Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25924 del 20/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 25924 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BORSELLA PASQUALE, nato il 03/05/1972
avverso la sentenza n. 2025/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
18/03/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/05/2015 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. EMILIO IANNELLO;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FULVIO BALDI che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Pasquale Borsella ricorre per cassazione avverso la sentenza – in epigrafe
indicata – con la quale la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della
sentenza di primo grado, ha determinato la pena inflittagli per il reato di
detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina, commesso
in data 9/1/2012, per il quale era stata già riconosciuta l’ipotesi lieve, in anni tre
e mesi quattro di reclusione ed euro 5.000 di multa per effetto dell’aumento di
due terzi applicato (sulla pena base di anni due di reclusione ed euro 3.000 di
multa) in conseguenza della riconosciuta sussistenza della recidiva reiterata
specifica infraquinquennale, negata invece in primo grado.

1

Data Udienza: 20/05/2015

In relazione a tale ultima statuizione il ricorrente deduce vizio di motivazione
rilevando che nel caso di specie la recidiva non poteva apparire come sintomo di
pericolosità poiché, come ritenuto dal giudice di primo grado, i precedenti
risultavano datati e la condanna sulAta nel 2008, considerata dalla Corte
d’appello, non era definitiva ed era pertanto inidonea ad attualizzare le condotte
più remote.

2.

Non sussiste il dedotto vizio di motivazione con riferimento alla

riconosciuta sussistenza della contestata recidiva reiterata aggravata.
La Corte ha sul punto giustificato l’espresso convincimento con
argomentazione lineare e coerente, facendo in particolare riferimento alle
risultanze dei certificati penale e di carichi pendenti dai quali emerge che il
prevenuto è gravato da molteplici condanne per reati contro il patrimonio e altri,
anche specifici, e ha riportato condanna in primo grado per un ulteriore reato
della stessa natura commesso del 2008, traendone plausibilmente il
convincimento che la condotta oggetto di esame nella presente sede sia
dimostrativa di una «radicata e persistente inclinazione all’antisocialità e alla
devianza, estrinsecata precipuamente in materia di reati contro il patrimonio e di
violazione della disciplina degli stupefacenti».
La censura svolta dal ricorrente si appalesa sul punto meramente oppositiva
e apodittica e non vale a evidenziare manifeste lacune o contraddizioni nella
valutazione della Corte territoriale, non potendosi in particolare attribuire in tal
senso rilievo al fatto che la condanna riportata nel 2008 sia, per come del resto
espressamente precisato anche in sentenza, non ancora definitiva, in presenza
degli altri indicati elementi idonei a giustificare comunque il convincimento della
sussistenza della recidiva e la sua riconduzione alla ipotesi prevista dall’art. 99,
comma quarto, seconda parte, cod. pen..

3. Il ricorso merita tuttavia accoglimento in relazione a profili che, per
quanto non specificamente dedotti, sono tuttavia rilevabili d’ufficio impingendo la
legalità della pena.
Deve ritenersi invero che la Corte d’appello, nella misura in cui ha, da un
lato, confermato il riconoscimento della ipotesi lieve di cui al quinto comma
dell’art. 73 d.P.R. 309/90, dall’altro, applicato l’aumento di pena (nella misura di
due terzi della pena base) per la recidiva reiterata aggravata, ha implicitamente
fatto riferimento alla nuova configurazione della detta ipotesi lieve non più come
2

CONSIDERATO IN DIRITTO

circostanza attenuante ma come fattispecie autonoma di reato, come noto
derivante dalla modifica introdotta con d.l. 23 dicembre 2013, n. 146 (convertito
con modificazioni dalla legge 22 febbraio 2014, n. 10), il cui art. 2, comma 1,
lett. a) ha per l’appunto novellato il d.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5,
con un testo del seguente tenore: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato,
chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la
modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle
sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque

8/1/2014, Cassanelli, Rv. 259057; Sez. 4, n. 7363 del 9/1/2014, Fazio, Rv.
259280; Sez. 4, n. 10514 del 28/02/2014, Verderamo, Rv. 259360; Sez. 4, n.
13903 del 28/02/2014, Spampinato, non mass. sul punto).
Proprio per effetto di tale nuova configurazione si giustifica, infatti, la
sottrazione dell’ipotesi lieve al giudizio di comparazione con la recidiva reiterata
aggravata, altrimenti necessario nel precedente assetto normativo – vigente al
momento della pronuncia di primo grado e da questa ovviamente tenuto
presente – che tale ipotesi considerava quale circostanza attenuante.
Del mutato contesto normativo la Corte d’appello non si mostra però
pienamente consapevole; non solo per non aver dato conto della mutata cornice
edittale – mutamento in effetti apprezzabile (nel passaggio dalla formulazione
dell’art. 73 comma 5 d.P.R. cit. applicata in primo grado, quale risultante dalla
legge c.d. «Fini-Giovanardi», a quella suindicata introdotta dal d.l. 23 dicembre
2013, n. 146, convertito in legge 21 febbraio 2014, n. 10) esclusivamente nel
limite massimo della pena detentiva (passato da sei a cinque anni) – ma
soprattutto per non aver tenuto conto degli effetti potenzialmente sfavorevoli al
reo della nuova disciplina, proprio in ragione della configurazione dell’ipotesi
lieve come fattispecie autonoma di reato e della sua conseguente sottrazione al
giudizio di comparazione con l’aggravante e, segnatamente, con la recidiva
reiterata aggravata ritenuta sussistente nel caso di specie.

4. È evidente infatti che, ove tale aggravante speciale dovesse considerarsi
subvalente rispetto all’ipotesi lieve (per effetto di un giudizio di comparazione
possibile nel vigore della previgente disciplina, ma non più con la nuova), ne
deriverebbe il maggior favore della vecchia disciplina rispetto a quella (la nuova)
da ritenersi applicata in concreto dalla Corte (in relazione alla quale la Corte ha
infatti calcolato l’aumento di pena derivante dalla riconosciuta recidiva).
Applicando infatti l’art. 73 comma 5 T.U. stup. nel testo vigente al momento
del fatto (legge c.d. Fini – Giovanardi), una volta escluso l’aumento per la
recidiva in ragione della ipotizzata prevalenza dell’ipotesi lieve, ne sarebbe
3

anni e della multa da Euro 3.000 a Euro 26.000» (v. Sez. 6, n. 14288 del

derivata l’applicazione di una cornice edittale (pena della reclusione da uno a sei
anni e della multa da C 3.000 a C 26.000) nettamente più favorevole rispetto a
quella invece derivante dal necessario aumento per la recidiva reiterata
aggravata (pena della reclusione da un anno e otto mesi a otto anni e quattro
mesi e della multa da C 5.000 a C 43.333,00).

5. La mancata valutazione di tali aspetti integra vizio di carenza
motivazionale incidendo sulla giustificazione dell’applicato aumento per la

Al qual riguardo varrà peraltro avvertire che il giudice di rinvio, cui va
dunque demandato il necessario approfondimento del tema, dovrà tener conto
che i testi normativi da porre a raffronto ai fini della necessaria valutazione della
legge più favorevole e, comunque, del rivedendo trattamento sanzionatorio sono
da considerare:
a) da un lato, per effetto della declaratoria di incostituzionalità del citato art.
73, comma 5, d.P.R. 309/90 nella formulazione risultante della citata legge c.d.
Fini – Giovanardí (Corte cost., sent. n. 32 del 25/2/2014), l’art. 73, comma 5,
d.P.R. 309/1990, quale risultante dalla modifica apportata, anteriormente alla
norma dichiarata incostituzionale, dall’art. 14, comma 1, legge 26 giugno 1990,
n. 162 (legge c.d. Iervolino-Vassalli) che, per i fatti di lieve entità concernenti le
«sostanze di cui alle tabelle I e III (c.d. droghe pesanti)» prevedeva la pena
della reclusione da uno a sei anni e della multa da lire cinquanta milioni (C
2.582,00) a lire cinquanta milioni (C 25.822,00);
b) dall’altro, l’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, quale risultante dalla
modifica da ultimo apportata dall’art. 1, comma 24-ter, del d.l. 20 marzo 2014,
n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, a mente
del quale «salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette
uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le
circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di
lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e
della multa da euro 1.032 a euro 10.329».
Anche in rapporto a dette due disposizioni da porre a raffronto, giova
ribadire che – trattandosi di fatto lieve relativo a droga pesante, pur nella
evidente minore severità della forbice edittale prevista dalla nuova norma
(reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da C 1.032 a C 10.329) a fronte di
quella invece contemplata dalla precedente (legge c.d.

Iervolino – Vassalli:

reclusione da uno a sei anni e multa da C 2.582 a C 25.822), ma considerato che
la prima (ossia, la più recente) configura il fatto di leve entità come fattispecie
autonoma di reato, sottraendolo al giudizio di bilanciamento con le eventuali
4

recidiva e più in generale del trattamento sanzionatorio.

circostanze aggravanti – la precedente disciplina potrebbe ugualmente risultare
più favorevole nella ipotesi in cui la ritenuta

recidiva reiterata aggravata di cui

all’art. 99, quarto comma, secondo periodo, cod. pen. fosse ritenuta subvalente
alla circostanza del fatto di lieve entità (come è ben possibile a seguito della
declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma quarto, cod. pen.
nella parte in cui escludeva un tale esito del giudizio di comparazione: Corte cos.
15 novembre 2012, n. 251).
In tal caso, infatti, l’applicazione della nuova disciplina e la conseguente

di applicare l’aumento previsto per la recidiva che, essendo in ipotesi superiore
alla metà, condurrebbe a una pena applicabile superiore nel massimo a quella
che sarebbe invece applicabile sotto la vecchia disciplina.
L’individuazione, dunque, tra le due, della legge più favorevole dipenderà anche in tal caso – dall’esito dell’operando giudizio di bilanciamento.
Con l’ulteriore avvertenza che, in caso di giudizio di prevalenza o
equivalenza della recidiva reiterata aggravata sulla ipotesi lieve, il trattamento
sanzionatorio andrà comunque rivisto o, quanto meno, motivato in relazione alla
più favorevole cornice edittale introdotta dal citato art. 1, comma 24-ter del d.l.
20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014,
n.79.

6. La sentenza impugnata va – . pertanto annullata limitatamente al
trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di
Napoli, per nuovo esame sul punto che tenga conto dei rilievi sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla la impugnata sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio
applicato e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Napoli.
Fermo il resto.
Così deciso il 20/5/2015

sottrazione della ritenuta ipotesi lieve al giudizio di comparazione, imporrebbero

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA