Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25943 del 31/03/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25943 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TULLI LEO N. IL 05/10/1989
avverso la sentenza n. 5685/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
07/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. y- 4
che ha concluso per

Udito, per la pa civile l’Avv
,

el4

L

U-L2

Data Udienza: 31/03/2015

RITENUTO IN FATTO
Tulli Leo ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, in
data 7-5-2014, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna emessa in primo
grado, in ordine al delitto di cui all’art. 367 cod. pen., in merito ad una falsa denuncia di
danneggiamento della sua auto.
2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché ingiustificatamente è
stata ritenuta l’inveridicità della denuncia di danneggiamento presentata dal ricorrente, in
perfetta buona fede, poiché egli aveva riscontrato un danneggiamento, da parte di ignoti,
dell’autovettura in suo possesso. Il Tulli, al momento della denuncia, affermò che la
propria auto era stata rigata sulle fiancate, sul cofano anteriore e posteriore e sul
tetto,oltre a presentare un’ammaccatura tra le due portiere, sulla sinistra del mezzo. Dai
verbalizzanti venne scoperto che alcune delle rigature erano state, in realtà,effettuate con
del gesso, cosicché non consistevano in danni veri e propri. Erano tuttavia presenti altre
rigature reali e una ammaccatura. Non vi è alcuna prova che le rigature con il gesso siano
state effettuate dal ricorrente, al fine di ottenere un risarcimento da parte della Compagna
assicurativa, e ancor meno che i danni effettivamente riscontrati dai Carabinieri
costituissero non un danneggiamento ad opera di terzi ma la conseguenza di un sinistro
stradale. Non è stato dunque dimostrato il dolo dell’imputato, essendo basata la condanna
soltanto su congetture.
2.1.Del resto, anche
accedendo
all’ipotesi accusatoria, dovrebbe addivenirsi alla
conclusione secondo la quale la denuncia era inidonea ad innescare un procedimento
penale, poiché i Carabinieri si sono accorti immediatamente che alcune delle rigature
erano state effettuate con il gesso.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Le doglianze formulate esulano dal numerus clausus delle censure deducibili in sede di
legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto
riservati alla cognizione del giudice di merito ,le cui determinazioni, al riguardo, sono
insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed
idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del
decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di
legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai
giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi
ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione , se abbiano fornito una
corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni
delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle
argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza
di altre ( Sez. U. ,13-12-1995 Clarke ,Rv. 203428). Nel caso di specie, dalle cadenze
motivazionali della sentenza d’appello è enucleabile una attenta analisi della
regiudicanda, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni
difensive ed essendo pervenuti alla conferma della sentenza di prime cure attraverso
un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della
razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di
contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede, come si
desume dalle considerazioni formulate dalla Corte d’appello a p. 4 della sentenza
impugnata. Né la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sull’attendibilità delle
acquisizioni probatorie , giacchè questa prerogativa è attribuita al giudice di merito,
con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano logico, con

1

1.

2.Manifestamente infondata è anche la censura basata sull’asserita inidoneità della
denuncia ad innescare un procedimento penale. Ci troviamo infatti in presenza di un
reato di pericolo, per la cui configurabilità è sufficiente l’astratta possibilità che venga
avviata un’indagine penale. Questa possibilità è da escludersi soltanto qualora la falsa
incolpazione abbia ad oggetto condotte non corrispondenti , ictu oculi, ad alcuna
fattispecie di reato (Cass. 27-10-1987, Piscopo, Rv. 177561) o prospettazioni fattuali
manifestamente inverosimili e del tutto destituite di qualunque, sia pur
minima,credibilità, a tal punto da rendere superflua qualsiasi indagine, risultando, in tal
caso,l’azione sostanzialmente priva dell’attitudine a ledere gli interessi protetti,a norma
dell’art. 49 cod. pen. (Sez. 6 , 17-3-2009 n. 26177, Rv. 244357; Sez. 6, 3-12-2009, n.
4983, Rv. 246077). Nel caso in disamina, risulta che il Tulli si recò presso i Carabinieri
denunciando di avere subìto il danneggiamento dell’auto di cui aveva la
disponibilità,che era stata, a suo dire, rigata sulle fiancate , sul cofano anteriore e
posteriore e sul tetto, oltre a presentare un’ammaccatura fra le due portiere, anteriore
e posteriore, sulla sinistra del mezzo. Come si vede, una prospettazione fattuale,prima
facie,tutt’altro che inverosimile. Né può inferirsi tale inverosimiglianza dalle risultanze
degli accertamenti esperiti dalla polizia giudiziaria, in quanto l’inidoneità della denuncia
inveridica a determinare eventuali indagini va valutata con criterio oggettivo,
considerando il contenuto della denuncia in sé e per sè, senza tener conto delle
circostanze posteriormente emerse, che possono smentire la versione del denunciante
( Cass. 18-2-1980, Ciccarelli , Giust. Pen. 1980, II, 693; Cass. 22-4-1987, Bellavia,
Giust. Pen. 1988, II, 94). ). Sarebbe dunque erroneo inferire l’inconfigurabilità del
reato di cui all’art 367 cod. pen., per irrilevanza penale del fatto oggetto della
denuncia, dalla complessiva ricostruzione della vicenda, così come risultante dagli
accertamenti espletati dai Carabinieri, atteso che i connotati di irrilevanza penale
dell’addebito formulato dal denunciante vanno valutati con giudizio ex ante, ossia con
riguardo al momento in cui la denuncia-querela è stata presentata.
3.11 ricorso va dunque dichiarato inammissibile , a norma dell’ad 606, comma 3, cod.
proc. pen., con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille , determinata secondo equità , in favore della
Cassa delle ammende.

PQM
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE
SPESE PROCESSUALI E DELLA SOMMA DI E. 1000,00 IN FAVORE DELLA CASSA DELLE
AMMENDE

Così deciso in Roma , all ‘udienza del 31-3-2015 .

una esauriente analisi delle risultanze agli atti, si sottraggono al sindacato di legittimità
( Sez. U. 25-11-1995, Facchini , Rv. 203767).

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