Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25920 del 17/04/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 25920 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TREGU ILLY, nato il 07/08/2013
avverso la sentenza n. 3566/2013 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
20/11/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ALDO POLICASTRO che ha
concluso per l’annullamento senza rinvio e rigetto nel resto;
udito per il ricorrente l’Avv. ANTONIO VALENTINI del Foro di Avezzano il
quale ha insistito per l’accoglimento del proprio ricorso, riportandosi ai motivi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27/9/2011 il G.u.p. del Tribunale di L’Aquila, all’esito di
giudizio abbreviato, dichiarava Illy Tregu colpevole del reato p. e p. dagli artt.
110 cod. pen., 73, comma 1, e 80, comma 2, d.P.R. 309/90 allo stesso ascritto
perché, in concorso con altri, operava la cessione di un ingente quantitativo di
sostanza stupefacente (verosimilmente eroina), per circa 10 kg, al sodalizio
facente capo a Spinelli Guerino: reato commesso il 31/12/2006 e aggravato per
il predetto dalla contestata recidiva reiterata infraquinquennale.

1

Data Udienza: 17/04/2015

Applicata la diminuente del rito, lo condannava alla pena di anni sei di
reclusione ed euro 26.000 di multa.
Interposto gravame, la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del
20/11/2013, in parziale riforma della decisione impugnata, escludeva
l’aggravante dell’ingente quantità della sostanza ceduta e rideterminava pertanto
la pena in anni quattro e mesi otto di reclusione ed euro 22.000 di multa.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso Illy Tregu, per mezzo del proprio

specificamente commisurata in quattro anni di reclusione ed C 18.000 di multa
(partendo dalla pena base di anni sei di reclusione ed C 27.000 di multa ridotta
per effetto della diminuente) nel dispositivo essa è invece indicata in anni
quattro e mesi otto di reclusione e C 22.000 di multa: indicazione quest’ultima
che in ricorso si attribuisce a mero errore materiale di cui si chiede la
rettificazione ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen..
Il ricorrente articola, quindi, due motivi di censura.

2.1. Con il primo denuncia vizio di motivazione in ordine all’affermazione di
penale responsabilità.
Premette che mentre, secondo il primo giudice, alla consegna dello
stupefacente, in data 31/12/2006, provvidero materialmente i correi Koci e
Mezja, la Corte d’appello ribalta tale ricostruzione, ipotizzando la presenza del
Tregu prima della cessione, in contrasto con quanto affermato nella prima
sentenza ed emergente anche dalle attività di indagine della P.G., e fa poi
riferimento a una serie di telefonate successive al momento della consegna e
non direttamente coinvolgenti esso ricorrente, il quale – precisa – ha sempre
negato qualsiasi coinvolgimento, ammettendo una sola telefonata allo Spinelli,
con la quale richiedeva denaro per autovetture.
Ciò premesso, deduce in sintesi l’inidoneità delle intercettazioni telefoniche a
fondare il giudizio di penale responsabilità, contestando la riferibilità di tali
conversazioni ad esso ricorrente, in ragione della presenza, nel procedimento, di
altro imputato col suo stesso cognome.

2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge per mancata
corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Deduce che il fatto contestato è
mutato nei suoi elementi essenziali.

2

difensore, segnalando preliminarmente che mentre in motivazione la pena è

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. È manifestamente infondato il primo motivo di ricorso.
Le censure svolte in ordine alla ricostruzione del ruolo del Tregu nella
vicenda per cui è processo si risolvono nella inammissibile prospettazione di
questioni di merito, inerenti la valutazione degli elementi raccolti, non essendo
invece esse in grado, al di là della generica doglianza in tal senso, di far
emergere palesi e dirimenti illogicità nel discorso argomentativo della Corte,

motivazione della sentenza.
Diversamente da quanto dedotto dal ricorrente non risulta, infatti, che la
Corte d’appello abbia, a fondamento del confermato giudizio di penale
responsabilità, ritenuto sussistenti circostanze invece negate dal primo giudice
(tanto meno la presenza fisica del Tregu al momento della cessione nel centro
commerciale materialmente effettuata dai correi Mezja e Koci), emergendo
piuttosto una piena corrispondenza tra le due valutazioni, convergenti nel
ritenere che il coinvolgimento del Tregu si desume in prevalenza da
intercettazioni bensì successive alla cessione ma tuttavia univocamente
indicative di un suo ruolo (quello di procacciatore dello stupefacente richiesto dal
sodalizio facente capo a Guerino Spinelli) attivo e anzi fondamentale ai fini della
sua esecuzione; entrambi inoltre – e non dunque soltanto la Corte d’appello valorizzano anche una conversazione intercorsa il giorno prima della cessione tra
il Mezja e tale Timi (verosimilmente il coimputato Memolla Shpetim, detto Timi
e/o Angelo) nel corso della quale il primo fa riferimento al Tregu come la persona
che sarà in grado di reperire lo stupefacente.
Non sono peraltro segnalate specifiche ragioni che possano indurre a
dubitare della congruenza delle interpretazioni concordemente date da entrambe
i giudici di merito al contenuto delle conversazioni intercettate e della loro
aderenza al tenore obiettivo delle stesse, ritenuto come detto indicativo di un
siffatto consapevole e primario contributo offerto dal Tregu alla illecita cessione.
Giova al riguardo rammentare che, secondo pacifico indirizzo, in materia di
intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva
competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto
delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di
legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della
motivazione con cui esse sono recepite (v. ex multis Sez. 2, n. 35181 del
22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784): manifesta illogicità e irragionevolezza nella
specie certamente non riscontrabili nell’ampia e articolata motivazione resa dai
giudici di merito.

quelle segnalate risultando piuttosto frutto di una erronea o parziale lettura della

Quanto poi alla ipotesi, del tutto genericamente ventilata in ricorso, di uno
scambio di persona nell’identificazione del soggetto evocato nelle richiamate
conversazioni, stante l’omonimia con altro imputato (Tregu Dritan, detto Tani),
occorre rilevare anzitutto che alcune delle conversazioni valorizzate in sentenza
vedono lo stesso odierno ricorrente quale diretto interlocutore, la cui
identificazione da parte degli operanti non è messa in discussione (e si tratta di
conversazioni che, in piena coerenza di significato con le altre, manifestano un
diretto interesse dell’odierno ricorrente al recupero delle somme pretese quale

Appare comunque dirimente il rilievo per cui la detta allegazione (ipotetico
scambio di persone) si risolve nella prospettazione di un travisamento di prova
preclusa dal fatto che ci si trova innanzi a una doppia conforme sentenza di
condanna, fondata come detto su valutazioni pienamente convergenti dello
stesso materiale istruttorio.
È noto al riguardo che, per consolidato indirizzo, nel caso di c.d. doppia
conforme, non può essere superato il limite costituito dal devolutum con recuperi
in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di
rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a
contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (v. Sez. 4, n. 19710 del
03/02/2009, Buraschi, Rv. 243636; Sez. 2, n. 5223 del 24/01/2007, Medina, Rv.
236130).
Nel caso di specie, l’informazione alla quale il ricorrente incidentalmente fa
riferimento nei termini dubitativi predetti, ipotizzandola frutto di travisamento di
prova (ossia l’identificazione del Tregu evocato nelle conversazioni intercettate
con esso ricorrente), non risulta spesa, per la prima volta, dal giudice d’appello
al fine di confutare specifiche censure mosse alla sentenza di primo grado, ma al
contrario costituisce elemento dato per pacifico e ben evidenziato anche nella
sentenza di primo grado.

4. Il secondo motivo di ricorso si appalesa del tutto generico e incoerente
rispetto al contenuto della sentenza impugnata.
L’affermazione secondo cui

«il fatto contestato» (recte:

ritenuto in

sentenza) sarebbe «mutato nei suoi elementi essenziali» (rispetto a quello deve presumibilmente intendersi – contestato in rubrica) risulta incomprensibile
posto che l’odierno ricorrente, come può desumersi dalla sentenza di primo
grado, era chiamato a rispondere esclusivamente del reato di cui al capo

a)

d’imputazione relativo alla cessione in concorso di circa 10 kg di stupefacente
(verosimilmente eroina) al sodalizio facente capo a Spinel!’ Guerino in data

4

corrispettivo dello stupefacente oggetto della già operata cessione).

31/12/2006, ed esattamente di tale reato, così definito nei suoi immutati
riferimenti oggettivi, è stato ritenuto responsabile da entrambi i giudici di merito.

5. Non sussiste infine il segnalato errore materiale nella parte dispositiva
della sentenza impugnata con riferimento alla determinazione della pena inflitta,
in riduzione rispetto quella determinata in primo grado.
Deve bensì ammettersi che, in astratto, è possibile dare prevalenza alla
motivazione sul dispositivo nel caso in cui l’esame della motivazione consenta di

Sez. 2, n. 3186 del 28/11/2013, Fu Fenglou, Rv. 258533; Sez. 4, n. 12920 del
19/09/2012, Giordano, Rv. 255497; Sez. 6, n. 8916 del 08/02/2011, Calvanese,
Rv. 249654).
Tale presupposto non può tuttavia ravvisarsi nel caso di specie.
La motivazione della sentenza d’appello omette invero qualsiasi
considerazione, sia nella parte narrativa che in quella motiva, della recidiva
reiterata infraquinquennale; aggravante questa che, contestata in imputazione,
era stata ritenuta nella sentenza di primo grado e aveva condotto il G.u.p. ad
applicare un ulteriore aumento di un anno di reclusione ed C 4.000,00 di multa.
Ne discende che, da un lato, a palesarsi erroneo è piuttosto il calcolo
operato in motivazione dalla Corte d’appello, nella misura in cui lo stesso omette
di considerare detta aggravante e il relativo aumento; dall’altro, appare invece
giustificata la determinazione della pena contenuta in dispositivo, nella misura in
cui la stessa si appalesa coerente al computo operato in primo grado e alla
eliminazione da esso della sola aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. 309/90 e non
anche di quella costituita dalla recidiva.

6.

Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del

ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 17/04/2015

ricostruire chiaramente ed inequivocabilmente la volontà del giudice (v. ex aliis

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