Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25952 del 16/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25952 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZAMO’ GIANLUCA N. IL 18/04/1968
avverso la sentenza n. 411/2013 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
09/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. /EU /41W
che ha concluso per j(0A10,,,,a0,&1_,„

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/06/2015

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 9 aprile 2014 la Corte d’appello di Trieste,
in parziale riforma della sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Udine del 7
giugno 2012, appellata da Zamò Gianluca, ha rideterminato la pena inflittagli per
il reato di calunnia in anno uno di reclusione, previo riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 370 c.p., ed ha confermato nel resto la sentenza
impugnata, che all’esito di giudizio abbreviato lo aveva condannato alla pena di

per i servizi sanitari del medio Friuli, in data 14 ottobre 2008, il titolare di un
pubblico esercizio del delitto di cui all’art. 444 c.p., accusandolo di essersi sentito
male a causa della consumazione di cibo avariato e imputando il proprio malore
alle cattive condizioni igieniche del locale.

2. Avverso la su indicata decisione ha personalmente proposto ricorso per
cassazione l’imputato, deducendo due motivi di doglianza: a) contraddittorietà
della motivazione, avuto riguardo alle evidenze probatorie degli atti processuali,
per quel che attiene agli elementi favorevoli emersi dalla deposizione del teste
Fornasarig all’udienza del 26 aprile 2012, in sede di integrazione istruttoria
disposta a seguito del rito abbreviato condizionato;

b) inosservanza o erronea

applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 368 e 43 c.p., per non
avere la Corte d’appello considerato l’elemento rappresentativo del dolo del
delitto di calunnia, atteso che le risultanze istruttorie, ed in particolare quelle
offerte dalla su indicata testimonianza, non escludevano la possibilità che
l’imputato, nella sua particolare situazione soggettiva, confermata da plurimi
riscontri in atti, potesse ragionevolmente ritenere le condizioni in cui versava il
predetto locale non conformi ai requisiti di igiene previsti dalla legge per un
pubblico esercizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Successivamente alla presentazione del ricorso, in data 8 luglio 2014, il
ricorrente è deceduto, come si desume dal certificato di morte rilasciato
dall’Ufficiale di stato civile del Comune di Manzano (Provincia di Udine) in data 26
marzo 2015.
Le decisioni assunte all’esito dei due gradi di giudizio escludono la ricorrenza
di condizioni idonee a concretizzare cause di non punibilità ai sensi dell’art. 129,
comma 2, c.p.p. .

1

anno uno e mesi sei di reclusione, per avere falsamente denunciato all’Azienda

2. La certificazione della morte del ricorrente determina, dunque, ex artt.
69, 129, comma 1, c.p.p. e 150 c.p., la immediata declaratoria della estinzione
del reato per morte dell’imputato e, in ragione dell’art. 620, comma 1, lett. a),
c.p.p., l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il reato è estinto per

Così deciso in Roma, lì, 16 giugno 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

morte del ricorrente.

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