Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2593 del 14/12/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 2593 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: BELLINI UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRARI IVAN N. IL 19/08/1978
avverso l’ordinanza n. 72/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
19/05/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO BELLINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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ata-. Ged,

Uditi difenSor Avv.;

Data Udienza: 14/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Bologna con la ordinanza impugnata respingeva il
ricorso per riparazione della ingiusta detenzione proposto da Ferrari Ivan per
ottenere ristoro in ragione del periodo sofferto in custodia agli arresti
domiciliari a fare data dal 8.9.2009 al 21.9.2009 per il reato di cui all’art.73
commi 1 e 1 bis dpr 309/90, contestazione dalla quale era stato assolto ai
sensi dell’art.530 II comma c.p.p. dalla Corte di Appello di Bologna con

del Ferrari, sia pure assolto dal reato ascritto, andava valutata alla stregua
di una serie di elementi che rendevano del tutto plausibile, al momento della
emissione della misura e in epoca successiva, che il ricorrente destinasse la
sostanza ad un uso non esclusivamente personale come lasciavano
intendere le modalità di occultamento e di confezionamento e come dallo
stesso avallato in sede di interrogatorio in cui riferiva che avrebbe
consumato la sostanza stupefacente in compagnia di altra persona durante
la cena.
2. Avverso detta pronuncia proponeva tempestivo ricorso per Cassazione il
Ferrari il quale si affidava ad un motivo denunciando

inosservanza ed

erronea applicazione di legge e vizio di motivazione sostenendo da un lato
che la Corte territoriale aveva errato nel ritenere i requisiti ostativi alla
riparazione e dall’altra aveva motivato sull’addebitabilità all’interessato della
condotta ostativa determinante l’evento detenzione pure a fronte di
circostanze obiettive, quali la modestia dello stupefacente sequestrato e le
spiegazioni fornite nella immediatezza dal Ferrari sulla natura dello
stupefacente e sulla sua destinazione. Chiedeva pertanto l’annullamento
della sentenza impugnata.
3. Il sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione chiedeva
dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
4.

Nel costituirsi in giudizio il Ministero della Economia e delle Finanze tramite
l’Avvocatura Generale dello Stato chiedeva dichiararsi la inammissibilità e in
subordine disporsi il rigetto del ricorso del Ferrari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente va rilevata la inammissibilità del ricorso in cassazione
proposto dall’imputato personalmente con sottoscrizione in calce alla
impugnazione autenticata dal difensore atteso che in tema di riparazione per
l’ingiusta detenzione, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto con

sentenza del 9.1.2014 divenuta irrevocabile. Evidenziava che la condotta

atto sottoscritto dalla parte senza la rappresentanza di un avvocato iscritto
nell’albo speciale della Corte di cassazione a norma dell’art.613 c.p.p.,
giacché l’unica deroga a tale disposizione generale è quella prevista
dall’art.571, comma primo, c.p.p. che riconosce al solo imputato la facoltà di
proporre personalmente l’impugnazione (Cass. Sez.U, ordinanza 27.6.2001
n.34535). Analogamente, le Sezioni Unite, con sentenza 13/7/2000 n. 19,
ric. Adragna, hanno precisato che la disposizione contenuta nell’art. 613

debbano essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, dal difensore iscritto
nell’albo speciale, salvo che la parte vi provveda personalmente, deve essere
interpretata come ricognitiva della facoltà di proposizione personale
dell’impugnazione: facoltà che la norma consente al solo imputato, per cui la
deroga al principio della necessità della rappresentanza tecnica non può
valere per soggetti diversi dall’imputato.
2.

Ritenuto che tale principio successivamente ribadito dalla Suprema Corte
(sez.III, 16.10.2008 n.42737) è da condividere atteso che il giudizio di
riparazione dell’ingiusta detenzione che rinvia sotto il profilo procedurale alla
disciplina della riparazione dell’errore giudiziario, improntata a principi
solidaristici e ristorativi in chiave indennitaria con connotazioni civilistiche
come è possibile evincere dalla stessa lettera dell’art.643 c.p.p., in nessun
modo può essere ricondotto al piano dell’illecito penale e alla legittimazione
e ai rimedi impugnatori previsti dal legislatore con particolare riferimento al

favor impugnationis, in particolare se espressione di un diritto di difesa
promanante personalmente dall’imputato.

Il gravame deve, pertanto,

essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 591 c.p.p., lett. a), in
quanto proposto da soggetto non legittimato.
3. Tenuto conto della sentenza 13/6/2000 n. 186 della Corte Costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia
proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, alla ridetta declaratoria di inammissibilità segue, a norma
dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento e del versamento di
una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in
considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella
misura di Euro 500,00. Le spese di lite possono essere dichiarate
compensate tra le parti in ragione della non particolare specificità delle
difese della parte pubblica.

P.Q.M.

c.p.p., nella parte in cui dispone che gli atti, le memorie ed i motivi nuovi

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 500 a favore della
cassa delle ammende. Spese compensate tra le parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14.12.2015.

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