Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25933 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 25933 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARZOCCA RAFFAELE N. IL 25/06/1993
avverso l’ordinanza n. 51/2015 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
26/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere aptt n GIUSEPPE GRASOIL
lettesentite le conclusioni del PG Dott. -z-uk,’~
ut

Uditi di sor Avv.;

Data Udienza: 20/05/2015

FATTO E DIRITTO

1. Marzocca Raffaele, sottoposto ad indagini in ordine al delitto di cui all’art. 73
del d.P.R. n. 309/1990, ricorre avverso l’ordinanza del 26/1/2015, depositata il
successivo giorno 29, con cui il Tribunale di Bari in funzione di giudice del
riesame cautelare, parzialmente accogliendo il ricorso proposto dall’indagato
avverso l’ordinanza del G.I.P. di Trani del 7/1/2015, con la quale era stata
disposta la custodia cautelare in carcere, sostituì la predetta misura con quella

2.

Con unitaria censura il ricorrente lamenta, piuttosto sommariamente, la

mancanza di gravi indizi di colpevolezza (s’era trattato di un «abbaglio>> delle
forze dell’ordine che avevano frainteso «la cessione della quantità personale
sequestrata con la condivisione della sostanza all’amico»; enunciando, inoltre,
l’ipotesi tenue di cui al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990, la
reintroduzione della distinzione tra cd. sostanze stupefacenti pesanti e leggere e
l’attuale condotta di ravvedimento dell’indagato.

3. Il ricorrente sibbene non enunci esplicitamente la mancanza dei gravi indizi di
colpevolezza, impropriamente fa cenno ad «un grosso abbaglio da parte delle
forze dell’ordine». E’ appena il caso di spiegare che un simile evento è del tutto
smentito dalla solida e pienamente logica motivazione resa sul punto dal
provvedimento (il Marzocca, peraltro confesso in sede di convalida, fu colto
flagrante all’atto della cessione di una dose di cocaina, e dieci dosi della
medesima sostanza unitamente a somme di denaro, presuntivamente
provenienti dall’illecito traffico).

4.

L’insussistenza delle esigenze cautelari, poi, risulta solo apoditticamente

enunciata (punto 1, del ricorso), nel mentre il riferimento alla reintrodotta
distinzione, quanto a trattamento sanzionatorio fra sostanze stupefacenti pesanti
e leggere, a sèguito della nota sentenza n. 32/2014 della Corte Cost., non ha
rilievo in questa sede, i quanto il Marzocca è accusato di aver spacciato cocaina.
Quanto, poi, all’ipotesi minore di cui al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n.
309/1990, la cui rispondenza al caso è stata riconosciuta dal Tribunale del
riesame, devesi osservare che la pena prevista (anche dopo la riforma operata
con il decreto legge 20/3/2014, n. 36, convertito nella legge 16/5/2014, n. 79,
che ha riscritto come autonoma ipotesi di reato la fattispecie: da sei mesi a
quattro anni di reclusione e da 1.032 a 10.329 euro di multa – nella prima
versione di reato autonomo minore introdotta con il D.L. 23/12/2013, n. 146,

a

meno affittiva degli arresti domiciliari.

convertito nella L. 21/2/2014, n. 10, le cui previsioni sono state prematuramente
poste in crisi dalla citata sentenza della Corte cost. n. 32/014, il reato risultava
punito con la reclusione da un anno a cinque anni e con la multa da 3.000 a
26.000 euro -) appare comunque compatibile con l’applicata misura, adeguata al
fatto e alla personalità dell’indagato, gravato da un precedente specifico.

5. Nelle more del giudizio di cassazione è entrata in vigore, la legge 16/4/2015,
n. 47, pubblicata sulla G.U.23/4/2015, avente ad oggetto «modifiche al codice

26 luglio 1975, n. 354, in materia di visita a persone affette da handicap in
situazione di gravità».
In passato le S.U. di questa Corte (sentenza n. 27919 del 31/3/2011, depositata
il 14/7/2011), innovando un difforme consolidato orientamento, hanno statuito
che in assenza di una disposizione transitoria, la misura cautelare in corso di
esecuzione (disposta prima dell’entrata in vigore della novella che, all’epoca,
ebbe ad ampliare, modificando il comma 3 dell’art. 275, cod. proc. pen., il
catalogo dei reati per i quali vale la presunzione legale di adeguatezza della sola
custodia carceraria) non poteva subire modifiche unicamente per effetto della
nuova e più sfavorevole disposizione.
Le ragioni fondamentali di una tale condivisa impostazione riposano sulla
considerazione, che pur non essendo «in discussione il canone tempus regit
actum utilizzato»,

seguito dalle pronunce che affermavano opposto

orientamento, «L’antica regola costituisce la traduzione condensata dell’art. 11
delle preleggi. Essa enuncia che la nuova norma disciplina il processo dal
momento della sua entrata in vigore; che gli atti compiuti nel vigore della legge
pre vigente restano validi; che la nuova disciplina, quindi, non ha effetto
retroattivo. L’indicato canone corrisponde ad esigenze di certezza, razionalità,
logicità che sono alla radice della funzione regolatrice della norma giuridica.
Esso, proprio per tale sua connotazione, è particolarmente congeniale alla
disciplina del processo penale. L’idea stessa di processo implica l’incedere
attraverso il susseguirsi atomistico, puntiforme, di molti atti che compongono,
infine, la costruzione. Tale edificazione rischierebbe di crollare dalle radici come
un castello di carte se la cornice normativa che ha regolato un atto potesse
essere messa in discussione successivamente al suo compimento, per effetto di
una nuova norma».
In quella sentenza si chiarì, peraltro, che se la soluzione del problema appariva
semplice applicando il brocardo di cui si è detto in presenza di atti aventi effetto
istantaneo, difficoltà sorgevano «quando il compimento dell’atto, o lo spatium
deliberandi o ancora gli effetti si protraggono, si estendono nel tempo: un tempo

di procedura penale in materia di misure caute/ari personali. Modifiche alla legge

durante il quale la norma regolatrice muta. Basti pensare alle norme sulla
competenza, sulle impugnazioni, sulla disciplina delle prove, sulle misure
caute/ari, appunto>>. Proseguivano le S.U. ponendo la distinzione fra momento
genetico della misura cautelare e continua verifica circa il permanere delle
condizioni che la giustificano.
La fase genetica non può che rimanere retta e regolata dalla legge del tempo.
Per converso,

«si impone una continua verifica circa il permanere delle

condizioni che hanno determinato la limitazione della libertà personale e la scelta

proc. pen. Il codificatore ha opportunamente racchiuso in un unico contesto
normativo l’aspetto per così dire dinamico della restrizione di libertà; e quindi le
diverse ipotesi di revoca e sostituzione delle misure cautelari in relazione al
mutare della situazione di fatto e di diritto nel corso del procedimento. La finalità
cui la disciplina con tutta evidenza corrisponde è quella di assicurare che in ogni
momento la restrizione sia conforme ai principi di adeguatezza,
proporzionalità>>.
Alla luce di quanto sopra esposto, che, ovviamente rappresenta un enunciato
generale, che non muta ove il sopravvenire della nuova norma possa assumere
caratteri di favore per l’indagato, pertanto, in questa sede non possono trovare
applicazione le innovazioni introdotte con la cit. I. n. 47, incidenti sulla fase
genetica della misura, emessa sotto la vigenza della legge del tempo. Altro sarà
valutarne i riflessi sulla verifica del permanere delle condizioni legittimanti.

6. L’epilogo impone condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta itricors0 e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
competente Tribunale Distrettuale del riesame perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 92 Disp. att. c.p.p. Manda alla Cancelleria per gli immediati
adempimenti a mezzo fax.

Così deciso in Roma 20/5/2015

di una determinata misura cautelare. La materia è regolata dall’art. 299 cod.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

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