiale si concreti
con l’adozione di un atto o di un comportamento del proprio ufficio, allorché il reato può in tal
caso essere integrato anche da condotta che prescinda dalle competenze proprie del soggetto
attivo, purché l’abuso si manifesti attraverso la strumentalizzazione della posizione di
preminenza ricoperta dal pubblico ufficiale rispetto al privato; 3) violazione della legge penale
poiché la sentenza impugnata esclude la configurabilità, in alternativa alla tentata concussione,
del reato di tentata violenza privata aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 9) c.p., erroneamente
argomentando che la telefonata di scuse intercorsa dopo un’ora dalla prima impedisse di
rinvenire nella duplice minaccia contestata la volontà di costringere il Buonaiuto a far venir
meno il suo sostegno elettorale per la lista avversaria, dovendosi invece considerare quella
condotta, con giudizio di prognosi postuma, del tutto idonea a cagionare la costrizione descritta
nell’imputazione e univocamente a ciò finalizzata, ovvero della fattispecie di reato di cui all’art.
88 D.P.R. 570/1960, almeno nella forma del reato elettorale del privato cittadino;

RITENUTO che, ai fini della configurabilità del delitto di concussione, la nozione di abuso
della qualità postula una condotta che, indipendentemente dalle competenze proprie del
soggetto attivo, si manifesti quale strumentalizzazione della posizione di preminenza dallo
stesso ricoperta nei confronti del privato, e che tale forma di strumentalizzazione debba d’altro
canto comunque attenere ad un possibile (e pure prospettato) esercizio abusivo da parte
dell’agente dei suoi poteri di pubblico ufficiale (Sez. 6, 12.2.2014, Ramello);

2
(

di quella da lui appoggiata, evento non verificatosi per la reazione del Buonaiuto, che

che nel caso di specie il fatto contestato non è frazionabile e individua un’unica condotta
minacciosa consistente nella prospettazione della rivelazione alla suocera della persona offesa
di una presunta relazione extraconiugale da questi intrattenuta;
che, in assenza della prospettazione di un male futuro diverso da quello sopra descritto,
all’evidenza esorbitante dalla carica pubblica ancora per pochi giorni ricoperta dall’imputato, il
riferimento fatto alla carica di sindaco non rappresenta univoca espressione di abuso della
qualità, sicché non sono nel caso di specie configurabili né il delitto di tentata concussione, né

che peraltro, come indicato nel terzo motivo di ricorso, la sopra descritta minaccia,
esplicitamente formulata al fine di modificare le scelte e l’azione politica della vittima, appare
astrattamente idonea a configurare il reato di cui agli artt. 56 e 610 c.p.;
che l’idoneità ed univocità degli atti rilevante ai fini della configurabilità del tentativo va intesa
nel senso della loro potenziale adeguatezza a causare l’intimidazione funzionale al
conseguimento dell’utilità perseguita e va accertata secondo il criterio della cosiddetta
“prognosi postuma”, ossia un giudizio svolto in concreto ed

ex ante, riportandosi cioè al

momento in cui l’imputato ha posto in essere la sua condotta, e valutando se, sulla base delle
circostanze concrete al momento esistenti, essa appariva idonea a cagionare l’evento o,
comunque, la sua adeguatezza allo scopo criminoso

(ex multis,

Sez. 1, n. 32851 del

10.6.2013, rv. 256991);
che la successiva telefonata di scuse, concretandosi in un post factum, non può quindi incidere
sul giudizio di idoneità e univocità della condotta, mentre la refrattarietà del soggetto passivo a
intimorirsi, la sua mancanza di soggezione e perfino la sua decisione di denunciare
immediatamente il fatto all’autorità giudiziaria non escludono la sussistenza del reato, essendo
sufficiente che la condotta abbia determinato una situazione idonea in astratto a ingenerare
quel timore;
che alla luce di quanto fin qui esposto si rende necessario, in conclusione, l’annullamento della
sentenza impugnata con rinvio degli atti al Tribunale di Avellino perché, in coerente
applicazione dei sopra enunciati principi di diritto, proceda a nuovo esame sui punti e profili
critici segnalati colmando – nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito – le
indicate lacune e discrasie della motivazione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Avellino.
Così deciso in Roma il 4 giugno 2015.

l’aggravante di cui all’art. 61, n. 9 c.p.;

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