Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25942 del 31/03/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25942 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NARO LORENZO N. IL 02/02/1973
avverso la sentenza n. 362/2013 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 18/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. E
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che ha concluso per

Udito, per la parte civile, PAvv,

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Data Udienza: 31/03/2015

1. Naro Lorenzo ricorre per cassazione
avverso la sentenza della Corte d’appello di
Caltanissetta, in data 18-3-2014, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna
in ordine al reato di cui all’art. 650 c.p. per non aver osservato, per due volte consecutive,
le ordinanze sindacali con le quali si vietava al ricorrente la movimentazione di qualsiasi
capo bovino e gli si ordinava la consegna immediata di una serie di documenti inerenti agli
animali. Inoltre, in riforma della sentenza assolutoria emessa in primo grado, la Corte
d’appello ha dichiarato il Naro colpevole del delitto di cui all’art. 388 cod. pen., per avere
compiuto atti diretti a eludere il provvedimento di sequestro preventivo adottato dal Gip
del Tribunale di Caltanissetta, impedendo a Naro Daniela, nella qualità di custode
giudiziario degli animali oggetto del sequestro, di occuparsi di questi ultimi, in particolare,
non consentendo il pascolo. Il ricorrente è stato altresì dichiarato responsabile dei reati di
cui agli artt. 544 bis e ter cod. pen. per avere, con crudeltà e senza necessità, cagionato la
morte di tre vitelli e di una vacca, per soffocamento, nonché sottoposto a sevizie gli
animali sequestrati, tenendoli ristretti, accalcati all’interno del paddock e privi di fieno.
2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione ,poiché
l’ordinanza sindacale n. 336 del 16 dicembre 2009 era stata revocata, in autotutela, dal
medesimo sindaco di Caltanissetta, con l’ordinanza sindacale numero 7 dell’Il gennaio
2010. Erroneamente pertanto la Corte d’appello ha ritenuto che la condanna non riguardi
l’ordinanza
n.
336,
atteso
che
il
capo
d’imputazione
la
menziona
espressamente,contestando anche la continuazione.
2.1.Con il secondo motivo, si rappresenta che l’imputato, a seguito dell’ordinanza
sindacale n. 8 dell’il gennaio 2010, emanata in sostituzione della 336, depositò, presso
l’amministrazione, svariati documenti, regolarmente presentandosi all’Autorità, onde non
può ritenersi integrato il reato di cui all’art. 650 cod. pen. L’irregolarità o incompletezza
della documentazione presentata esaurisce infatti la propria rilevanza sul piano
amministrativo.
2.2.11 terzo motivo si incentra invece sui reati di cui agli artt. 544 bis e ter cod. pen., da
ritenersi insussistenti, in quanto il decreto di sequestro preventivo non concerneva i
terreni o i beni strumentali di cui il ricorrente aveva la disponibilità. Dunque egli aveva
senz’altro il diritto di non concederli per il pascolo e l’abbeveraggio degli animali
sequestrati, affidati alla custodia della sorella. Le conseguenze dannose per questi ultimi
derivano quindi dalle modalità del sequestro, che non hanno tenuto conto delle
elementari esigenze di vita degli animali.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
Con “comparsa conclusionale” presentata il 31 marzo 2015, la parte civile Naro Daniela, ha
chiesto declaratoria di inammissibilità o , comunque, rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La doglianza inerente alla configurabilità del reato di cui all’art. 388 cod. pen. è fondata,
sia pure per ragioni diverse da quelle indicate dal ricorrente. È infatti incontroverso che,
nel caso di specie, si tratti di un sequestro preventivo,emanato dal giudice per le
indagini preliminari. Si versa pertanto nell’ipotesi prevista non dall’ad 388 cod. pen.,
che riguarda provvedimenti di ablazione reale emessi in sede civile, ma dall’alt 334
cod. pen., che inerisce, per l’appunto, al sequestro disposto nel corso di un
procedimento penale. Non è però ravvisabile l’elemento oggettivo di quest’ultimo reato,
poiché la condotta contestata (avere compiuto atti diretti a eludere il provvedimento di
sequestro preventivo, impedendo a Naro Daniela, nella qualità di custode giudiziario
degli animali sequestrati, di occuparsi di questi ultimi, in particolare, non consentendo il
loro pascolo) non può essere ricondotta a nessuna delle ipotesi contemplate dalla
norma incriminatrice di cui all’art. 334 cod. pen., se non a prezzo di inammissibili
1

RITENUTO IN FATTO

2. Il reato di cui all’art. 650 cod. pen. è estinto per prescrizione. Il ricorrere di una causa
di estinzione del reato preclude la disamina della questione relativa alla fondatezza o
meno dei motivi di ricorso. Quand’anche infatti dovesse addivenirsi, al riguardo, ad una
valutazione in senso positivo, essa comporterebbe l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata,con conseguente prosecuzione del processo dinanzi al giudice del
rinvio. Ma la prosecuzione del processo è incompatibile con l’obbligo di immediata
declaratoria della causa estintiva del reato (Sez. U. 21-10-1992 Marino , Cass. pen.
1993 , 1393; Cass 23-1-97 , Bornigia ,RV. Cass n. 208673; Cass 24 -6- 96,
Battaglia,Rv.205548 ; cfr anche Sez. U. 28-11-2001, Cremonese, Cass. pen 2002 ,
1308, secondo cui la sussistenza di una nullità di ordine generale non è rilevabile nel
giudizio di legittimità, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice del merito è incompatibile
con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva). Né, d’altronde, è
possibile , in questa sede, fare applicazione del disposto dell’art. 129 cod. proc. pen.,
non risultando evidente il ricorrere di una delle cause di non punibilità di cui alla
predetta norma, in considerazione delle ragioni espresse nell’ampio e approfondito
apparato argomentativo a supporto della decisione impugnata, in particolare, in merito
alla ravvisabilità del reato sotto il profilo della violazione del divieto di movimentazione
dei bovini, essendone spariti 32.La valutazione afferente all’emergere, in termini di
evidenza, di una delle situazioni previste dall’art. 129 co 2 cod. proc. pen. comporta
comunque un apprezzamento di fatto precluso al giudice di legittimità.
3. Fondato è anche il terzo motivo di ricorso. In tema di motivazione della sentenza, il
giudice di appello che, come nel caso in disamina, riformi totalmente la decisione di
primo grado, sostituendo alla pronuncia di assoluzione quella di condanna dell’imputato,
ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento
probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione
della prima sentenza , dimostrandone in modo rigoroso l’incompletezza o l’incoerenza (
Sez. U. 12-7-2005, Mannino, Cass. pen. 2005, 3732) . Viceversa ,la Corte territoriale
non solo non ha confutato le argomentazioni della sentenza di primo grado, a sostegno
dell’ assoluzione, ma non le ha nemmeno analizzate, ribaltando l’epilogo decisorio sulla
base di un iter logico-giuridico del tutto avulso dal percorso argomentativo esperito dal
giudice di prime cure. La pronuncia assolutoria si fondava infatti sulla mancanza, in
capo all’imputato, dell’obbligo giuridico di consentire agli animali sequestrati il pascolo
nei terreni condotti in affitto dalla srl “Superbae”. A fronte di questo rilievo,
incongruamente qualificato dal giudice a quo “mero dato astratto”, la Corte d’appello si
è limitata a ribadire che l’imputato aveva impedito agli animali di procurarsi il
sostentamento necessario per sopravvivere ,pascolando sui predetti terreni,
aggiungendo soltanto una generica considerazione circa il “particolare contesto familiare
nel quale l’intera vicenda si colloca” : argomentazione di cui non è dato comprendere
l’attinenza alla problematica in disamina, connotata da precisi obblighi giuridici,
connessi al provvedimento di nomina a custode di Naro Daniela, da parte degli organi
procedenti. Tanto più che dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che il
pubblico ministero, con provvedimento in data 30 aprile 2010, aveva disposto che Naro
Daniela conducesse gli animali in terreni non nella disponibilità di Naro Lorenzo, proprio
perché quest’ultimo, in qualità di legale rappresentante della srl “Superbae”, aveva
avvertito i Carabinieri che non avrebbe permesso agli animali custoditi da Naro Daniela
di pascolare sui terreni in affitto alla predetta società. La Corte d’appello si è poi
ampiamente soffermata sulle acquisizioni probatorie in merito alle pessime condizioni

estensioni analogiche in malam partem. Si esula pertanto dall’ambito di applicabilità
della predetta disposizione incriminatrice.

PQM
ANNULLA LA SENTENZA IMPUGNATA IN ORDINE AL CAPO DI CUI ALL’ART. 388 C.P. PERCHÈ IL FATTO NON È
PREVISTO DALLA LEGGE COME REATO E IN ORDINE ALL’ART. 650 C.P. PERCHÈ IL REATO È ESTINTO PER
PRESCRIZIONE; ANNULLA LA MEDESIMA SENTENZA IN ORDINE AL REATO DI CUI AGLI ARTT. 544 BIS E 544
TER C.P. E RINVIA PER NUVO GIUDIZIO IN ORDINE A TALI REATI AD ALTRA SEZIONE DELLA CORTE D’APPELLO
DI CALTANISSETTA.

Così deciso in Roma , all ‘udienza del 31-3-2015 .

degli animali ma l’apparato giustificativo del decisum non può ridursi alla semplice
riproduzione delle risultanze acquisite, dovendo il giudice trarre una sintesi logica dal
materiale probatorio disponibile e dare puntuale risposta alle argomentazioni difensive (
Cass. Sez. 6, 11-2-2008, n. 34042/07, Napolitano). Nel caso di specie, il giudice a quo
avrebbe dovuto esporre le ragioni per le quali la responsabilità delle cattive condizioni
degli animali dovesse essere addebitata non al custode ma ad un terzo soggetto, che
non era gravato dagli obblighi di custodia, e cioè all’imputato.
La tematizzazione di tali
profili è del tutto estranea al tessuto motivazionale della
pronuncia impugnata,onde non può affermarsi che i giudici di secondo grado abbiano
preso adeguatamente in esame le deduzioni difensive né che siano pervenuti alla
riforma della sentenza di prime cure attraverso un itinerario logico-giuridico immune
da vizi, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto esenti
da connotati di contraddittorietà o di manifesta illogicità e di un apparato logico
coerente con una esauriente analisi delle risultanze agli atti ( Sez. U. 25-11-1995 ,
Facchini , Rv. 203767).
4.La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio relativamente al reato di cui
all’ad 388 cp, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato,e in ordine alla
contravvenzione di cui all’art 650 cp pechè estinta per prescrizione. La medesima
sentenza va inoltre annullata in ordine ai reati di cui agli artt. 544 bis e ter cp, con
rinvio, per nuovo giudizio,in ordine a tali reati, ad altra Sezione della Corte d’appello di
Caltanissetta.

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