Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25918 del 09/04/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 25918 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

Data Udienza: 09/04/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALVANICO ROSA N. IL 27/08/1959
avverso la sentenza n. 9221/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
27/10/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Roma, con sentenza in data 5.02.2009, affermava la penale
responsabilità di Calvanico Rosa in ordine al delitto omicidio colposo, aggravato
dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, verificatosi il
17.06.2005. Il Tribunale concesse le attenuanti generiche con giudizio di
equivalenza sulla contestata aggravante condannava l’imputata alla pena di mesi
sette di reclusione, con i benefici di legge.

riforma della sentenza di primo grado, ritenute prevalenti, sulla contestata
aggravante, le già concesse attenuanti generiche, riduceva la pena originariamente
inflitta e confermava nel resto.
Il Collegio osservava che nel caso sussisteva una concorrente responsabilità
dell’imputata e della parte offesa, nella causazione del sinistro; al riguardo,
osservava che la velocità con la quale procedeva la motocicletta, se pure superiore
al limite massimo e inadeguata rispetto allo stato dei luoghi, non era tale da
precludere alla Calvanico di avvedersi del sopraggiungere del motociclo, nel
momento in cui la donna effettuava la manovra di innesto sulla pubblica via,
provenendo da un passo carrabile, manovra oggettivamente non agevole, anche
per la presenza di auto in sosta, che ostacolavano il campo visivo. Al riguardo, la
Corte evidenziava che la prevenuta aveva effettuato la manovra di attraversamento
della carreggiata senza la necessaria prudenza ed attenzione ai veicoli che
sopraggiungevano.
3. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Roma ha proposto
ricorso per cassazione Rosa Calvanico, a mezzo del difensore.
Con unico articolato motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione,
osservando che il giudice di appello ha omesso di soffermarsi sulle doglianze che
erano state specificamente dedotte, in sede di gravame di merito. L’esponente si
sofferma, in particolare, sul tema relativo all’accertamento della velocità di marcia
tenuta dalla moto al momento del fatto; ed osserva che la Corte di Appello si è
limitata a rilevare che, sul punto, risultano divergenti le indicazioni rese dal
nominato perito, rispetto alle conclusioni rassegnate dal consulente della difesa.
Al riguardo, la parte osserva che i giudici di merito, anche di secondo grado,
hanno del tutto trascurato la deposizione del teste Gravinese, il quale aveva offerto
indicazioni sulla marcia (la sesta) che si trovava ancora innestata nel cambio della
moto, dopo l’impatto. La ricorrente assume che detta risultanza processuale risulti
in realtà significativa, ai fini dell’accertamento della velocità di marcia della moto.
Osserva, inoltre, che illogicamente i giudici hanno ritenuto che la velocità fosse
inferiore a quella stimata dal consulente della difesa, argomentando sulla base dei
danni riportati dai mezzi e dal motociclista. Al riguardo, la parte osserva che l’auto

2. La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 27.10.2010, in parziale

ebbe a riportare danni ingenti e che il Canarecci, che si trovava alla guida della
moto, riportò lesioni di gravità tale da condurlo a morte, dopo poche ore
dall’impatto.
Sotto altro aspetto, la deducente ribadisce che la moto ebbe a perdere il
proprio assetto, prima dell’urto con la vettura condotta dalla Calvanico, a causa di
una buca presente sul manto stradale; osserva che detta buca, subito dopo
l’incidente, venne ricoperta dall’amministrazione comunale. La parte rileva che la
Corte di Appello si è limitata a ritenere suggestiva detta tesi difensiva, rispetto alla

prova che erano stati offerti, a sostegno dell’assunto.
L’esponente ha depositato memoria, con la quale evidenzia che risulta
decorso il termine prescrizionale massimo, relativo al reato in addebito.

Considerato in diritto
1. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
1.1 Osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi
dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l’intervenuta causa estintiva del reato di cui
all’art. 589, cod. pen. per cui si procede, essendo spirato il relativo termine di
prescrizione massimo pari ad anni sette e mesi sei. Deve rilevarsi che il ricorso in
esame non presenta profili di inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle
doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali,
dunque, da non consentire di rilevare l’intervenuta prescrizione. Pertanto,
sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido
rapporto processuale dì impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non
punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. maturate, come nel caso di specie,
successivamente rispetto alla sentenza impugnata.
Si osserva che, secondo le disposizioni di diritto intertemporale di cui all’art.
10, commi 2 e 3, legge 5 dicembre 2005, n. 251, nel caso di specie deve trovare
applicazione la più favorevole disciplina dettata dall’art. 157 cod. pen., nella
formulazione antecedente alla novella del 2005, in base alla quale per determinare
il tempo necessario a prescrivere il reato si tiene conto anche della diminuzione di
pena stabilita per effetto delle circostanze attenuanti concesse, secondo il concreto
giudizio di bilanciamento effettuato dal giudice. Il termine prescrizionale massimo,
previsto dalla disciplina vigente alla data del fatto (17.06.2005), pari ad anni
quindici (trattandosi di delitto punito con pena non inferiore ad anni cinque), risulta
perciò ridotto ad anni sette e mesi sei, essendo state riconosciute le attenuanti
generiche, in rapporto di prevalenza sulla contestata aggravante, come sopra
evidenziato. Detto termine, risulta ad oggi spirato, tenuto pure conto delle
sospensioni del corso della prescrizione, intervenute nel corso del processo.

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ricostruzione della dinamica del sinistro, senza in realtà analizzare gli elementi di

E’ poi appena il caso di rilevare che risulta superfluo qualsiasi
approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione:
invero, a prescindere dunque dalla fondatezza o meno dell’assunto del ricorrente, è
solo il caso di sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato,
non rileva la sussistenza di eventuali nullità (addirittura pur se di ordine generale) o
di vizi di motivazione, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice di merito è

Cass. Sez. U, Sentenza n. 1021 del 28.11.2001, dep. 11.01.2002, Rv. 220511).
Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia
assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in considerazione delle
conformi valutazioni rese dai giudici di merito, in ordine all’affermazione di penale
responsabilità della odierna ricorrente. Come noto, ai fini della eventuale
applicazione della norma ora citata, occorre che la prova della insussistenza del
fatto o della estraneità ad esso dell’imputato, risulti evidente sulla base degli stessi
elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza
impugnata; e nella sentenza della Corte di Appello di Roma, confermativa della
sentenza del Tribunale di Roma, non sono riscontrabili elementi di giudizio indicativi
della prova evidente dell’innocenza dell’imputata, ma sono contenute, anzi,
valutazioni di segno opposto.
2. Si impone pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla la impugnata sentenza senza rinvio perché il reato è estinto per intervenuta
prescrizione.
Così deciso in Roma in data 9 aprile 2015.

incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva (cfr.

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