Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25925 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 25925 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VRAPI KLODIAN, nato il 26/05/1981
GRECA ROBERT, nato il 16/04/1984
avverso la sentenza n. 3666/2013 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
29/11/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/05/2015 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. EMILIO IANNELLO;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FULVIO BALDI che ha
concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi;
udito per il ricorrente Vrapi Klodian il difensore Avv. TERESA GIGLIOTTI del
Foro di Roma che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29/11/2013 la Corte d’appello di L’Aquila confermava il
giudizio di penale responsabilità di Vrapi Klodian limitatamente ai reati di
detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina allo stesso
contestati ai capi BB e BE di imputazione, assolvendolo dalle altre imputazioni, e
rideterminava pertanto la pena, già ridotta per il rito, in cinque anni e quattro
mesi di reclusione ed C 24.000,00 di multa; confermava invece integralmente la

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Data Udienza: 20/05/2015

sentenza di primo grado nei confronti di Greca Robert, condannato – per reati
della stessa specie, allo stesso contestati ai capi H, I, L e M – alla pena, già
ridotta per il rito abbreviato, di sei anni e otto mesi di reclusione ed C 50.000 di
multa.

2. Avverso tale decisione i predetti imputati, personalmente, propongono
ricorso per cassazione.

2.1. Con il primo deduce inosservanza di norme processuali stabilite a pena
di nullità e vizio di motivazione in relazione al mancato accoglimento
dell’eccezione di incompetenza territoriale.
Premette che la relativa doglianza è stata ritenuta inammissibile dalla Corte
territoriale in quanto non accompagnata dall’indicazione specifica delle ragioni di
diritto e degli elementi di fatto che ne sono poste a fondamento. Ha rilevato
infatti il collegio che, all’udienza preliminare del 20/1/2009, la difesa
dell’imputato si era limitata a richiamare, a supporto della sollevata eccezione di
incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Ascoli Piceno, la
documentazione contestualmente depositata, il cui contenuto” però non
consentiva, secondo la Corte, di comprendere gli esatti termini della questione
sollevata, non essendo questi inoltre specificati nemmeno in altri atti scritti
provenienti dalla difesa successivamente prodotti in sede di giudizio abbreviato.
Non era in particolare possibile, a giudizio della Corte territoriale, discernere
se la questione fosse stata proposta sotto il profilo della competenza per
connessione con i più gravi reati riportati nella rubrica della impugnata sentenza
ai capi E, F e G, oppure in relazione al rapporto di progressione criminosa
dedotto con riferimento ai soli capi di imputazione trattati nel presente processo.
Deduce il ricorrente che tale motivazione è illogica e contraddittoria a fronte
della esplicita produzione documentale effettuata nell’udienza preliminare e
considerato, comunque, che entrambi gli ipotizzati profili di incompetenza (per
connessione o per progressione criminosa) conducevano a stabilire la
competenza del Tribunale di Ascoli Piceno.
Soggiunge che l’eccezione non poteva considerarsi preclusa dalla mancanza
di adeguata prova, trattandosi di accertamento che il giudice deve operare
d’ufficio.

2.2. Con il secondo motivo deduce inosservanza di norme processuali
stabilite a pena di nullità in riferimento alla mancata traduzione dell’avviso di
conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 143 cod. proc. pen..

Greca Robert articola a fondamento del proprio ricorso quattro motivi.

Segnala che, per tal motivo, all’udienza preliminare era stata sollevata
eccezione di nullità sulla quale il giudicante tuttavia non si era pronunciato.

2.3. Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e
vizio di motivazione per essere il giudizio di penale responsabilità fondato sulle
dichiarazioni del coimputato Giancarlo Casolani in assenza di riscontri esterni
individualizzanti.
Rileva che tali non possono considerarsi quelli indicati in sentenza in quanto

stata condanna, né le intercettazioni telefoniche intercorse successivamente al
mese di aprile 2007, di cui il Casolani avrebbe fornito la chiave di lettura,
trattandosi di dichiarazioni imprecise, poco credibili e comunque non verificate.
Lamenta che peraltro manca in sentenza, malgrado sul punto fosse stata
svolta specifica censura nell’atto di gravame, una valutazione dell’attendibilità e
credibilità soggettiva del Casolani.

2.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione con
riferimento al mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma
5, d.P.R. 309/90 e delle circostanze attenuanti generiche.
Lamenta in sintesi che illogicamente la Corte territoriale ha attribuito rilievo
ostativo al riconoscimento dell’ipotesi lieve al dato ponderale della sostanza,
essendo questo meramente ipotizzato in forza delle dichiarazioni del coimputato
ma non supportato dal sequestro della sostanza o dal rinvenimento di strumenti
di confezionamento e taglio.
Quanto alle attenuanti generiche rileva che gli elementi di disvalore
considerati sono desunti da reati oggetto di imputazione in altro processo non
ancora concluso, in violazione del principio di presunzione di innocenza, senza
invece considerare la giovane età e l’incensuratezza dell’imputato e il suo
corretto comportamento processuale.
Lamenta inoltre carenza di motivazione in ordine alla determinazione della
pena, anche con riferimento ai reati satellite posti in continuazione.

3. Vrapi Klodian pone a fondamento del proprio ricorso due motivi.

3.1. Con il primo deduce vizio di motivazione in relazione alla affermazione
di penale responsabilità.
Lamenta in sintesi che a fondamento della stessa sono poste diverse
conversazioni telefoniche intercorse tra altri e nelle quali nemmeno egli viene
menzionato, nonché informazioni rese da un teste de relato; deduce che altresì

riferibili ad episodi diversi da quelli di cui ai capi di imputazione per i quali vi è

inconferente sarebbe da ritenere, al detto fine, il riferimento alla sua presenza a
bordo dell’auto condotta dal coimputato Gjuzi Ermin, in occasione del sequestro
dello stupefacente di cui al reato descritto al capo BB.

3.2. Con il secondo motivo deduce carenza e illogicità della motivazione con
riferimento al mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma
5, d.P.R. 309/90 e delle circostanze attenuanti generiche.
Lamenta che contraddittoriamente la Corte ha valorizzato il dato ponderale

più quantitativi di cocaina per un peso lordo massimo complessivo di 35 g.
Quanto poi al diniego delle attenuanti generiche rileva che lo stesso non può
essere giustificato dal mero riferimento ai precedenti penali, neppure specifici.
Lamenta inoltre carenza di motivazione in ordine alla determinazione della
pena, anche con riferimento ai reati satellite posti in continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. È infondato il primo motivo del ricorso proposto da Greca Robert, con il
quale si reitera la disattesa eccezione di incompetenza territoriale del primo
giudice.
Il ricorrente non si confronta con il più ampio contenuto della motivazione
della sentenza sul punto, la quale invero poggia anche sul fatto che il primo dei
più gravi reati contestati, quello di cui al capo L, consumato in data 5/4/2007, fa
riferimento alle condotte in progressione di reperimento, confezionamento e
consegna della sostanza in ordine alle prime due delle quali non è dato evincere
il luogo in cui le stesse furono compiute, di guisa che la competenza territoriale
andrebbe comunque individuata nel Tribunale di Teramo, nella cui circoscrizione
è certamente avvenuta la consegna dello stupefacente.
Tale rilievo, in sé rimasto esente da censura, è da ritenersi corretto e idoneo
a giustificare la ritenuta competenza territoriale (con il conseguente
assorbimento dunque di ogni altro profilo di censura), in quanto conforme al
richiamato principio – invero consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di competenza territoriale nel settore dei reati riguardanti
sostanze stupefacenti, le diverse condotte previste dall’art. 73 del d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309 (acquisto, detenzione, raffinazione, trasporto, cessione),
tra loro in rapporto di alternatività formale, perdono la loro individualità e,
quando si riferiscano alla stessa sostanza stupefacente e siano indirizzate a un
unico fine, senza un’apprezzabile soluzione di continuità, costituiscono, in una
sorta di progressione criminosa, condotte plurime di un unico reato. Pertanto,
4

posto che i traffici delittuosi in cui viene coinvolto esso ricorrente riguardano al

per determinare, in tal caso, la competenza occorre fare riferimento al luogo di
compimento della prima delle condotte addebitate (v. ex multis Sez. 1, n. 36130
del 12/05/2004, Tornassi, Rv. 229535; Sez. 6, n. 2411 del 30/06/1998 – dep.
02/07/1998, Contini C, Rv. 211264), con la ulteriore conseguenza, altrettanto
condivisibilmente trattane dalla Corte, che, ove il luogo di compimento di alcuna
di tali condotte sia rimasto ignoto, occorrerà far riferimento alla prima di esse

per la quale tale dato risulti accertato.

L’omessa traduzione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari in
una lingua nota all’indagato, che non comprenda la lingua italiana, determina
una nullità di ordine generale a regime intermedio che non può essere dedotta a
seguito della scelta del giudizio abbreviato – nella specie operata – in quanto la
richiesta del rito speciale opera un effetto sanante della nullità ai sensi dell’art.
183 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 39298 del 26/09/2006, Cieslinsky, Rv. 234835).

6.

È invece fondato il terzo motivo di ricorso, limitatamente alla

affermazione di penale responsabilità per i reati di cui ai capi H e I, in quanto
esclusivamente fondata sulle dichiarazioni del coimputato Casolani Giancarlo,
non risultando espressamente indicati riscontri individualizzati e anzi essendo
espressamente evidenziata l’assenza dì intercettazioni telefoniche ad essi
riferibili.
In sentenza si fa invero riferimento al riscontri riferibili ad altri episodi (capi
AP, G e U) diversi e successivi a quelli de quíbus.
Nulla invece è detto con specifico riferimento ai reati predetti, al di là della
generica affermazione secondo cui «la prova di ciascuno di detti reati non può
che costituire logico riscontro nella consumazione degli altri» e del rilievo che,
«già dal mese di marzo 2007»,

ossia dal mese successivo a quello di

consumazione del secondo dei reati qui considerati (capo I),

«le conversazioni

telefoniche intercettate … hanno evidenziato l’esistenza di rapporti tra i medesimi
artatamente celati mediante linguaggio criptico … chiaramente decriptato dal
Casolani».
Trattasi tuttavia di considerazioni generiche che non consentono di
comprendere le ragioni per cui la prova degli altri reati e gli stretti rapporti
dimostrati dalle conversazioni telefoniche intercettate nel periodo successivo
dovrebbero valere a confermare l’attendibilità delle dichiarazioni del coimputato
in relazione ai reati anteriormente commessi.
Probabilmente la Corte intende far riferimento al principio secondo cui, in
tema di valutazione della prova, allorché il chiamante in correità rende

5. È altresì infondato il secondo motivo.

dichiarazioni che concernono una pluralità di fatti-reato commessi dallo stesso
soggetto e ripetuti nel tempo, l’elemento esterno di riscontro in ordine ad alcuni
di essi fornisce sul piano logico la necessaria integrazione probatoria a conforto
della chiamata anche in ordine agli altri, purché sussistano ragioni idonee a
suffragare un tale giudizio e ad imporre una valutazione unitaria delle
dichiarazioni accusatorie, quali l’identica natura dei fatti in questione, l’identità
dei protagonisti

o di alcuni di loro,

l’inserirsi dei fatti in un rapporto

intersoggettivo unico e continuativo. Infatti, gli elementi integratori della prova

connesso, ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen., possono essere della più varia
natura, e quindi anche di carattere logico, purché riconducibili a fatti esterni a
quelle dichiarazioni (Sez. 6, n. 41352 del 24/09/2010, Contini, Rv. 248713; Sez.
6, n. 1472 del 02/11/1998, dep. 1999, Archesso, Rv. 213446; Sez. 6, Ord. n.
231 del 24/01/1991, Poli, Rv. 187035).
Tuttavia, anche in tale prospettiva, le indicazioni offerte nella sentenza
impugnata risultano assai scarne e molto poco argomentate, imponendosi
pertanto al riguardo l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra
sezione della Corte di merito, per nuovo esame.

7. Per gli altri episodi la censura si appalesa invece infondata, atteso che la
Corte fa riferimento per essi anche alle conversazioni intercettate le quali, per
vero, una volta decrittate alla luce della chiave di lettura fornita dallo stesso
coimputato, possono considerarsi riscontri sufficienti o, quanto meno, non può
ritenersi manifestamente illogica la valutazione in tal senso espressa nella
sentenza impugnata.
Con riferimento peraltro al capo M la sentenza richiama anche gli esiti del
servizio di o.p.c. svolto dalla Compagnia Carabinieri di Teramo in data 19/4/2007
a seguito della captazione delle conversazioni telefoniche intercorse in pari data
tra il Greca il Casolani.
La Corte d’appello, inoltre, diversamente da quanto genericamente dedotto
in ricorso, motiva ampiamente e con linearità argomentativa sull’attendibilità
intrinseca del dichiarante, evidenziando in particolare che lo stesso si è
presentato spontaneamente presso gli uffici della Procura della Repubblica di
Teramo, rendendo dichiarazioni auto ed etero accusatorie ad ampio raggio e
coinvolgenti più soggetti; che tali dichiarazioni non possono ritenersi generiche o
contraddittorie, le apparenti contraddizioni dovendo attribuirsi alla collocazione in
un ampio arco temporale dei rapporti avuti con il Greca finalizzati a traffici di
sostanza stupefacente di tipo cocaina; che egli infine ha narrato con precisione
fatti ascrivibili anche ad altri soggetti pure coinvolti nel traffico di sostanza
6

costituita da dichiarazioni rese da un imputato dello stesso reato o di un reato

stupefacente, decriptando il linguaggio utilizzato nelle conversazioni con i
medesimi e dando atto degli accorgimenti posti in essere al fine di evitare
l’intervento delle forze dell’ordine, al riguardo facendo anche riferimento a
particolari inerenti le operazioni di P.G. confermati dagli agenti operanti.

8. È infine infondato il quarto motivo di ricorso, nella parte in cui con esso si
censura il mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5,
d.P.R. 309/90 per i reati di cui ai capi L ed M e delle attenuanti generiche,

determinazione della pena, dall’annullamento parziale della sentenza in ordine
all’affermazione di penale responsabilità per i reati di cui ai capi

H e I, il quale

ovviamente comporta anche la necessità di una revisione del trattamento
sanzionatorio.

8.1. Sul primo punto deve invero osservarsi che, con motivazione
pienamente coerente sul piano logico e conforme ai criteri dettati dalla
giurisprudenza di legittimità, i giudici di merito hanno escluso la configurabilità
dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 attribuendo rilievo al
dato ponderale inerente alle singole cessioni di sostanza stupefacente.
Occorre sul punto rammentare che, ai fini della configurabilità o meno
dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, il
giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi indicati dalla
norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della
stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e
qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo,
conseguentemente, escludere la concedibilità dell’attenuante quando anche uno
solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico
protetto sia di «lieve entità» (v. ex pluribus Sez. 4, n. 38879 del 29/09/2005,
Frank, Rv. 232428).
A fronte di tali indicazioni la doglianza del ricorrente si appalesa generica e
meramente oppositiva, appuntandosi peraltro sulla ritenuta inidoneità delle sole
dichiarazioni del coimputato, in mancanza di sequestri della sostanza o di
strumenti di confezionamento dettaglio, a dimostrare l’effettiva quantità dello
stupefacente oggetto di detenzione e cessione: tesi evidentemente priva di alcun
riconoscibile fondamento logico o giuridico, posto che, una volta congruamente
verificatane l’attendibilità alla stregua dei criteri sopra indicati, le dichiarazioni
del coimputato sono idonee a giustificare il convincimento del decidente, anche
in ordine al dato ponderale.

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rimanendo invece esso assorbito per la restante parte, inerente la

8.2. Quanto poi al diniego delle chieste attenuanti generiche, giova ribadire
che esso deve considerarsi frutto di un giudizio di fatto lasciato alla
discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità fintanto che lo
stesso risulti sorretto da motivazione coerente, al qual fine peraltro si reputa
sufficiente, sul piano contenutistico, anche la sola valorizzazione tra gli elementi
indicati dall’art. 133 c.p., di quello che il giudice di merito ritiene prevalente ed
atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, «sicché anche un solo
elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle

3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163).
In relazione alle esposte coordinate di riferimento è da escludersi che, nel
caso in esame, il diniego delle attenuanti generiche possa considerarsi frutto di
arbitrio o di illogico ragionamento o che comunque si esponga a censura di vizio
di motivazione, avendo il giudice

a quo

sia pure sinteticamente ma

specificamente motivato sul punto facendo in particolare riferimento alla capacità
a delinquere desumibile dal numero e gravità dei reati oggetto del presente
processo e alla mancanza di «elementi circostanziali idonei a giustificare una
riduzione della pena rispetto a quelle inflitta dal primo giudice alla stregua degli
ordinari canoni di valutazione della fattispecie, a nulla potendo all’uopo rilevare il
mero stato di incensuratezza degli Greca».
Al di là del per vero incongruo aggiuntivo riferimento anche ad altre
imputazioni ancora sub judice, tale riferimento appare in sé comunque adeguato
e idoneo a giustificare alla stregua degli esposti i parametri il diniego delle
attenuanti generiche.
Correttamente poi la Corte ha ritenuto irrilevante il mero dato della
incensuratezza dell’imputato, dovendosi al riguardo osservare che, sebbene non
sia applicabile ai fatti in questione la disposizione dell’art. 62-bis cod. pen., nella
sua attuale formulazione, ciò non toglie che anche prima della modifica del 2008
le attenuanti generiche non potessero essere riconosciute esclusivamente sulla
base della mancanza di precedenti penali (v. Sez. 5, n. 4033 del 04/12/2013,
dep. 2014, Morichelli, Rv. 258747; Sez. 4, n. 31440 del 25/06/2008, Olavarria
Cruz, Rv. 241898).
Quanto poi alla asserita mancata positiva considerazione del comportamento
processuale dell’imputato, deve osservarsi che trattasi di valutazione di merito
che non può essere rimessa in discussione in questa sede di legittimità, avendo
trovato compiuta motivazione, priva di evidenti vizi logici, in sentenza.
Varrà al riguardo rammentare che la concessione delle attenuanti generiche
non è un diritto automatico dell’imputato (che si può escludere in caso di
elementi negativi di valutazione) ma, al contrario, presuppone il riconoscimento,
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modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso» (Sez. 2, n.

in positivo, di elementi di valutazione tali da giustificare la diminuzione della
pena. Ne consegue che, anche a non ritenere sussistente un comportamento
processuale negativo del ricorrente, il mancato apprezzamento in positivo della
sua condotta processuale costituisce valutazione di merito che giustifica la
mancata concessione delle predette attenuanti e che non è sindacabile in questa
sede di legittimità, essendo adeguatamente motivato.

9. Venendo quindi al ricorso proposto da Vrapì Klodian deve rilevarsi

peraltro di doppio accertamento conforme nelle sentenze di primo e secondo
grado, risolvendosi le stesse nella prospettazione di questioni prettamente di
merito, inerenti la valutazione del compendio probatorio, non consentite nel
presente giudizio di legittimità.
È noto al riguardo che compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi
della motivazione non è, infatti, quello di sovrapporre la propria valutazione a
quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi
abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una
corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle
deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica
nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di
determinate conclusioni a preferenza di altre.
Pertanto, «la denunzia di minime incongruenze argomentative o l’omessa
esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da
determinare una diversa decisione (ma che non siano inequivocabilmente muniti
di un chiaro carattere di decisività), non possono dar luogo all’annullamento della
sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione
valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto» (cfr. Sez. 2, n. 18163
dei 6/5/2008, Ferdico, Rv. 239789). Di contro, «solo esaminando il compendio
probatorio nel suo complesso, all’interno del quale ogni elemento è stato
con testualizzato è possibile verificare la consistenza e la decisività degli elementi
medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini»

della compattezza logica

dell’impianto argomentativo della motivazione.
La mera prospettazione di una diversa valutazione, più favorevole ai
ricorrente, delle emergenze processuali non costituisce vizio che comporti
controllo di legittimità (Sez. 5, Sentenza n. 7569 del 11/6/1999, Jovino, Rv.
213638). Resta perciò esclusa la possibilità di sindacare le scelte che il giudice
ha operato sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le
stesse non siano il frutto di affermazioni apodittiche o manifestamente illogiche
(cfr. Sez. 3, n. 40542 del 6/11/2007, Marrazzo e altro, Rv. 238016).

l’infondatezza del primo motivo, in punto di penale responsabilità, oggetto

Nel caso di specie, la Corte ha motivato ampiamente e con linearità
argonnentativa il proprio convincimento, attraverso una lettura organica e
intrecciata dei diversi elementi di conoscenza che si sottrae al sindacato di
questa Corte in quanto priva di manifeste illogicità o incoerenze con le
emergenze processuali considerate: elementi rinvenienti sia dalle intercettazioni,
sia dai servizi di o.p.c. contestualmente eseguiti, oltre che dal rinvenimento della
sostanza stupefacente gettato dal finestrino dell’auto ove l’imputato si trovava
insieme con il correo Gjuzi Ermir (capo BB). Essa ha fatto inoltre riferimento (per

sostanza (Lanzi Francesco e Capecci Dante), i quali hanno anche riconosciuto,
attraverso ricognizione fotografica, il Vrapi come uno dei due albanesi che
fornivano la sostanza stupefacente.

10. Per le stesse considerazioni già svolte con riferimento al Greca, deve
altresì ritenersi infondato il secondo motivo del ricorso proposto dal Vrapi,
impingente il mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma
5, d.P.R. 309/90, la mancata concessione delle attenuanti generiche e la
dosimetria della pena.
Anche con riferimento al predetto imputato la Corte motiva adeguatamente
il proprio convincimento su ciascuno di tali temi di giudizio, con argomentazioni
lineari e coerenti ai parametri e ai criteri di giudizio sopra illustrati.
Quanto in particolare alla—negata configurabilità dell’ipotesi lieve, risulta
certamente idoneo, oltreché coerente alle acquisizioni processuali, il riferimento
al dato ponderale e gli altri connotati oggettivi dell’azione delittuosa, espressiva
di un rapporto prolungato in un rilevante lasso temporale di fornitura con un
correo (lo Iannetti) deputato poi alla vendita ai consumatori finali.
Quanto poi alla mancata concessione delle attenuanti generiche, altrettanto
conferente deve ritenersi il riferimento alla capacità a delinquere desumibile dalla
suindicata condotta e dei precedenti penali a carico dell’imputato.
Anche sul punto le contestazioni mosse dal ricorrente si appalesano
meramente oppositive e si risolvono comunque nella sollecitazione di una
ulteriore valutazione degli elementi fattuali considerati, inammissibile nella
presente sede, trattandosi come detto di giudizio di fatto riservato al giudice del
merito.

11.

In ragione delle considerazioni che precedono deve in definitiva

pervenirsi al rigetto del ricorso proposto da Vrapi Klodian, con la conseguente
condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.
La sentenza impugnata va invece parzialmente annullata nei confronti di
10

entrambi gli episodi) alle sommarie informazioni rese da acquirenti della

Greca Robert, relativamente all’affermazione di penale responsabilità per i capi H
e I, con rinvio sul punto della Corte d’appello di Perugia – competente ai sensi
dell’art. 623, comma 1, lett.

c), cod. proc. pen. – la quale dovrà altresì

provvedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio nei confronti del
predetto imputato, nei sensi e nei limiti sopra precisati.
Il ricorso del Greca va nel resto rigettato.

Rigetta il ricorso di Vrapi Klodian che condanna al pagamento delle spese del
procedimento.
Annulla la impugnata sentenza relativamente alle statuizioni che affermano
la responsabilità di Greca Robert per i capi H) ed I) con la conseguente necessità
di rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Rinvia alla Corte di Appello di
Perugia per l’ulteriore corso. Rigetta nel resto.
Così deciso il 20/5/2015

P.Q.M.

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